La Banca centrale europea ha rivisto i tassi di interesse e deciso un taglio di 25 punti base, dal 4,5 al 4,25 per cento. La presidente Christine Lagarde lo ha annunciato giovedì 6 giugno, dopo la riunione di politica monetaria. Una mossa necessaria a rilanciare l’economia e compatibile con un’inflazione rientrata verso il target del 2 per cento. Per la prima volta la Bce anticipa le azioni della Federal Reserve, più cauta nel programmare una riduzione dei tassi. Se si muoverà, la Banca centrale statunitense lo farà a settembre, mentre la Bce potrebbe annunciare altri due tagli nei prossimi mesi.

Per l’istituto con sede a Francoforte è il primo taglio dei tassi in cinque anni e costituisce un cambio di passo per l’Eurotower, che due anni fa ha inaugurato una politica restrittiva per combattere l’aumento dei prezzi, cresciuti del 17 per cento. Un obiettivo in buona parte raggiunto che aveva spinto vari analisti a scommettere su una prima sforbiciata di un quarto di punto, a cui dovrebbe seguirne una seconda durante il meeting di luglio. Altri, invece, si aspettavano un intervento più deciso con un taglio dei tassi dello 0,5 per cento.

Cosa dice la Bce

Il tasso sulle principali operazioni di finanziamento scende così al 4,25 per cento, quello sui depositi custoditi per conto delle banche commerciali al 3,75 e il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginali scende al 4,5. Nel tagliare i tassi di 25 punti base, la Bce ha messo in guardia dalla dinamica inflattiva, alzando la sua stima nell’area euro per il 2024 dal 2,3 per cento indicato a marzo al 2,5.

«Malgrado i progressi degli ultimi trimestri, persistono forti pressioni interne sui prezzi poiché la crescita delle retribuzioni è elevata – ha detto la presidente Lagarde – L’inflazione resterà probabilmente al di sopra dell’obiettivo fino a gran parte del prossimo anno». Parole che sembrano suggerire l’orientamento a non ridurre ulteriormente i tassi a breve.

Tuttavia, per le prossime decisioni sui tassi la Bce si baserà sulla «valutazione delle prospettive di inflazione, considerati i nuovi dati economici e finanziari, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria, senza vincolarsi a un particolare percorso dei tassi». Una formula volutamente sibillina, senza prendere impegni né in una direzione né nell’altra.

Come battere l’inflazione

La decisione, favorita dal raffreddamento dell’inflazione, era stata confermata già pochi giorni fa da Philip Lane, capo economista della Bce: «Salvo grandi sorprese, in questo momento ciò che vediamo è sufficiente per rimuovere il livello massimo di restrizione». Il proposito per quest’anno è quindi allentare la politica monetaria pur mantenendola leggermente restrittiva per scongiurare picchi di inflazione imprevisti.

Come è noto, i tassi di interesse sono fissati dalle banche centrali, che hanno il compito di mantenere sotto controllo l’andamento dei prezzi. È questo in particolare l’obiettivo della Bce, plasmata sulla visione della Bundesbank tedesca. Da statuto, la Banca centrale europea ha come priorità il contrasto al carovita, a differenza della Federal Reserve, che pone sullo stesso piano lotta all’inflazione e sostegno della crescita economica.

Ma perché un aumento dei tassi mantiene sotto controllo l’inflazione? I tassi di interesse più elevati rendono i prestiti più costosi. Ciò significa che le persone sono meno propense a prendere in prestito denaro per acquistare beni e servizi, la domanda si riduce e di conseguenza rallenta l’aumento dei prezzi. D’altra parte, i tassi di interesse più elevati rendono l’investimento più attraente: la gente è più propensa a investire i propri soldi anziché spenderli e ciò aumenta l’offerta di liquidità, riducendo il costo del denaro.

Ci perdono le banche

Tagliare i tassi di interesse porterà a un alleggerimento del costo di mutui e prestiti, a vantaggio di chi vuole comprare casa ma anche delle aziende che necessitano di soldi per investire. Tra chi ci perde ci sono invece le banche, che nell’Eurozona vedranno diminuire – seppur in modo esiguo – la possibilità di fare profitti. Gli istituti ottengono il 60 per cento dei loro ricavi dal margine di interesse, cioè la differenza tra i tassi che fanno pagare sui prestiti concessi e quelli corrisposti ai depositanti. Se i tassi della Bce diminuiscono, questo differenziale si riduce.

A diminuire, infatti, saranno anche gli interessi che le banche pagano alla clientela sulle giacenze in conto corrente. In teoria, qualche effetto negativo si dovrebbe quindi registrare per i risparmiatori che tengono i soldi in banca. Ma gli interessi per i depositanti sono già così bassi (attorno allo 0,1 per cento annuo) che gli istituti di credito avranno poco margine per abbassarli ancora.

Mutui più vantaggiosi

A guadagnarci saranno le famiglie con un mutuo a tasso variabile (con rata ancorata all’andamento dei tassi) o un prestito in corso (ad esempio per comprare auto o elettrodomestici), o che ne firmeranno uno nuovo in futuro. E ovviamente le aziende. Secondo i calcoli della Fabi, per le imprese i tassi caleranno in media nelle prossime settimane al 4,5 per cento dal 5,4 del 2023: un imprenditore che cerca liquidità per un milione, da restituire in 20 anni, si troverà con una rata mensile da 6.400 euro, circa 450 euro in meno rispetto a dicembre.

