Le chat agli atti dell’indagine dimostrano l’indecisione nei soccorsi e i rimpalli tra Finanza e Guardia costiera. Nei verbali dei militari ascoltati dai pm il timore di uscire in mare dopo il clima creato dal ministro leghista
«Lavoro per dei migranti». Il tenente colonnello Nicolino Vardaro, comandante del gruppo aeronavale di Taranto e indagato con altri 5 militari per il naufragio di Steccato di Cutro di febbraio 2023, giustifica, con un messaggio WhatsApp inviato a un contatto privato, il fatto di essere impegnato e dunque di non poter rispondere tempestivamente. È il caicco Summer Love, quello su cui viaggia un numero altissimo di migranti, a stravolgere i piani di chi, quella notte d’inverno, è alla catena di comando e deve intervenire per prestare aiuto a quegli uomini e a quelle donne in mezzo allo Ionio calabrese.
Nelle oltre 600 pagine di informativa, redatta dai carabinieri di Crotone, gli investigatori acquisiscono i messaggi che finanzieri ed esponenti della Guardia costiera si inviano vicendevolmente. C’è chi, dato il tono ironico utilizzato, non sembra avere contezza di quanto sta accadendo («So’ migranti», dirà Alberto Lippolis, indagato in qualità di comandante del Roan di Vibo Valentia). Chi, poi, una volta informato, replica «Pazienza». E chi, in merito agli interventi da realizzare, si lascia andare: «Quando se puede se puede».
A emergere dai messaggi è anche il “rimbalzo” di responsabilità. Quella notte infatti sembra che tutti sappiano, ma anche che nessuno abbia chiaro il da farsi. «Occorrerebbe avvisare la Capitaneria di porto e passare la palla a loro», dice un altro militare. «Sono fulminati», chiosa un altro ancora, in riferimento al corpo militare “antagonista”.
Nel frattempo muoiono almeno 98 persone, tra cui 35 bambini. Inghiottiti dall’abisso, insieme alle coscienze di tutti. Per la procura di Crotone quella strage «si sarebbe potuta evitare». D’altronde se i comportamenti degli indagati fossero stati «diligentemente tenuti» avrebbero impedito «che il caicco fosse incautamente diretto dagli scafisti verso la spiaggia di Steccato di Cutro» e che in prossimità delle coste «si sgretolasse urtando contro una “secca”, a seguito di una manovra imperita del timoniere».
Le autorità non hanno quindi impedito «l’affondamento del natante e la conseguente morte di almeno 98 persone, decedute tutte per annegamento». Nonostante ciò, dopo l’evento drammatico cioè, la guerra tra i militari continua. L’informativa lo dimostra. Per il comandante regionale delle capitanerie di porto Giuseppe Sciarrone (non indagato), «il nostro aiuto è stato rifiutato». Al contrario, secondo il finanziere Lippolis alla «Capitaneria di porto è stato chiesto un intervento», ma quest’ultima non sarebbe «mai uscita». Un vero e proprio giallo che racconta, attraverso testimonianze e altri elementi acquisiti nel fascicolo d’indagine, la confusione relativa agli interventi in mare, alle operazioni di soccorso.
Significativa è l’escussione a sommarie informazioni di Alberto Catone (anche lui non è indagato), già comandante del Roan della guardia di finanza di Vibo Valentia. «Quando sono arrivato in Calabria la Capitaneria di porto era molto restia a operare in mare in operazioni Sar laddove non c’era una situazione di conclamato pericolo. Questo aspetto dipendeva dall’approccio dell’allora ministro dell’interno balzato agli onori della cronaca con il caso Diciotti», dichiara per l’appunto Catone facendo riferimento all’episodio del 2018 circa la nave della guardia costiera italiana. Allora la Diciotti soccorse 190 migranti nelle acque internazionali al largo dell’isola di Malta. E dopo l’intervento di aiuto fu destinataria – era il 20 agosto di sei anni fa – dell’ordine di non calare la passerella per far scendere i migranti. L’ordine in questione proveniva dall’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini.
