In totale sono 276 i comuni italiani sciolti per mafia dall’approvazione della legge di trent’anni fa. Al momento in Commissione Affari Costituzionali della Camera giacciono tre proposte di riforma della legge sullo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose, ma l’iter si è arenato sul finire del 2020.
Continua con la sua 27esima puntata la rubrica “Politica resiliente” curata da Avviso Pubblico, l’associazione nata nel 1996 per riunire gli amministratori pubblici che si impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica.
Da Taurianova (Reggio Calabria) e Casandrino (Napoli) il 2 agosto del 1991 fino a Trinitapoli, in provincia di Barletta – Andria – Trani, il cui scioglimento per infiltrazioni mafiose è stato decretato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 31 marzo. Nel mezzo sono stati coinvolti altri 273 Enti locali, fra Comuni e Aziende sanitarie ed ospedaliere, per un totale di 276 in trent’anni di applicazione della legge.
Il venerdì nero di Taurianova
Era il 31 maggio del 1991 quando il settimo ed ultimo governo Andreotti - con Giovanni Falcone a dirigere la sezione Affari penali del Ministero della Giustizia – emanò il decreto legge n.164 (“Misure urgenti per lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali e degli organi di altri enti locali, conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso").
Una misura di carattere straordinario, in quanto ha come diretti destinatari gli organi elettivi, incidendo direttamente sull’autonomia degli Enti locali. Oggetto di numerose modifiche nel corso degli anni, è ora compiutamente disciplinato negli articoli da 143 a 146 del Testo Unico degli Enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000.
La legge nasce come risposta ad una strage: il 3 maggio 1991, per vendicare la morte del boss Rocco Zagari, l’omonima ’ndrina organizza una mattanza coordinata che, nel giro di alcune ore, provoca almeno sette vittime fra Taurianova e dintorni, nella zona della piana di Gioia Tauro, terra in cui prospera il traffico di cocaina e dove, dal 1989, imperversa una sanguinosa guerra di mafia che ha prodotto decine di vittime. Quello che è passato alla storia come il “venerdì nero di Taurianova” fa emergere non solo lo sdegno della popolazione, ma anche i legami tra cosche e amministrazione locale, spingendo l’allora esecutivo Andreotti ad emanare la succitata legge.
Da agosto 1991 al marzo 2022 gli scioglimenti per infiltrazioni mafiose in Italia sono stati 367: questo perché dei 276 Enti locali oggetto del provvedimento dissolutorio, ben 71 hanno subito più di uno scioglimento, fino al caso estremo di Marano di Napoli, unico Comune ad essere stato sciolto per mafia ben quattro volte (1991, 2004, 2016 e 2021). È questo uno dei punti più critici della legge: l’incapacità in taluni contesti di risanare l’Ente locale, il che innesca un nuovo scioglimento – e una nuova sospensione della democrazia – dopo pochi anni.
Le mani sulla città
Di questo e di altri temi si è discusso lo scorso 29 marzo, durante la presentazione del Dossier “Le mani sulle città” di Avviso Pubblico.
«Lo scioglimento dei Comuni va letto come un tassello della strategia più ampia che lo Stato ha messo insieme negli ultimi decenni per contrastare le infiltrazioni mafiose – ha spiegato Vittorio Mete, docente di sociologia all’Università di Torino – Il primo elemento di criticità è senz’altro che questa legge ha una natura preventiva molto bassa, perché alla lunga gli scioglimenti godono di un deficit di popolarità e di consenso. Quello della legittimità percepita è un problema che dobbiamo porci, perché lo scioglimento del Comune non rimedia ad un meccanismo di raccolta del consenso che non è sano e che non si ripara in pochi mesi»
Nel Dossier è presente parte di un’analisi più ampia realizzata da Avviso Pubblico sulle relazioni prefettizie che accompagnano i decreti di scioglimento emanati nel 2021. Il cuore di questi documenti è costituito dall’analisi dei settori della vita pubblica che sono inquinati dagli interessi della criminalità organizzata.
Da una lettura complessiva emerge con chiarezza come lo scopo principale delle organizzazioni criminali, nel loro operare sul territorio, è costituita dalla ricerca di occasioni di infiltrazione nell’economia locale, attraverso l’accaparramento di appalti e la gestione di servizi pubblici: queste operano mostrando spiccate attitudini imprenditoriali, utili anche per reinvestire i proventi illeciti delle loro attività, e capacità di tessere relazioni con uno spettro di amministratori locali, a partire dalle campagne elettorali.
