Di ritorno dal raduno di Pontida dove ha fatto pubblica ammenda delle sue incaute dichiarazioni di giovedì scorso (“sacrifici per tutti”), Giancarlo Giorgetti è pronto per l’ennesimo round di confronti con i partiti della maggioranza per definire le misure della prossima manovra. In sostanza, va deciso da dove arriveranno i 10 miliardi che ancora mancano all’appello.

Il tempo stringe, però. Entro il prossimo 15 ottobre va inviato a Bruxelles il Documento programmatico di bilancio (Dpb), che in base alle norme europee deve contenere la mappa dei provvedimenti di finanza pubblica proposti dal governo con il relativo impatto sui conti pubblici e sulla crescita. Il balletto delle proposte e delle cifre è quindi destinato a esaurirsi in fretta, così come gli slogan a uso e consumo dell’elettorato.

Dietro la facciata delle dichiarazioni pubbliche, si muovono le lobby che puntano a ridurre l’impatto dei sacrifici evocati dal ministro dell’Economia. In questi giorni è uscito allo scoperto Emanuele Orsini, da poco eletto alla presidenza di Confindustria. Venerdì scorso Orsini ha fatto visita a Giorgetti al Mef e nell’incontro, secondo quanto dichiarato dal numero uno degli industriali, si sarebbe tra l’altro parlato di agevolazioni fiscali, che nel linguaggio dei tecnici vengono definite tax expenditures.

Orsini si è detto disposto a fare concessioni in questa delicata materia «per fare in modo di rendere strutturali gli investimenti per le imprese». In pratica, ha spiegato il presidente, «siamo disposti a ripensare parte delle tax expenditures». E ha fatto un numero: 10 miliardi di tagli sul totale delle agevolazioni che valgono 120 miliardi. Orsini ha anche detto di aver discusso con Giorgetti della necessità di una «premialità Ires» per le aziende che fanno investimenti.

Confindustria in pressing

Quindi, gli industriali sarebbero pronti a rinunciare a una parte delle agevolazioni fiscali, ma allo stesso tempo ne chiedono di nuove, sotto forma di ulteriori sconti dell’Ires, che è l’imposta sugli utili societari. Non è ben chiaro come sia possibile tenere insieme le due posizioni, che a prima vista si contraddicono l’una con l’altra.

Va ricordato che il viceministro dell’Economia, Maurizo Leo ha più volte ipotizzato «una riduzione dell’Ires con l’impegno delle aziende, dopo un paio di anni, a utilizzare il margine per fare nuovi investimenti o creare nuova occupazione». Ipotesi rimaste sulla carta, almeno finora.

D’altra parte, molte delle misure su cui i tecnici del Mef stanno ragionando per portare acqua al mulino della manovra riguardano proprio una rimodulazione dell’Ires. A questa voce, le banche già da anni pagano un’imposta supplementare del 3,5 per cento e quindi sembra da escludere che il governo imponga un prelievo ulteriore agli istituti di credito. Più probabile, come detto nei giorni scorsi, che si decida per una norma che diluisca nel tempo il pagamento di parte dei crediti d’imposta vantati dalle banche verso lo Stato.

In teoria, i margini d’intervento sul fronte dell’Ires sono molto ampi. In base all’ultima relazione della commissione di esperti (di nomina governativa) sulle tax expenditures, sono ben 78 le agevolazioni fiscali per l’imposta sugli utili societari. Grazie a queste misure, si stima che le imprese possano godere di sconti per circa 13 miliardi di euro nel 2024, gran parte di questi, però, circa 11,7 miliardi, sono stati catalogati alla voce “bonus edilizi”, che comprende anche il Superbonus ormai archiviato. A prima vista, quindi non resterebbe granché da tagliare.

Accise e camionisti

L’elenco prosegue con le accise, al centro di ipotesi e polemiche in questi giorni. Le agevolazioni fiscali su questa categoria di tributi sono 23 e valgono 3,1 miliardi secondo gli esperti della commissione governativa. Oltre di un terzo di questa somma, circa 1,1 miliardi, riguarda gli autotrasportatori, che possono fare rifornimento di gasolio pagando un’accisa ridotta.

La semplice ipotesi di rimodulare le accise su benzina, più elevate, e gasolio, ha già provocato l’alzata di scudi delle associazioni dei camionisti. Ecco per quale motivo metter mano agli sconti garantiti a queste categorie con l’obiettivo di far cassa in vista della manovra sembra una strada politicamente rischiosa e impervia da percorrere. Un altro miliardo, per la precisione, 1,1 miliardi, è il valore delle agevolazioni fiscali per i carburanti a uso agricolo, sia gasolio sia benzina. Una misura che ovviamente è difesa a spada tratta dagli imprenditori di questo settore, che già nel recente passato sono scesi in piazza contro l’aumento delle tasse, costringendo il governo a fare marcia indietro.

Bastano questi esempi per dare un’idea della complessità di un intervento sulle tax expenditures che abbia un qualche effetto concreto sui saldi della prossima manovra. Ed ecco perché è facile prevedere che il grosso delle coperture che ancora mancano per far fronte alle promesse della manovra, dal taglio del cuneo fiscale alle misure per le famiglie e la sanità, arriveranno da altre voci del bilancio pubblico. Sembra quindi probabile un’ulteriore stretta sulle finanze degli enti locali, così come una manciata di miliardi potrebbe arrivare da una nuova stretta fiscale su giochi e sommesse.

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