Per quanto riguarda i mutui per l’acquisto di una casa, invece, il costo dei finanziamenti ha già iniziato a calare negli ultimi mesi, nella previsione che la Bce tagliasse i tassi. Se nel 2021 si pagava un interesse dello 0,6 per cento e nel 2023 si andava anche oltre il 6 per cento, adesso siamo in media sotto il 4. Ma cosa accadrà dopo la riduzione dei tassi da parte della Banca centrale?

Facile.it ha stimato che, con un taglio di 25 punti base, il calo per un mutuo variabile medio (126mila euro da restituire in 25 anni) potrebbe essere di 18 euro rispetto a maggio. In base ai calcoli di Telemutuo.it, un taglio di questa portata potrà garantire un risparmio sulla rata compreso tra 13,50 euro al mese (per un importo di 100mila euro in 20 anni) e 29 euro al mese (su un mutuo trentennale da 200mila euro).

Il tasso fisso conviene

Per vedere un calo più significativo bisognerà attendere ancora un po’. Se i tassi variabili sono ancora alti, quelli fissi godono di condizioni favorevoli che dovrebbero migliorare ancora per chi vorrà accendere un mutuo. Secondo la Fabi, i tassi fissi medi sono passati dal 4,5 per cento di fine 2023 al 3,7 di marzo e ora potrebbero essere limati attorno al 3,45 per cento: tra pochi giorni la rata mensile di un mutuo da 200mila euro in 25 anni potrebbe essere di 1.005 euro, 205 euro in meno rispetto a quella calcolata a dicembre.

«In questa fase resta più conveniente accendere un finanziamento a tasso fisso, che presenta un livello di costo inferiore rispetto ai mutui a tasso variabile», ha notato Andrea Pennato, amministratore delegato di Telemutuo.it. Non a caso, nei primi quattro mesi dell’anno, il 98 per cento delle richieste è stato per prestiti a tasso fisso. «A chi invece ha già un mutuo aperto consiglio di valutare una surroga, cioè il passaggio a un nuovo mutuo stipulato con un’altra banca, per passare dal variabile al fisso».

A calare saranno poi gli interessi che devono essere pagati sui titoli di stato di nuova emissione. L’Italia, con un debito intorno al 140 per cento del Pil, è uno dei paesi più interessati a questa dinamica. Ne potrebbe quindi beneficiare, anche se non nel breve termine. Infine, il taglio deciso dalla Bce diminuirà il valore dell’euro, con un calo del tasso di cambio euro/dollaro. Il deprezzamento della nostra moneta gioverà alle aziende esportatrici: i loro prodotti saranno meno costosi sui mercati esteri e crescerà la relativa domanda.

Prospettive future

L’annuncio della Bce è stato seguito con attenzione per capire quali saranno le sue prossime mosse. Ci sarà un secondo taglio nella riunione di luglio? E per quanto tempo l’Eurotower taglierà i tassi? È probabile che l’istituto non voglia dare il via a ulteriori tagli per poi essere costretto a invertire la rotta, se l’inflazione dovesse risalire. Per questo molti analisti, citati dal Financial Times, dubitavano che la Bce avrebbe fornito troppe indicazioni giovedì e già si aspettavano che il Consiglio direttivo avrebbe scelto un approccio “mese per mese”.

I falchi tedeschi – come Isabel Schnabel, membro del Comitato esecutivo, e Joachim Nagel, presidente della Bundesbank – vorrebbero aspettare settembre prima di considerare un secondo taglio. Ciò dipenderà anche dalle mosse della Fed, che in effetti è orientata a non forzare i tempi. Secondo l’economista Hugo Le Damany, sentito da Bloomberg, a prevalere saranno invece le colombe, che sono maggioranza nel Consiglio direttivo: dopo il taglio di giugno la Bce dovrebbe proseguire allo stesso passo per altri cinque mesi, con tagli di un quarto di punto.

Ma fare previsioni è difficile e tante sono le variabili in gioco. Non ultima quella politica. La decisione di Lagarde è stata annunciata il 6 giugno, in concomitanza con l’inizio delle elezioni europee. Una coincidenza che fa pensare ai possibili effetti del voto sui possibili tagli futuri: la Bce è indipendente dalla politica dei paesi membri, ma non insensibile al contesto esterno. Se alle urne reggeranno i partiti tradizionali – Ppe in testa – potrebbe scongiurarsi una fuga in avanti, ma se si rafforzeranno sovranisti e populisti la pressione a tagliare i tassi diventerà più forte.

Lo suggeriscono anche le parole pronunciate pochi giorni fa, nelle considerazioni finali alla sua relazione annuale, dal governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, una fiera colomba molto apprezzata da palazzo Chigi (Giorgia Meloni tentò di arruolarlo come ministro dell’Economia): «La stretta sui tassi di interesse operata dalla Bce è stata necessaria, ora però va allentata. Dobbiamo evitare che la politica monetaria diventi troppo restrittiva, spingendo l’inflazione sotto il 2 per cento».

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