Domani aveva già rivelato l’ipoteca giudiziale per un contenzioso di migliaia di euro con Albergo di Russia spa. Il verdetto di condanna svela lo sfratto e l’occupazione di sei mesi di un’altra casa a via Margutta a Roma. Il ministro ai creditori: mi avete danneggiato l’immagine. Il giudice: «Un insulto alla sua intelligenza»
Appartamento da sogno in affitto, mancato pagamento degli affitti, causa e sentenza di condanna. Le avventure immobiliari di Guido Crosetto, attuale ministro della Difesa, presentano sempre lo stesso schema.
La conferma arriva dalla sentenza del tribunale di Roma, letta da Domani, riguardante il contenzioso, con seguito di ipoteca giudiziale, tra il fondatore di Fratelli d’Italia e Albergo di Russia, la spa che gestisce e possiede immobili di pregio in centro storico a Roma, proprietaria peraltro sia del celebre marchio Hotel de Russie sia del palazzo Lucernari, realizzato dall’architetto Giuseppe Valadier, che ospita l’albergo conosciuto in tutto il mondo per il suo lusso e la sua storia.
Questa storia inizia a dicembre 2011, un mese dopo la caduta del governo di Silvio Berlusconi, con Crosetto sottosegretario alla Difesa. Terminata l’esperienza governativa, l’onorevole sceglie un immobile di lusso dove trascorrere la sua permanenza romana, a pochi metri da piazza di Spagna. Dimora di pregio: centosessantasette metri quadri divisi in quattro vani con un’ampia terrazza nella centralissima via Margutta, a pochi metri dal suo hotel preferito e dove ha anche alloggiato per lungo tempo all’inizio della sua vita da deputato.
Le mura dell’albergo a cinque stelle, così come il marchio, sono di proprietà della spa Albergo di Russia, la società con cui, come rivelato da Domani, Crosetto ha avuto un lungo contenzioso giudiziario. Ora possiamo rivelare i dettagli della vicenda grazie alla sentenza integrale emessa dal tribunale di Roma il 21 aprile 2016: Crosetto al tempo aveva già fondato il partito con Giorgia Meloni e da due anni era al vertice di Aiad, la lobby dell’industria degli armamenti, grazie alla quale negli anni ha ottenuto laute consulenze da alcune associate fino a prima di diventare ministro della Difesa, cioè capo del ministero con cui quelle stesse aziende si interfacciano costantemente.
La sentenza
La sentenza in questione ha condannato Crosetto, con tanto di ipoteca giudiziale da 60mila euro su una porzione di abitazione che il ministro ha in Piemonte, nella sua Cuneo. Ipoteca poi cancellata. La pronuncia del tribunale capitolino ricostruisce così una storia sorprendente: il fondatore del partito di governo non solo non ha pagato i canoni di locazione – in media 5mila euro al mese – non solo ha ricevuto ordine di sfratto per la morosità, ma dopo la sottoscrizione di una scrittura privata non ha rispettato nemmeno questa.
Dulcis in fundo, ha pure deciso di resistere in giudizio, chiedendo presunti danni ai proprietari che non pagava. Tuttavia il giudice ha riconosciuto come parte lesa la società Albergo di Russia, e il danno subito proprio a causa dei mancati pagamenti dell’attuale ministro. Una sentenza-Caporetto per il ministro delle armi.
Lo sfrattato
Tutto comincia, dunque, il 30 dicembre 2011: la spa concede in locazione, a uso abitativo, il principesco appartamento. Solo un paio d’anni dopo, però, Crosetto riceve un ordine di sfratto per morosità. «Gli viene recapitata ordinanza di convalida di sfratto per morosità emessa in data 29-3-2013», si legge nel pronunciamento. Il motivo è semplice: l’onorevole non pagava l’affitto. Ma Crosetto resiste allo sfratto, e l’Albergo che avrebbe potuto richiedere l’intervento dell’ufficiale giudiziario prova una mediazione. Permettere al politico di rimanere ancora un po’ nella casa per trovare un altro alloggio.
«Promossa l’esecuzione forzata per il rilascio dell’immobile – si legge infatti nella sentenza – le parti hanno sottoscritto una scrittura privata in data 21 febbraio 2014, con la quale la locatrice si è impegnata a non dare impulso all’esecuzione fino al 10 giugno 2014, data entro la quale (Crosetto, ndr) si è impegnato a riconsegnare l’immobile».