Il coinvolgimento dell’apparato politico e burocratico
Emblematico in questo senso è che in diversi casi le relazioni fanno riferimento a vicende di inquinamento elettorale: ciò è avvenuto, oltre che con il sostegno elettorale diretto agli esponenti prescelti, anche con intimidazioni nei confronti di altri candidati o, specularmente, con appoggi bipartisan, a dimostrazione della pervasività delle organizzazioni criminali. Gli accordi raggiunti in questa fase sono poi oggetto di puntuale attuazione una volta avvenuta l’elezione.
Le Relazioni dei Prefetti si concentrano anche sul ruolo svolto dagli Amministratori locali e dai dipendenti comunali, elencando elementi di collusione, scelte amministrative inquinate dalle organizzazioni criminali, parentele e frequentazioni con soggetti controindicati (appartenenti ai clan, a questi contigui o comunque vicini).
Nella tabella sottostante si riporta il numero di Amministratori e personale dipendente coinvolti, a vario titolo, nei Comuni che nel 2021 hanno subito un decreto di scioglimento per infiltrazioni mafiose:
Comune Amministratori locali Apparato burocratico
Ostuni | 3 | - |
Squinzano | 6 | - |
Guardavalle | 1 | 1 |
Carovigno | 3 | 2 |
Barrafranca | 8 | 13 |
Marano di Napoli | 13 | 21 |
San Giuseppe Jato | 13 | 31 |
Villaricca | 8 | 8 |
Foggia | 13 | 5 |
Noceria Terinese | 2 | 3 |
Simeri Crichi | 2 | - |
Rosarno | 4 | - |
Calatabiano | 2 | 1 |
Bolognetta | 14 | 26 |
Settori di ingerenza mafiosa
I settori della vita amministrativa comunale che risultano oggetto delle attenzioni mafiose coprono in buona sostanza l’intero spettro delle competenze comunali: questo mostra che le attitudini imprenditoriali mafiose sono in grado di coprire ambiti e settori che sono i più diversi tra loro, a seconda delle occasioni di arricchimento e di riciclaggio del denaro.
Nella tabella che segue si elencano i settori più ricorrenti, indicando per ciascuno di essi i riscontri nelle relazioni prefettizie analizzate.
Settore N° di riscontri nelle relazioni
Abusivismo edilizio | 5 |
Beni confiscati | 8 |
Edilizia residenziale pubblica | 4 |
Rete idrica | 2 |
Servizi cimiteriali | 3 |
Settore edilizio/Urbanistica | 10 |
Tributi locali | 10 |
Verde pubblico | 2 |
Rifiuti solidi urbani | 5 |
Oltre ad edilizia ed urbanistica, che accentrano com’è facile immaginare molti interessi della criminalità organizzata, sono particolarmente presenti anche gli illeciti relativi agli ambiti:
della riscossione dei tributi locali (il disordine amministrativo che viene riscontrato nelle relazioni prefettizie sul tema si accompagna a situazioni debitorie che caratterizzano sia gli esponenti dei clan sia alcuni amministratori);
della gestione dei beni confiscati (generalmente abbandonati);
dell’affidamento e gestione dei rifiuti solidi urbani (un settore che, come noto, attira da anni gli appetiti mafiosi);
dell’abusivismo edilizio (con una sostanziale inerzia amministrativa, specialmente nell’ultima fase, decisiva, delle demolizioni).
La riforma: se non ora quando?
Al momento in Commissione Affari Costituzionali della Camera giacciono tre proposte di riforma della legge sullo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose. Dopo un inizio promettente, con numerose audizioni svolte, l’iter si è arenato sul finire del 2020.
Solo di recente, nella seduta del 17 marzo scorso, il relatore della legge ha fatto presente che è in corso di svolgimento una interlocuzione con i gruppi e con i deputati che hanno presentato le proposte di legge in esame, al fine di raccogliere spunti utili in vista fine dell’elaborazione di un testo unificato condiviso, finalizzato a migliorare la normativa relativa agli scioglimenti, in particolare per adeguarsi alle evoluzioni giurisprudenziali, senza modificare la ratio, di natura preventiva, della disciplina vigente.
Diventa vieppiù necessario che, prima del finire dell’attuale legislatura, il Parlamento si impegni ad approvare un Ddl di riforma. A maggior ragione se pensiamo che il Paese è chiamato a ripartire grazie ai fondi del cosiddetto Pnrr e che quel fiume di denaro sarà in buona parte gestito proprio dai Comuni.
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