Tra Stellantis e il governo Meloni continua un duello verbale in cui entrambi i contendenti ribadiscono le loro posizioni nella consapevolezza che ben poco potrà cambiare sul piano concreto
Tra Stellantis e il governo Meloni continua il gioco della parti. Un duello verbale in cui entrambi i contendenti ribadiscono le loro posizioni nella consapevolezza che ben poco potrà cambiare sul piano concreto. Giovedì è andato in scena un nuovo round, con tanto di botta e risposta a distanza tra il ministro delle Imprese Adolfo Urso e Carlos Tavares, ad del gruppo automobilistico. Tavares è tornato a minacciare nuovi tagli agli stabilimenti del nostro Paese, in mancanza di sussidi adeguati.
«Se non si danno sussidi per l’acquisto di veicoli elettrici, si mettono a rischio gli stabilimenti italiani», ha detto il manager all’agenzia Bloomberg.
A stretto giro è arrivata la risposta di Urso. «Se lui pensa che dobbiamo fare come la Francia, che ha aumentato il suo capitale sociale nell’azionariato di Stellantis, ce lo chieda», ha detto il ministro. «Di una partecipazione attiva possiamo sempre parlarne», ha aggiunto. Un’ipotesi, questa dell’ingresso diretto dello Stato nel capitale del gruppo presieduto da John Elkann, che al momento appare quantomeno remota, un semplice espediente verbale per tenere alto il livello dello scontro.
Il piano Urso
Proprio ieri al ministero delle Imprese è stato convocato il tavolo dell’automotive in cui l’esecutivo ha presentato un nuovo piano di incentivi statali per l’auto. Il governo Meloni ha deciso lo stanziamento di 940 milioni di euro per chi vorrà sostituire la propria auto con un nuovo modello più ecologico. Un piano di incentivi orientato in tre direzioni: quelle della sostenibilità ambientale, sociale e produttiva. Quest’ultimo punto resta il maggior tasto dolente, alla base delle frizioni tra governo e Stellantis, con l’azienda che punta sempre meno sull’Italia per le nuove produzioni, con l’obiettivo di un milione di auto prodotte in un anno che resta un miraggio (al momento sono circa 400 mila).
Secondo Urso, va incentivata «la produzione in Italia, che negli ultimi anni si è drasticamente ridotta, malgrado gli incentivi che sono andati soprattutto a vetture prodotte in stabilimenti esteri. Anche dalla stessa Stellantis». Il ministro ha infine ventilato anche la possibilità di una partecipazione pubblica nell’azionariato della multinazionale dell’auto. Una scelta che metterebbe Roma in rapporto di parità con lo Stato francese, da sempre presente nel capitale di Stellantis, e che nelle ultime settimane ha visto aumentare i diritti di voto, saliti al 9,6% con il 6,1% delle quote.
Il nuovo affondo di Urso è arrivato in risposta alle parole di Tavares che nell’intervista a Bloomberg aveva dichiarato che «l’Italia dovrebbe fare di più per proteggere i suoi posti di lavoro nel settore automobilistico anziché attaccare Stellantis per il fatto che produce meno nel nostro Paese. Si tratta di un capro espiatorio nel tentativo di evitare di assumersi la responsabilità per il fatto che se non si danno sussidi per l’acquisto di veicoli elettrici, si mettono a rischio gli impianti in l’Italia».
Sindacati preoccupati
Questa situazione non fa che aumentare la preoccupazione dei lavoratori degli stabilimenti italiani del gruppo, che temono nuove chiusure. A oggi i siti maggiormente a rischio sono quelli di Pomigliano d’Arco e di Mirafiori.
«Siamo al minimo sindacale, gli incentivi sono uno strumento non in grado di risolvere i problemi strutturali che sono legati alle prospettive produttive degli stabilimenti italiani”, dichiara Edi Lazzi, segretario generale della Fiom-Cgil di Torino. «Ci aspettavamo un piano articolato, invece non è stato detto nulla. La situazione è davvero preoccupante».
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