Dalla Chemex alla Cuccumella, tutte le varianti di un’abitudine che è tanto una scusa per incontrarsi quanto una merenda che colma l'horror vacui alimentare dello spazio tra il pranzo e la cena. Il caffè ha tanti volti, ecco come gustarli al meglio
Tra un pasto veloce e una cena ancora lontana, può capitare di trovarsi a metà pomeriggio in quella terra di nessuno, che assume i contorni di un viaggio in un deserto alla ricerca di un’oasi. Le lunghe ore si dilatano e lasciano spazio a una sensazione di vuoto temporale e allo stomaco. È il momento di uno spuntino, di una merenda, di una pausa per bere e mangiare qualcosa. La consuetudine del tè delle cinque è nata nell’Inghilterra dell’Ottocento per colmare proprio questo horror vacui alimentare.
Una tazza di tè nel pomeriggio, magari con una fetta di torta, placava l’appetito e accompagnava verso la cena con minor impazienza. Un’abitudine antica, che si è smarrita nel tempo sempre più accelerato della società moderna.
Anche all’ombra del Big Ben, i ritmi frenetici della City hanno ormai confinato la pausa del tè delle cinque a un lontano ricordo o un raro privilegio. Ai giorni nostri, l’antico rituale ha mutato la sua natura e si è trasformato in una pausa breve, conservando tuttavia il carattere di una piacevole abitudine quotidiana.
Se il tè rappresenta la tradizione, alle latitudini mediterranee, la bevanda più diffusa è il caffè. Già, ma quale caffè? La scelta dipende dalle preferenze, dalla situazione e dal mood con cui affrontiamo quest’intermezzo. Ogni tipologia di caffè rivela non solo un gusto personale, ma anche un’attitudine psicologica e una filosofia di vita.
La frenesia dell’espresso
L’espresso è il caffè di chi non può perdere tempo. Ogni distrazione dal lavoro o da una qualsiasi occupazione sottrae minuti preziosi alla propria attività. Per chi abbraccia quest’etica intransigente e calvinista, la pausa per un caffè è considerata un’interruzione, necessaria, ma da sbrigare più velocemente possibile.
Il caffè preferito sarà l’espresso, anche nel significato etimologico della parola: immediato nella preparazione e rapido da bere. Nella casa di una persona che segue questa filosofia troverete sicuramente una macchina per l’espresso con cialde subito pronte all’uso, si spera compostabili e non in plastica. In questo caso siamo più nel campo della necessità fisiologica da soddisfare nel minor tempo possibile, che in quello di un piacevole intermezzo.
Chi ha quest’attitudine caratteriale, per solito beve il caffè senza neppure sentirne il profumo, d’un fiato, quasi fosse un’amara medicina. Un gesto sincopato, necessario ed essenziale, che lascia spazio solo all’esigenza fisica di un rapido ristoro.
La tradizione della Moka
Quando nel 1933 Alfonso Bialetti inventò la Moka Express, non poteva certo immaginare di rivoluzionare le abitudini degli italiani e di dar vita a una vera e propria icona dello stile di vita del nostro paese. Questa ingegnosa macchinetta ha dato al caffè espresso una dimensione casalinga. Il lento borbottare e l’aroma che si diffonde per casa, sono una sorta di abbraccio confortevole che accompagna le giornate.
La Moka rappresenta la tradizione, il caffè quotidiano per eccellenza. Chi ama prendersi una pausa pomeridiana con la Moka è disposto a fermarsi un attimo e a dedicare un po’ di tempo alla preparazione della bevanda.
La scelta della miscela, il caffè adagiato nel filtro in modo soffice o lasciando una piccola montagnetta, sono tutte attenzioni che rientrano già in un modo diverso di vivere questo momento. La fiamma bassa, il tempo dell’attesa, fanno parte di rito, che pur scivolando nel gesto quotidiano, conserva il valore di una piccola coccola.
La nostalgia della Cuccumella
Se la Moka Express rappresenta il caffè di casa della modernità, della pragmatica efficienza industriale, la Cuccumella napoletana è il simbolo dell’arte del caffè, della manualità artigianale e della nostalgia per il passato. La Cuccumella è un piccolo gioiello di meccanica. Rispetto alla Moka non ha la guarnizione in gomma che va sostituita periodicamente.
Tutte le componenti sono in metallo, praticamente eterne e senza alcun bisogno di manutenzione. La preparazione ricalca quella della Moka, ma la Cuccumella va seguita con maggior attenzione. Un piccolo sbuffo ci avvisa che l’acqua comincia a bollire.
È arrivato il momento di spegnere il fuoco e girarla sottosopra, avendo l’accortezza di coprire il beccuccio con un cuppetiello per non far uscire gli aromi. La Moka spinge il vapore a salire verso il caffè, mentre la Cuccumella fa scendere lentamente l’acqua per gravità.
Una modalità d’estrazione più dolce e a una temperatura più bassa, che dona un caffè morbido, meno amaro e aggressivo. L’ingegno e la sapienza artigianale napoletana al servizio di un caffè riservato a chi ama seguire tutte le fasi della preparazione con passione e cura dei dettagli. Un caffè da intenditori, da preparare e degustare con calma.
Il rituale della Chemex
La Chemex utilizza un procedimento simile alla napoletana. Si fa bollire l’acqua e poi si versa nella caraffa di vetro attraverso il filtro di carta che contiene il caffè. È un caffè in stile americano, lungo e diluito, da sorseggiare con calma.
È una bevanda da meditazione, che assomiglia più a una tazza di tè, magari da accompagnare con una lettura, una telefonata o un semplice momento di relax. Un caffè dallo spirito amabile e conviviale, come una chiacchierata con un vecchio amico.
La pazienza del caffè turco
All’estremo opposto dell’espresso c’è il caffè turco. Un caffè ispirato alla filosofia della pazienza e del giusto tempo da dedicare a un piacere della vita. Il caffè si mette direttamente nella tradizionale cezve in rame piena d’acqua. Poco prima del punto di ebollizione, la cezve va tolta dalla fiamma. Con un cucchiaino si raccoglie la densa schiuma superficiale e la si mette nella tazzina. Si ripete l’operazione tre volte prima di versare molto lentamente il caffè.
La polvere di caffè resta in sospensione nell’acqua e prima di degustare la bevanda, bisogna lasciarla decantare per qualche minuto. Pazienza durante la lunga preparazione e pazienza prima di bere. Il turco è un caffè tantrico, per chi sa apprezzare la dolce promessa dell’attesa. Una dimensione temporale che contempla un avvicinamento lento e graduale al piacere.
E a casa mia? Per i momenti di intima nostalgia c’è una vecchia Cuccumella napoletana ereditata da uno zio che da giovane visse per alcuni anni all’ombra del Vesuvio. Una Chemex per un caffè lungo, mattutino o pomeridiano e una cezve turca che uso soprattutto dopo cena, quando ci si può abbandonare con calma a un tempo dilatato e infinito, che scorre lento come il mar del Bosforo.
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