Esiste una nota di credito della società Fremantle risalente al 2023 di cui nessuno sapeva niente. Un macigno per la nuova gestione, che deve già fronteggiare un calo dei ricavi
Un bilancio, con una sorpresa milionaria, ha accolto il nuovo consiglio di amministrazione di Cinecittà. La società del ministero dell’Economia, ma che offre servizi al ministero della Cultura, rischia di dover rifare i conti.
La scoperta riguarda una nota di credito di 3 milioni di euro, risalente alla fine del 2023, per la società Fremantle, a cui sono stati destinati vari sconti per spazi e scene. Secondo quanto è in grado di svelare Domani, alla chiusura del bilancio dello scorso anno, il documento fiscale – che è la modifica di una precedente fattura – non era stato reso noto dall’amministratore delegato, Nicola Maccanico, dimessosi a giugno scorso dopo essersi insediato ad aprile 2021 con il governo Draghi.
Non risultano comunicazioni al cda, formato per buona parte dagli stessi componenti attuali – nel caso specifico la presidente Chiara Sbarigia e i consiglieri Giuseppe De Mita e Isabella Ciolfi – che comunque non escono bene dalla vicenda. Tutto sarebbe passato sopra le loro teste e non se ne sarebbero accorti.
Questione non nota
Da qualche settimana, invece, è spuntata la nota di credito che inevitabilmente ricade sulla nuova gestione, affidata alla ad Manuela Cacciamani. Una rivoluzione in salsa leghista, sotto l’egida della sottosegretaria Lucia Borgonzoni, che ha la delega sul cinema e vanta già un solido asse proprio con la presidente Sbarigia.
La fedelissima di Matteo Salvini conta nel cda anche sulla presenza di Ciolfi, dirigente nel Lazio e già collaboratrice dei sottosegretari Claudio Durigon e Federico Freni.
Solo il 29 maggio il direttore finanziario della società ha aggiornato su questo tema gli organi dirigenziali. Puntualizzando che la nota non è stata contabilizzata.
Un comportamento che non è certo unico. Solo che nel caso di Cinecittà può comportare un ribaltamento del risultato economico, che ufficialmente parla di un utile di 1 milione e 300mila euro.
Alla luce di questa nuova documentazione si sta vagliando l’opzione di riaprire il vecchio bilancio e rivederlo, perché il risultato sarebbe di una perdita compresa tra i 700mila euro e una cifra superiore al milione di euro. La quota precisa dovrebbe essere individuata dopo la valutazione dell’impatto sulle imposte. Un compito che spetta al collegio dei revisori insieme alla società di revisione.
L’alternativa è quella di partire con questa nota di credito come una zavorra per il 2024. In via informale lo staff di Maccanico, interpellato da Domani, ha fatto sapere che la nota era a volume, quindi da emettere al raggiungimento di una certa cifra, da contabilizzare nel bilancio consolidato.
Aspetti di cui, appunto, non sarebbero stati informati gli organismi dirigenti. Su questo punto l’ex ad ha replicato con un «no comment».
Di sicuro Maccanico non ha potuto spiegare l’operazione, perché aveva rassegnato le dimissioni da amministratore delegato e direttore generale a pochi giorni dall’indicazione dei nuovi vertici, nonostante i tentativi – portati avanti negli ultimi mesi – di accreditarsi con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e con l’inner circle di Fratelli d’Italia. Il dirigente ha trovato il muro eretto dal ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e dalla sottosegretaria Borgonzoni contro la sua conferma.
Eppure i numeri dell’ultimo rendiconto sono stati presentati con toni entusiastici. «Il bilancio riporta un risultato positivo ante imposte di 1.801.917 euro e positivo al netto delle imposte di 1.300.614 euro, in linea con la previsione di budget», si legge nell’introduzione del documento.
Nella lettera di dimissioni Maccanico ha rivendicato anche: «Restituiamo all’azionista (il Mef, ndr), dato che mi rende particolarmente orgoglioso, un’azienda con un patrimonio netto che incrementa il capitale sociale iniziale di 1,2 milioni»
Primo bilancio
La crescita dell’utile è messa nero su bianco, nonostante un aumento dei costi del personale di oltre un milione di euro, anche per l’arrivo di altri dirigenti, come viene spiegato nello stesso bilancio. L’incremento dell’esborso su questa voce viene attribuito al «costo a pieno regime dei due dirigenti assunti nel 2022, un aumento di personale, una maggiore quota di straordinari rispetto al 2022 per le aumentate attività».
Esborsi che comunque avevano trovato una copertura con la chiusura in positivo. Almeno fino alla scoperta della nota di credito emessa per Fremantle.
Ma per Cinecittà i problemi potrebbero non essere finiti. I ricavi dei primi mesi del 2024 sono stati al di sotto delle aspettative: l’area commerciale ha portato a casa circa 4 milioni di euro nel primo trimestre rispetto a un target di oltre 40 milioni. Tanto che negli uffici della società di via Tuscolana è scattato, dopo la semestrale di bilancio, l’allarme su un possibile buco nei conti.
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