Gran parte dei sussidi finiranno ad auto prodotte all’estero, anche da Stellantis. I fondi premiano soprattutto benzina e diesel e si esauriranno in un mese. Le vendite di auto a batterie intanto sono ferme in attesa del varo dei decreti attuativi: a gennaio sono scese al valore più basso d’Europa
Dopo lo scontro della settimana scorsa tra Stellantis e il ministro delle Imprese Adolfo Urso, ieri è tornata all’attacco Giorgia Meloni, che da Tokyo ha definito bizzarre le dichiarazioni sugli incentivi di Carlos Tavares, il ceo del gruppo automobilistico.
Il problema vero, però, è che i nuovi sussidi messi in campo dal governo avranno effetti ridotti sulle vendite e allo stesso tempo non favoriranno la transizione ecologica, perché andranno a premiare le auto a benzina e diesel molto più di quelle elettriche.
Aiuti a pioggia
Gli incentivi per il singolo acquirente sono stati alzati fino a un massimo di 13.500 euro in caso di rottamazione di una vecchia auto e di reddito basso degli acquirenti; il minimo, anche senza rottamazione, sarà di 6.000 euro, il doppio di quanto già in vigore.
I fondi destinati alle auto a batterie (240 milioni) sono rimasti però quasi allineati al piano Draghi per il 2024 (205 milioni) nonostante dal 2023 fossero avanzati 160 milioni; aumentano anche gli incentivi sulle singole auto ibride ricaricabili, ma con fondi tagliati.
I residui 2023 di entrambe le categorie sono stati dirottati sulle auto a benzina e diesel, premiate con oltre 400 milioni di euro; questi fondi finiranno in poco più di un mese, semplicemente perché sono destinati ad auto che si venderebbero comunque.
Emissioni premiate
Dividendo i fondi destinati a ciascuna categoria per un incentivo medio stimato (8.000 mila per le elettriche, 6.000 per le ibride ricaricabili e 2.000 per le altre), il piano Urso andrà a finanziare 30mila auto a batterie, 25mila ibride ricaricabili e oltre 200mila auto a benzina e diesel.
Gli incentivi – sia pure solo in caso di rottamazione – premiano auto con emissioni di CO2 fino a 135 grammi/km, generando un paradosso. La Ue impone a ogni costruttore di vendere nel 2024 auto con emissioni in media non superiori a circa 118 grammi (target che varia a seconda del peso), pena multe consistenti; il target Ue scenderà l’anno prossimo a circa 95 euro. Possiamo quindi dire che Roma premia i costruttori per vendere auto su cui poi potrebbero dover pagare multe a Bruxelles.. con quello che viene chiamato “Ecobonus”.
Gli incentivi a queste ultime sono stati spiegati dal ministro Urso con la presunta necessità di «rinnovo del parco circolante italiano, tra i più vetusti d’Europa». L’affermazione è falsa: secondo il rapporto 2023 dell’ACEA (Associazione europea dei costruttori di auto) l’età media delle auto circolanti in Italia è vicina alla media UE (12,2 anni contro 12).
Resta un grande equivoco sullo scopo degli incentivi. Aiuti a pioggia non hanno effetto nel medio periodo: alla crescita della domanda segue un crollo non appena finiscono i fondi. Per questo motivo vengono utilizzati solo in caso di forte crisi della domanda, come è stato fatto da vari paesi nel 2020 dopo il Covid; oggi praticamente nessuno in Europa incentiva auto che non siano alla spina.
Vendite frenate
Anche la giustificazione legata al mantenimento delle produzioni in Italia non sta in piedi: su ogni 100 euro di incentivi generici, 85 finiscono a vetture prodotte all’estero (alla faccia del “made in Italy”). Questo vale anche per gli incentivi all’acquisto di auto elettriche; questi ultimi però non servono a vendere più auto, ma a spostare la domanda dalle auto con motore a scoppio verso quelle elettriche, che sono per ora più care.
Per quanto riguarda proprio le auto elettriche, l’annuncio di Urso di incentivi più generosi ha frenato le vendite: il piano entrerà infatti a regime con i decreti attuativi, e molti aspettano i 6.000 euro di incentivo minimo di Urso piuttosto che accontentarsi degli attuali 3.000.
La quota di mercato delle elettriche è scesa a gennaio al 2,1%, metà del 4,2% del 2023, un livello che potrebbe collocarci all’ultimo posto in Europa (il fanalino di coda l’anno scorso era la Slovacchia con un 2,7%).
Rischio chiusure
Carlos Tavares, ceo di Stellantis, ha ventilato nuovi tagli in Italia se non verranno approvati incentivi per le elettriche.
Per ora è stato chiuso solo lo stabilimento di Grugliasco, ma gli organici vengono ridotti ovunque e gli operai rimasti sono spesso in cassa integrazione. Proprio ieri l’azienda ha annunciato un nuovo periodo di Cig a marzo per oltre 2mila operai di Mirafiori.
A parte la 500 elettrica di Mirafiori, tutte le prossime auto a batterie dei marchi italiani saranno prodotte all’estero: Lancia Ypsilon in Spagna, Alfa Romeo Milano in Polonia, Fiat Panda elettrica in Serbia.
I primi modelli a batterie elettrici arriveranno a Melfi e Cassino nei prossimi due anni, mentre non ci sono piani per Pomigliano e l’elettrificazione dei marchi su cui il gruppo in teoria dovrebbe puntare di più per l’Italia, ovvero Alfa Romeo e Maserati, è ancora in ritardo.
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