Un quarto di secolo fa la famiglia Azizi è arrivata dalla Macedonia e in Trentino-Alto Adige ancora non erano diffusi i ristoranti stranieri. Adesso davanti al loro chiosco a tutte le ore si forma la fila – scorrevolissima – per mangiare kebab e ćevapčići. Una realtà che anima le notti altrimenti sonnacchiose della città universitaria
A Trento c’è un kebab che mette d’accordo tutti, da studenti a lavoratori, da festaioli a pendolari. La Bottega del Kebab, nota ai più come il “kebab della stazione” per la sua vicinanza alla stazione ferroviaria, è frequentata a tutte le ore.
Che sia per una pausa pranzo veloce, uno spuntino di mezzanotte, per soddisfare un languorino fuori orario alle cinque di pomeriggio o appena scesi dal treno, la Bottega è sempre affollata. Ci sono operai, impiegati, persone con il trolley, tanti giovani e giovanissimi.
La fila, però, è quasi sempre inesistente, non perché la gente sembri più di quella che è, ma perché i ragazzi che ci lavorano hanno istituito una vera e propria catena di montaggio. Nelle ore di punta, dentro al chiosco di pochissimi metri quadri ci stanno in quattro e lavorano a un ritmo forsennato. I ruoli sono ben definiti: c’è chi prende l’ordine, chi frigge patatine o falafel, chi taglia il kebab dallo spiedo e lo impila sulla piastra per cuocerlo più velocemente e fargli fare la crosticina, e chi infine assembla il panino.
Velocità ed efficienza sono tali che nel giro di un minuto da quando si è piazzato l’ordine ci si ritrova in mano un panino perfetto. Capita spesso che i clienti si stupiscano della bontà del panino tanto quanto della velocità con cui l’hanno ricevuto.
Pochi ingredienti
Gli ingredienti sono pochi e freschi: alla carne del kebab – un misto di vitello e tacchino – è aggiunta solo insalata, pomodoro, cipolla, salsa yogurt fatta in casa ed eventualmente l’harissa. Nulla di molto diverso dagli altri kebab, si potrebbe pensare, eppure il panino ha una marcia in più: sarà la qualità della carne, il fatto che il pane viene leggermente unto all’interno e tostato per qualche secondo sulla piastra incandescente, oppure la salsa yogurt fatta rigorosamente in casa.
Ma la vera e propria specialità della casa – ci tiene a sottolineare Bujamin, uno dei gestori del chiosco – sono i ćevapčići, le polpette di carne di manzo o agnello speziate tipiche della penisola balcanica.
La famiglia Azizi è infatti originaria della Macedonia, e un quarto di secolo fa ha portato con orgoglio uno dei più famosi piatti della sua terra in Trentino-Alto Adige.
Il padre di Bujamin, Behar, ha aperto la Bottega insieme al fratello Rafiq nel 1998, quando ancora nella regione più a nord d’Italia i ristoranti stranieri si contavano sulle dita d'una mano e di kebab non c’era traccia. Un’impresa audace, visto che tra le montagne del Trentino fino a pochi decenni prima non erano diffusi nemmeno piatti e ingredienti italiani non autoctoni. Parlando con chi è nato a Trento e dintorni tra gli anni Quaranta e Cinquanta, è facile sentirsi raccontare come olio d’oliva e pizza fossero merce rarissima almeno fino agli anni Settanta. La famiglia Azizi è un vero e proprio esempio di come coraggio e voglia di far scoprire le proprie tradizioni a un popolo straniero possano riscuotere notevole successo.
Senza dover per forza romanticizzare storia e motivazioni dei fondatori della Bottega, però, si può dire che ciò che li ha spinti ad aprire un’attività al tempo così rivoluzionaria sia stata anche la mera necessità di lavorare cucinando ciò che amava e sapeva fare al meglio. Behar Azizi è arrivato in Italia all’inizio degli anni ‘90 dopo aver lavorato per 15 anni come cuoco in un ristorante di ćevapčići in Bosnia Erzegovina.
Per qualche anno ha continuato a fare il cuoco a Bolzano, poi ha deciso di aprire con il fratello la Bottega del Kebab nel capoluogo trentino. La tenacia ha fatto il resto: negli anni, i suoi panini sono diventati una vera e propria istituzione cittadina e il locale ha ormai acquisito un’aura quasi storica.
Oggi la famiglia Azizi vende 350 panini al giorno e ha aperto anche un bar a fianco al chiosco. I clienti sono quasi tutti affezionati, o lo diventano appena provano un panino la prima volta – sostiene Bujamin. A contribuire al successo ci ha pensato anche l’università, dato che i clienti più assidui sono gli studenti.
Da quando, nel 2013, la generazione successiva a quella di Behar e Rafiq ha preso in mano il locale, la Bottega si è rifatta il look e ha deciso di tenere aperto fino all’una di notte durante la settimana e le cinque nel week-end. Una decisione che ha attirato ancor più la clientela di studenti universitari in cerca di uno spuntino notturno dopo una serata con gli amici.
Trento è una città universitaria relativamente giovane. L’ateneo è stato fondato nel 1962, ma grazie agli ingenti investimenti della provincia autonoma è ben presto riuscito ad affermarsi a livello nazionale e piazzarsi stabilmente nelle prime posizioni delle classifiche che indicano le migliori università. Nel corso degli ultimi decenni, l’affermazione della piccola città di montagna come importante polo universitario ha contribuito a cambiarne il volto. Gli studenti sono circa il 15 per cento della popolazione e la loro presenza ha avviato ormai da anni il dibattito sulla necessità di trovare spazi per la vita notturna.
Unica alternativa
Nessuna amministrazione, fino ad ora, è riuscita a risolvere del tutto il problema. E infatti, “che noia” è la risposta più frequente quando si chiede l’opinione di uno studente fuori sede in merito alla vita notturna in città. Il massimo del divertimento, a parte qualche grande evento organizzato in pochi week-end dell’anno, sono le feste in casa di amici.
È vero che in una città di piccole dimensioni sarebbe irrealistico aspettarsi grandi eventi ogni fine settimana, ma a Trento anche i pochi concerti o dj-set durano, con rare eccezioni, al massimo fino a mezzanotte. Ecco che la Bottega del Kebab giunge in soccorso di chi, a quell’ora o ancora più tardi, non ha alcuna intenzione di ritirarsi sotto le coperte.
A Trento, è quasi l'unico posto dove trovarsi a fare due chiacchiere e mangiare un panino fatto come si deve dopo una certa ora della notte. È ovvio, due chiacchiere e un kebab non potranno mai far divertire come un concerto o una discoteca, ma forse riescono a far sentire un po’ più vivi gli studenti di una piccola città universitaria di montagna. Può capitare, racconta Bujamin sorridendo, che la clientela notturna assuma comportamenti un po’ “esagerati”, ma, forse anche grazie alla pacata fermezza dei titolari, l’atmosfera rimane sempre rilassata. La Bottega sembra un po’ un angolo di grande città e forse, per un attimo, illude chi la frequenta di trovarsi a Milano, Roma o Berlino, o forse no.
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