Sarà un fine settimana di passione, quello di Luca Zaia. Oggi inizia il Vinitaly, la fiera è sempre stata una vetrina politica, e questa edizione è cruciale per un intero settore di imprenditori in ansia per i dazi americani. Zaia ha sempre vissuto la kermesse veronese in accampamento perenne tra gli stand, ma proprio quest’anno è costretto a fare avanti e indietro da Firenze per il congresso federale della Lega. La coincidenza di date non era stata ben accolta dai veneti del Carroccio, anzi. C’era stato un pressing per spostarlo, per potersi mostrare accanto alle aziende che sono in massima allerta per quello che Zaia teme sia il nuovo cigno nero dell’economia mondiale. Dopo gli annunci di Trump sui dazi ha rimarcato: «Non si può accettare che eccellenze riconosciute a livello globale vengano penalizzate da logiche protezionistiche».

I dazi e la Lega

Il terremoto innescato da The Donald riguarda il lavoro di 450mila lavoratori nella filiera in Italia e più di 22mila aziende solo in Veneto. Gli Stati Uniti sono il primo mercato estero per il vino prodotto nella regione di Zaia: 593 milioni di euro nel 2024. Vista dai vigneti e dalle cantine della patria del Prosecco, la situazione è da allarme rosso: il ceto produttivo che la Lega un tempo rappresentava vuole certezze o strategie concrete, nessuno qui minimizza i rischi della politica oltreoceano, tutti dicono di sperare nell’Europa.

Gli ex leghisti del Patto per il Nord in questi giorni non hanno mancato di ricordare che Salvini aveva definito i dazi un’opportunità. «Si riferiva agli speculatori finanziari che ora faranno affari d’oro?», dice l’ex leghista Paolo Grimoldi. Sul fronte dazi anche gli interni alla Lega invitano alla razionalità, come dice l’assessore lombardo Guido Guidesi, «deve prevalere la ragione per evitare guerre commerciali». E sul fronte veneto è l’assessore leghista Roberto Marcato a esprimere «massima contrarietà» alla strategia trumpiana. In generale, però, i leghisti veneti in questi giorni hanno il freno a mano tirato. Inizia il Congresso ma si attende anche il parere della Consulta sul terzo mandato di Vincenzo De Luca, sarà un indicazione anche per il futuro del governatore veneto. La spaccatura interna al Carroccio è stata sottolineata dall’oppositore di Zaia in Regione, Arturo Lorenzoni, che ha parlato di «confusione nel partito, con Salvini che sminuisce il problema dei dazi e il presidente Zaia che lancia l’appello affinché l’Italia faccia valere il proprio rapporto privilegiato con gli Usa». Nemmeno Lorenzoni dimentica che «Salvini affermava che i dazi Usa non rappresentano un problema così grave» e si chiede se i due si siano mai confrontati.

Sul vino non si scherza

«Queste sono cose su cui non si può scherzare», tuona però la presidente di Federvini, Micaela Pallini, alla vigilia del Vinitaly: «Ogni incertezza, ogni investimento da rimandare, ogni attesa è un rischio. Non muoversi è già un danno economico per le aziende. La decisione di applicare dazi alle esportazioni europee è gravissima per il nostro settore, un attacco diretto al libero mercato». I produttori ci sono già passati, perdendo il «50% delle esportazioni verso gli Usa»: teme di rivivere il «trauma economico».

Tra i filari delle colline del Prosecco, sono giorni di allarme: gli importatori americani hanno sospeso gli ordini. Servono una ventina di giorni, per far arrivare le scatole di bottiglie negli Usa da questa che è la terra-locomotiva dell’export italiano del vino. Il Veneto, secondo Nomisma-Unicredit, è primo per esportazioni dei vini bianchi e lo scorso anno il Prosecco ha segnato +11% in valore. Il solo Prosecco Doc esporta negli Usa 130 milioni di bottiglie, il 23% dell’intera denominazione. L’Asolo Docg dal 2009 ha cominciato a crescere in doppia cifra grazie a contratti con due grossi player della grande distribuzione americana, che oggi assorbono quasi tutta la produzione: si stima che il 75% dei 32 milioni di bottiglie totali sia venduto così, per un valore di circa 70 milioni di euro. I tre consorzi – c’è anche quello del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg – di fronte alla minaccia si sono uniti e hanno scritto al ministro Lollobrigida per le «gravissime ripercussioni sulle imprese».

Il sindaco di Valdobbiadene Luciano Fregonese è al suo terzo mandato. Rappresenta un territorio con 650 aziende agricole e una popolazione di 10mila abitanti di cui un terzo lavorano nell’indotto del vino. La Lega lo ha sostenuto fino allo scorso anno, per poi mollarlo per un’altra candidata alle elezioni del ’24, lui ha vinto con il 67,26% dei voti alla sua lista civica. Nessuno, tra queste colline, fa sparate contro l’Europa matrigna come accadeva fino qualche anno fa, in pochi sono fiduciosi che l’Italia da sola possa trattare con Trump. Dice Fregonese che «l’enogastronomia del nostro territorio, come di tutta la Penisola, va difesa in Europa e all’estero».

Le aziende del vino si sentono minacciate. Anche perché la coincidenza del lancio in California di un nuovo prodotto dal nome italiano viene vista con sospetto. Rack&Riddle, tra i maggiori produttori di spumanti statunitense, sta promuovendo proprio in questi giorni il suo nuovo “CalSecco”, messo a punto da un team di vinificazione che è venuto in Italia per replicare lo “stile fresco e vibrante” delle nostre bollicine. E suona in effetti come una provocazione, per molti un primo indizio che c’è chi prepara il terreno per un’eventuale sostituzione delle importazioni italiane.

Non sarà solo il Prosecco, in Veneto, a ricevere un duro colpo dai dazi. «Non passa giorno senza che io riceva una telefonata dei nostri 200 soci che mi chiede cosa succederà con l’America», racconta Alberto Marchisio, dg di Cadis 1898, che produce 45 milioni di bottiglie all’anno di Soave, Valpolicella e Durello nell’Est veronese. «Il mercato americano ha fatto crescere prodotti freschi, bianchi in prevalenza, e facili da consumare: Pinot Grigio e Soave soffriranno molto con i dazi al 20%», spiega Marchisio: «Mi auguro che l’Europa si ricompatti e che i nostri governanti inizino a ragionare con una visione di lungo periodo. La politica chiede alle aziende di diventare più grandi e strutturate, ma che fa intanto? Si adopera per azzopparci: oltre che per gli Usa, siamo tutti preoccupati per la continua demonizzazione dell’alcol». Se a congresso finito Salvini decidesse di recarsi a Vinitaly, il primo dopo l’approvazione del Nuovo codice della strada, rischia di incorrere pure in qualche contestazione dei produttori esasperati.

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