Ci sono pochi dubbi che l’offerta dell’UniCredit di Andrea Orcel su Banco Bpm sia anche un siluro ai piani del governo sovranista di Roma, che pensava di aver messo al sicuro il Monte dei Paschi blindandone l’italianità con un manipolo di investitori di fiducia. A sgombrare il campo da ogni residua incertezza è arrivata all’ora di pranzo la sortita di Matteo Salvini e, poco dopo, anche la reazione dai toni stizziti del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.

Il primo ha invocato l’intervento della Banca d’Italia, a cui ha retoricamente chiesto se è «tutto sotto controllo», dopo aver descritto UniCredit come una banca che «di italiano ha poco o niente». L’intervento del leader della Lega lascia il tempo che trova, visto che, per dirne una, istituti delle dimensioni di quelli coinvolti sono sottoposti alla vigilanza della Bce.

Va notato, volendo con un certo sforzo prendere sul serio Salvini, che UniCredit si trova nell’insolita posizione di trovarsi al centro di attacchi nazionalistici in Germania in quanto banca considerata italiana, mentre dalle nostre parti abbiamo un vicepremier che la definisce «straniera». A tal punto che Giorgetti ha evocato l’uso del golden power per bloccare un’operazione che UniCredit aveva «comunicato ma non concordato con il governo».

L’esecutivo quindi, o quantomeno una sua componente di peso, rema contro i piani di Orcel nel nome della difesa di non meglio specificati interessi nazionali. Di sicuro, l’Ops (offerta pubblica di scambio) annunciata lunedì mattina da UniCredit sul Banco Bpm rimette in discussione gli equilibri del sistema bancario nazionale.

Siena in pericolo

Il 13 novembre scorso, infatti, il Tesoro ha collocato un ultimo 15 per cento di Mps con un incasso di 1,1 miliardi. Una mossa a sorpresa con cui il governo pensava di aver chiuso la partita con il via libera informale delle autorità di controllo di Francoforte e l’assenso del governatore di Bankitalia, Fabio Panetta. Le azioni sono state comprate da una cordata di investitori guidata proprio dal Banco Bpm, che si è aggiudicato una quota del 5 per cento. Un altro 3 per cento è andato ad Anima, già socia del Monte con l’1 per cento, cioè la società di gestione del risparmio su cui proprio l’istituto ora sotto attacco da UniCredit ha promosso un’offerta pubblica d’acquisto ai primi di novembre. La holding Delfin della famiglia Del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone hanno partecipato all’operazione rilevando ciascuno un 3,5 per cento di Mps.

Con quest’ultimo recentissimo collocamento l’esecutivo è sceso dal 26,7 per cento all’11 per cento circa nel capitale del Monte, rispettando così la prescrizione della Commissione europea che chiedeva una riduzione della quota in mano pubblica al di sotto del 20 per cento da realizzare entro l’anno. Non solo: il nocciolo duro di acquirenti dà garanzie di blindare in mani italiane il controllo di un istituto come quello senese che dopo anni di vacche magre ora macina profitti.

La Borsa rema contro

Adesso però UniCredit punta dritto proprio al pilastro su cui si fonda l’operazione elaborata da Giorgetti. In sostanza Orcel, a capo della seconda banca italiana, è pronto ad assorbire il Banco Bpm, terzo in graduatoria. Se l’offerta andasse in porto, nascerebbe il primo istituto dell’area dell’euro per valore di Borsa.

L’operazione vale 10,8 miliardi di euro, pari al valore delle azioni proprie che l’acquirente è pronto a cedere in cambio dei titoli dell’istituto di credito guidato dall’amministratore delegato Giuseppe Castagna. La Borsa ha reagito senza entusiasmo, per usare un eufemismo, all’annuncio di Orcel, che è arrivato di buon mercato prima dell’apertura dei mercati. Il titolo UniCredit ha perso il 4,8 per cento, mentre la quotazione del Banco Bpm ha fatto segnare un rialzo del 5,5 per cento a 7 euro, valore ben più elevato dei 6,65 euro che è la valutazione su cui si basa l’offerta dell’aspirante compratore. In parole povere, questo significa che gli investitori considerano troppo bassa l’offerta di UniCredit.

La reazione fredda dei mercati si aggiunge a quella negativa del governo, con Giorgetti che si è concesso una battuta di strategia militare citando nientemeno che Carl von Clausewitz, il quale, ha ricordato il ministro, diceva che il «modo più sicuro di perdere una guerra è impegnarsi su due fronti». Il riferimento è al doppio impegno di UniCredit, che in Germania ha rilevato il 9 per cento di Commerzbank e ora si è lanciato in una nuova ambiziosa campagna di conquista.

Forse immaginando l’alzata di scudi del governo, Orcel in conference con gli analisti ha spiegato di non avere ambizioni su Mps. Mentre l’incursione su Commerzbank appare in stand by in attesa delle elezioni di febbraio a Berlino. È nei fatti però che se l’operazione appena annunciata dovesse andare in porto UniCredit diventerebbe un convitato al tavolo di Siena di cui sarà difficile non tener conto.

Un altro settore strategico in cui si gioca questa partita miliardaria è quello del risparmio gestito. Banco Bpm, come detto, tre settimane fa ha lanciato un’Opa su Anima, la società di fondi e polizze assicurative di cui è già il socio principale con una quota del 22,3 per cento.

Se l’Ops andasse in porto, la banca guidata da Castagna si porterebbe in dote anche i capitali gestiti da Anima, per un totale di 217 miliardi. Nelle prossime ore dovrebbe arrivare una risposta all’offerta di UniCredit da parte dei vertici di Banco Bpm. E c’è attesa anche per la reazione del colosso francese Crédit Agricole, forte di una quota del 9 per cento del capitale dell’istituto nel mirino di Orcel e partner nel settore del risparmio gestito dello stesso UniCredit.

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