Dalle carte che fanno luce sul naufragio di Steccato di Cutro viene fuori, inoltre, un altro particolare. La Marina militare, tra il 24 e il 25 febbraio del 2023, non è stata avvisata dell’avvistamento della Summer Love su cui viaggiano i migranti. «Non pervenne in centrale nessuna comunicazione e/o evidenza di eventi Sar riconducibili a target in mare», è la dichiarazione di un funzionario del corpo menzionato. «Nessuna segnalazione (…) intendo dire anche una telefonata, una mail, un fax», continua il militare. Eppure, continua l’uomo, tutti sapevano. Lo sapeva «Frontex, la Capitaneria di porto, la Guardia di finanza». «L’Alto Comando avrà contezza dell’evento solo alle ore 09:35 di domenica 26 febbraio 2023», si legge ancora nell’informativa dei carabinieri del comando provinciale di Crotone, «a seguito di telefonata ricevuta dal Comando Sud Marina Militare (…). Si precisava, altresì, che non era stato coinvolto in nessuna attività di ricerca e/o assistenza precedente alla consumazione dell’evento e che, ricevuta la notizia del naufragio, nessuna unità della Marina si trovava in quel tratto costiero al fine di poter utilmente intervenire».
Come a dire che, anche qualora fosse stata avvertita, la Marina non avrebbe potuto cambiare il corso delle cose, il destino di quel gruppo di persone che voleva semplicemente trovare una casa lontano da casa e varcare la frontiera lasciandosi alle spalle povertà, miseria, guerra. Non è un caso infatti che la nave del corpo, la nave San Giusto, impiegata nell’operazione Mediterraneo sicuro, si trovasse a 35 miglia nautiche dall’isola di Lampedusa e quindi a 300 miglia nautiche dall’area di Cutro.
Il tavolo tecnico del 2024
Che qualcosa nella catena di comando e d’intervento sia dunque andato storto non lo pensano solo i magistrati (il pm titolare dell’indagine è Pasquale Festa) che a luglio hanno chiuso le indagini con le accuse a vario titolo di naufragio colposo e omicidio colposo (tra gli indagati oltre a Lippolis e a Vardaro ci sono altri uomini della Finanza e della Guardia costiera: Giuseppe Grillo, Antonino Lopresti, Nicola Nania, Francesca Perfido). Ciò emerge anche dal tavolo tecnico, istituito presso il ministero dell’Interno, in data 12 aprile 2024. Pertanto dopo la strage di Cutro.
L’obiettivo del tavolo è quello di modificare il decreto interministeriale del 2003, di rivedere le “regole” riguardanti le operazioni in mare. Dal verbale le parole della Guardia costiera sono inequivocabili. Non solo la Guardia costiera rileva che «il vigente decreto non sia mai stato realmente attuato nei suoi 21 anni di vita e che le attività di polizia, sia all’interno della cosiddetta zona contigua sia in alto mare, non abbiano mai visto un reale coordinamento interistituzionale da parte delle amministrazioni competenti», ma dice dell’altro. «I fatti di Steccato di Cutro», continua la Guardia Costiera, «sono considerabili a tutti gli effetti una linea spartiacque nel complesso scenario e quindi non si può accettare quale risposta dello Stato un “ritorno al passato” con modelli operativi del 2019 o ancor peggio del 2003». In altre parole: qualcosa, in termini di difesa di vite umane e aiuti, va cambiato.
A proposito di aiuti, a mezzanotte in punto del 26 febbraio 2023 arriva più di una richiesta di salvataggio alla centrale 112, al numero di emergenza. «È un cittadino straniero di sesso maschile», riporta l’informativa, «che alla specifica domanda se si trovasse su una barca rispondeva “Yes” ma in modo scarsamente comprensibile».
«Are in the water?», «Are you on the boat?», «In the sea?», le domande dell’operatore. Si susseguono altre due chiamate da parte del migrante, tutte da un numero internazionale. «Si sentivano frasi indecifrabili mentre in sottofondo solo urla». Poi la comunicazione si interrompe, il buio totale. I corpi in acqua, i corpi senza vita a 60 metri dalla spiaggia di Steccato, davanti agli occhi increduli dei pescatori che non esitano a gettarsi in mare per recuperarli. Da allora, traumatizzati, non riusciranno più a tirar su le reti.
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