Per la prima volta dopo cinque anni, Francoforte taglia il costo del denaro senza però dare indicazioni sui tempi di eventuali prossimi ribassi. La presidente Lagarde: decideremo volta per volta sulla base dei dati Restano elevate le tensioni sui prezzi. Giorgetti applaude la scelta di Francoforte: era ora
Atteso da mesi e richiesto a gran voce da un assortito schieramento di politici, imprenditori e commentatori, il taglio dei tassi è finalmente arrivato. Ma la presidente della Bce, Christine Lagarde, annunciando la più che prevista riduzione di un quarto di punto del costo del denaro, ha anche confermato che da qui alla fine dell’anno la rotta della politica monetaria è tutt’altro che scontata.
Ci aspetta una “bumpy road”, ha detto Lagarde in conferenza stampa, una strada accidentata, in cui i dossi potrebbero rallentare il cammino verso un’ulteriore diminuzione dei tassi di riferimento, che per la prima volta in quasi cinque anni sono stati corretti al ribasso.
Il calo, quindi, porta dal 4 al 3,75 per cento il tasso sui depositi presso la Banca centrale europea, mentre per le operazioni di rifinanziamento principali e per quelle marginali si passa, rispettivamente, al 4,25 per cento e 4,50 per cento. Tutti i componenti del consiglio direttivo, che sono 26 tra cui gli italiani Piero Cipollone e Fabio Panetta, hanno votato a favore della decisione, salvo uno, ha detto Lagarde senza farne il nome. Secondo indiscrezioni sarebbe l’austriaco Robert Holzmann, che avrebbe preferito tenere invariati i tassi.
Velocità incerta
Proprio a causa delle incognite che pesano sul futuro prossimo, la presidente dell’istituto di Francoforte ha confermato che le prossime scelte in materia di tassi saranno prese volta per volta (“meeting by meeting”) sulla base dei dati raccolti sull’andamento dell’economia dell’area dell’euro (“data dependent”). Un approccio, questo, che è stato criticato da più parti, perché non fornendo indicazioni sulla direzione e sulle aspettative della Bce aumenta il grado d’incertezza con cui i mercati finanziari e gli operatori economici sono costretti a confrontarsi ogni giorno.
La prospettiva per il prossimo anno e mezzo è chiara: il costo del denaro è destinato a diminuire ancora. Resta da definire l’andatura che i banchieri centrali decideranno di imprimere a questo movimento al ribasso. A questo proposito le aspettative degli operatori sono cambiate. Se fino a pochi giorni fa la maggioranza degli analisti considerava probabili almeno un paio di interventi entro la fine dell’anno, adesso le attese si concentrano su un unico taglio, al massimo di mezzo punto, a settembre.
Incognita prezzi
A consigliare prudenza è l’andamento dell’inflazione che in maggio nell’area dell’euro ha fatto segnare un lieve rialzo al 2,6 per cento contro il 2,4 per cento di aprile. Questi dati rappresentano comunque una media di andamenti che sono molto diversi da paese a paese. In Italia, per esempio, il costo della vita su base annuale il mese scorso è cresciuto solo dello 0,8 per cento, mentre in Spagna siamo al 3,8 per cento, in Germania al 2,8 e in Francia al 2,7 per cento, giusto per menzionare le economie più rilevanti.
La tendenza generale è a un’ulteriore riduzione dell’inflazione, che secondo la Bce nel corso del 2025 dovrebbe avvicinarsi al 2 per cento, cioè la soglia obiettivo a cui punta la politica monetaria. Le tensioni sui prezzi non sono però del tutto scomparse, se è vero che la banca centrale ha rivisto al rialzo le sue previsioni per il 2024 che dovrebbe concludersi con un’inflazione media del 2,5 per cento, contro il 2,3 per cento stimato a marzo dagli analisti di Francoforte. A innescare nuove spinte inflattive potrebbe essere l’andamento dei salari, anche per effetto dei rinnovi contrattuali, in particolare quelli in Germania.
Il percorso però si presenta meno “accidentato” (per usare le parole di Lagarde) già a partire dall’inizio dell’anno prossimo. Questo scenario quindi giustifica la previsione di possibili nuovi interventi sui tassi nell’ambito di una politica monetaria che resta comunque restrittiva e prudente, anche dopo il parziale allentamento deciso ieri.
Il taglio di un quarto di punto, va ricordato, arriva a nove mesi dall’ultimo rialzo, deciso a settembre dell’anno scorso. Da allora i tassi erano sempre rimasti invariati, nonostante il rallentamento dell’inflazione che ancora nell’autunno scorso si aggirava intorno al 5 per cento nell’area dell’euro, quasi il doppio rispetto al tasso attuale.
Giorgetti soddisfatto
L’approccio prudente della Bce è così diventato il bersaglio delle critiche più o meno velate di chi accusava Lagarde di frenare una ripresa economica ancora molto fragile in gran parte d’Europa, Italia compresa. Lo stesso governatore di Banca d’Italia, Fabio Panetta, nelle sue Considerazioni finali di venerdì scorso, ha auspicato «un’azione tempestiva e graduale» nel percorso di riduzione dei tassi.
Non a caso il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti non ha perso tempo a rallegrarsi della notizia giunta da Francoforte. «Una decisione attesa e opportuna e anche doverosa», ha detto Giorgetti a proposito del taglio annunciato da Lagarde, augurandosi che «questo sia solo il primo passo» verso nuovi analoghi interventi nei prossimi mesi.
La dichiarazione del ministro non sorprende visto che per un paese super indebitato come l’Italia, che paga più 80 miliardi di interessi all’anno sui titoli di stato, ogni correzione al ribasso dei tassi è più che benvenuta. Nel frattempo, però, le parole prudenti di Lagarde sul futuro prossimo hanno provocato un aumento dei rendimenti dei Btp.
Come detto, infatti, sembra improbabile che prima della fine dell’anno Francoforte decida di muoversi ancora. Molto difficile a luglio, più probabile a settembre. E poi più nulla fino a dicembre, almeno nelle attese della maggioranza degli operatori. Del resto, anche sull’altra sponda dell’Atlantico la correzione di rotta della Fed è stata più volte rimandata a causa di un’economia ancora surriscaldata, tanto che ora Wall Street vede come tutt’altro che certo un taglio prima della fine dell’anno, con i tassi che quindi restano a un livello record degli ultimi 23 anni, nella forchetta compresa tra il 5,25 e il 5,5 per cento.
L’Europa si è quindi mossa per prima e la speranza diffusa tra gli imprenditori è che questo iniziale allentamento della politica monetaria, per quanto considerato insufficiente, possa sostenere la ripresa del ciclo economico. La Bce è ottimista: la previsione di crescita del Pil nel 2024 per l’area dell’euro è stata rivista al rialzo allo 0,9 per cento rispetto allo 0,6 per cento stimato a marzo.
Ottimista anche l’Istat che a dicembre aveva fissato allo 0,7 per cento l’aumento del Pil per quest’anno. Ieri la previsione è stata portata all’1 per cento, una previsione allineata a quella del governo, pubblicata nel Def di due mesi fa.
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