La disuguaglianza intergenerazionale – ovvero il legame fra prospettive economiche dei figli e caratteristiche della famiglia di origine – è un fenomeno molto complesso che dipende da numerosi fattori.

Fra questi, molto importante è l’istruzione dei giovani, che risente in vari modi del contesto familiare e sociale e che può ulteriormente peggiorare le prospettive di chi parte da posizioni meno favorevoli, con danno sia per l’eguaglianza di opportunità sostanziale sia per l’efficienza (e la crescita economica), a causa della mancata acquisizione di competenze.

Una lista non esaustiva dei fattori collegati al background familiare che possono incidere sulle scelte di istruzione degli adolescenti e sul loro successo scolastico è la seguente: la disponibilità economica da cui dipende la possibilità di sostenere i costi (diretti e indiretti) degli studi; la qualità delle scuole frequentate, che, come noto, spesso favorisce chi vive in aree più ricche; i peer effects, che includono tutti i processi attraverso i quali aspirazioni, preferenze e comportamenti dei giovani vengono influenzati da motivazioni e comportamenti dei compagni di classe e che dipendono, dunque, dal contesto scolastico e socio-ambientale; la probabile maggiore attenzione dei genitori più istruiti (in media, anche più abbienti) per il percorso scolastico dei figli; un’aspettativa di maggior rischio dell’investimento in capitale umano (come gli economisti chiamano l’istruzione) per chi proviene da contesti più svantaggiati, dovuta alla percezione di una maggiore probabilità di fallimento nel percorso scolastico o di retribuzione bassa, anche una volta completato il percorso formativo.

Sintetizzando, le caratteristiche della famiglia di origine – chiaramente in collegamento con il contesto sociale in cui si cresce – possono influenzare l’istruzione dei figli incidendo sia sulle loro preferenze e motivazioni – ovvero le “aspirazioni”, ciò che gli adolescenti desiderano essere e fare – sia sulla possibilità di realizzarle – ovvero sulle aspettative degli adolescenti.

Aspirazioni e aspettative

Per spiegare perché ancora oggi in Italia i figli dei laureati hanno il doppio di probabilità di laurearsi dei figli di chi ha conseguito un diploma superiore occorre guardare nella direzione delle aspirazioni e aspettative degli adolescenti.

Per guardare in quella direzione un grande aiuto viene dalla ricerca “Domani (im)possibili” effettuata da Save the Children e presentata a Roma lo scorso 30 maggio. La ricerca, che ha beneficiato di un’indagine ad hoc su un campione rappresentativo di circa 1.500 15-16enni, ci aiuta a conoscere aspirazioni e aspettative degli adolescenti, le distanze che le separano e, ciò che più interessa, quale influenza abbia su di esse il vivere in condizioni di povertà e deprivazione materiale.

Occorre sottolineare che sulle scelte di istruzione incidono anche le aspirazioni e le aspettative sul lavoro e per questo faremo riferimento a questi due ambiti, entrambi trattati nella ricerca.

La prima considerazione è che le aspirazioni per il complesso degli adolescenti sono elevate sia in ambito di istruzione che di lavoro. Oltre il 90 per cento aspira ad un lavoro gratificante e stabile, ma significativamente più bassa è la percentuale di coloro che nutrono l’aspettativa di poter accedere a un simile lavoro. Ad esempio circa il 30 per cento teme che il lavoro non dia loro “abbastanza soldi”.

Questi dati sono però assai diversificati in funzione del background di provenienza. Benché abbiano aspirazioni simili, è molto più alta la quota di quanti provengono da origini svantaggiate che considerano probabile una retribuzione molto bassa: si tratta di circa il 67 per cento. E con riferimento specifico al lavoro considerato dignitoso (al quale aspira l’84,1 per cento degli intervistati) nel complesso il 38,8 per cento teme di non trovarlo, ma tra gli svantaggiati la percentuale sale a oltre il 67 per cento.

Laurea impossibile

Quanto all’istruzione, il 59 per cento aspira a laurearsi, ma solo il 55,2 per cento si aspetta di iscriversi all’università. E la distanza tra aspirazioni e aspettative è ben maggiore per gli svantaggiati: il 43,6 per cento di essi non è sicuro di potersi permettere gli studi universitari e il 26,1 per cento pensa di dover lavorare prima di finire la scuola (i corrispondenti dati per gli adolescenti avvantaggiati sono nettamente più bassi). Quindi la percentuale degli svantaggiati che, malgrado le piuttosto alte aspirazioni, si aspetta di laurearsi è molto bassa.

Da quanto si è fin qui detto si può anzitutto trarre la conclusione che già in età precoce si percepisca che non vi è eguaglianza di opportunità. Ne dà conferma il fatto che solo il 31,8 per cento degli intervistati ritiene che chi vive in una famiglia in difficoltà economica “se si impegna, avrà le stesse opportunità di tutti gli altri e potrà conseguire i propri obiettivi”.

Al di là dei necessari ulteriori approfondimenti, l’indagine suggerisce che a condizionare le scelte e i percorsi degli adolescenti sono i vincoli di natura economica, anche legati al funzionamento del nostro mercato del lavoro, ben più che la carenza di aspirazioni adeguate. Lavori più stabili e meglio retribuiti potrebbero generare ricadute positive sulle scelte di istruzione degli adolescenti e sulle loro prospettive.

Servirebbero politiche che agissero in via diretta sulle condizioni economiche degli studenti, ad esempio, sussidi monetari ai nuclei familiari meno abbienti e misure efficaci di diritto allo studio per far fronte agli affitti per i fuori-sede.

Ma questo tema sembra scomparso dal dibattito pubblico e con l’abolizione del reddito minimo per i nuclei di soli maggiorenni (e la riduzione dell’importo per i nuclei in cui convivono figli maggiorenni e minorenni), il governo ha tolto un sostegno economico alle famiglie povere con figli universitari. La strada della riduzione della disuguaglianza intergenerazionale non è questa.

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