Con lo stesso accordo la società e il ministro sottoscrivono dunque pure una penale giornaliera di 400 euro per ogni giorno di ritardo nella consegna delle chiavi. Anche in questo caso, però, Crosetto non rispetterà gli accordi. Rimarrà nella casa di via Margutta non solo fino a giugno, ma a dicembre: in tutto 188 giorni in più. Altri sei mesi da abusivo, in pratica: continua a non pagare. Abusivo di lusso, non certo come gli occupanti senza reddito nel mirino della propaganda della destra al governo.
La firma
A questo punto l’Albergo di Russia lo porta in tribunale. Ma Crosetto decide di resistere. Difeso dall’avvocata Luciana D’Andrea dello studio Mondani, produce una memoria sorprendente: «La locatrice ha cagionato un danno all’immagine e alla reputazione personale per avere dato corso alla procedura esecutiva di rilascio e iscritto ipoteca giudiziale a suo carico», si legge nei documenti. E chiede per paradosso all’Albergo di Russia il pagamento di una somma di denaro, 50mila euro.
Tesi bocciata dal tribunale. Il giudice infatti scrive: «Va rilevato che la locatrice con l’attivazione della procedura esecutiva per rilascio e l’iscrizione di ipoteca giudiziale non ha fatto altro che esercitare i suoi diritti, per cui non ha commesso alcun illecito, né arrecato alcun danno “ingiusto”». Prima di aggiungere: «Va, in particolare, evidenziato che – mentre il conduttore non ha rispettato l’impegno di riconsegnare l’immobile “entro e non oltre il 10 giugno 2014” – la locatrice ha rispettato l’impegno assunto con la scrittura privata di transazione di non dare impulso all’esecuzione fino alla scadenza del termine del 10 giugno 2014, tant’è che il convenuto non ha precisato nella sua memoria in quali date l’ufficiale giudiziario avrebbe compiuto accessi, a suo dire, lesivi».
«Un’offesa all’intelligenza»
L’attuale ministro – per non pagare il dovuto – però aveva sostenuto anche altro: la realizzazione nell’immobile di «lavori di abbellimento». Ma anche questa volta il giudice del tribunale di Roma è chiaro: Crosetto non ha «né dedotto» né «provato» che le «riparazioni», che dice di aver sostenuto nell’appartamento, fossero «necessarie e urgenti»; inoltre «quanto “ai lavori di ristrutturazione e di abbellimento dell’appartamento, per un importo di euro 77.658,62”, che il convenuto afferma di avere eseguito a sue spese, con il consenso della locatrice, va rilevato che nel contratto di locazione è contenuta la clausola: “È fatto tassativo divieto alla parte conduttrice di eseguire interventi di qualunque natura o consistenza sulle murature interne o esterne dell’immobile o sugli impianti a servizio di esso senza la preventiva autorizzazione scritta della parte locatrice”».
E tale autorizzazione, sempre secondo il giudice, non è stata né “dedotta” né “provata” dallo stesso. «Per esse – scrive ancora una volta il giudice – non può pretendere alcun rimborso».
Ultimo tentativo del ministro è quello di disconoscere una clausola presente nella scrittura privata: «La clausola penale, che fa parte del documento, non può non ritenersi espressione della volontà dell’odierno convenuto (Crosetto, ndr), posto che essa è scritta, a chiare lettere, “nero su bianco”, nella scrittura da lui sottoscritta. Che di essa "nulla era stato detto al conduttore” (come si legge nella memoria difensiva dell’attuale ministro, ndr) è affermazione che suona offesa all’intelligenza dello stesso convenuto», è lapidario il giudice. Che così condanna al pagamento di circa 60mila Crosetto (che ottiene di pagare non i 400 euro al giorno pattuiti, ma 200 euro considerati dal giudice più equi).
Nonostante la controversia legale il ministro resta un habitué del De Russie, il cui palazzo è di proprietà della società che lo ha trascinato in giudizio, tanto da postare sui social video e foto del luogo che più ama lontano da casa. Hashtag utilizzato dal ministro? #Bellissimo.
Abbiamo chiesto un commento all’ufficio stampa di Crosetto, ma non abbiamo ricevuto risposte. Nessun commento neppure dall’avvocato di Albergo di Russia Spa.
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