Sono migliaia i video in cui i profughi raccontano il proprio viaggio. Un punto di vista personale, testimonianze intime della loro sofferenza
Mentre la barca viaggia in mare aperto, una ragazza a bordo inquadra con il cellulare prima i compagni e poi sé stessa mentre si sistema i capelli dietro le orecchie, sorri dendo. Il video è caricato sul suo profilo TikTok, dura pochi secondi ma ha raccolto numerosi commenti, tutti in arabo. Sono soprattutto auguri a raggiungere l'Italia, incoraggiamenti e preghiere affinché tutto vada per il meglio. Contenuti di questo tipo sui social sono migliaia e rappresentano uno dei modi attraverso cui i migranti scelgono di raccontare il proprio viaggio verso l'Europa.
L'uso di tag ricorrenti come “harga” – parola colloquiale del nord Africa per indicare la traversata del Mediterraneo – permette di risalire a centinaia di video che mostrano barche e gommoni, spesso sovraccarichi, che viaggiano verso le coste di Italia, Spagna e Francia . In molte riprese c'è spazio per i sorrisi ei segni di vittoria fatti con le dita, vengono inquadrati i compagni di viaggio che esultano e le taniche di benzina che impiegano il poco spazio che resta a disposizione tra i passeggeri senza bagagli. In altri casi i video non fanno sconti e mostrano situazioni di pericolo, gommoni che imbarcano acqua e ragazzi che si sbracciano, sventolano le magliette e urlano in cerca di aiuto.
Sul proprio account ogni migrante racconta la sua esperienza ponendo l'accento su dettagli diversi: c'è chi si inquadra con il giubbotto di salvataggio e la scia lasciata dal motore alle spalle, chi filma i delfini a prua e chi altre barche in lontananza. Le emoji delle bandiere inserite in sovraimpressione permettono di intuire la provenienza, ma continuando a cercare sui loro profili pubblici si trovano video con mappe che riportano il viaggio intrapreso e la destinazione sperata, alcune dediche alle persone lasciate indietro e qualche informazione sulla rotta.
Testimonianza intima
Quella delle persone migranti sui social è una testimonianza alternativa con un punto di vista intimo a un fenomeno raccontato principalmente dall'esterno, ma anche un messaggio diretto a parenti e amici per rassicurarli, mostrando un'immagine del viaggio intorno che spesso non rivela affatto le difficoltà incontrate. Di mezzo c'è la necessità di sollevare chi resta dall'altra parte del Mediterraneo dalle preoccupazioni, ma anche di rispondere alle aspettative che la comunità di appartenenza ripone in chi parte, soprattutto dal punto di vista economico. Anche per questo motivo, lo spaccato di vita mostrato nelle stories prosegue dopo lo sbarco senza menzionare i problemi incontrati. Chi arriva sulle coste del sud Italia documenta la vita nei centri di accoglienza,Il racconto cambia se ci si sposta sulla rotta balcanica. In questo caso gli autori dei video sono per lo più afghani, bengalesi e pakistani e il loro viaggio si snoda principalmente attraverso i boschi dell'est Europa, tra camminate estenuanti su sentieri accidentati, violenze e respingimenti da parte delle forze di polizia, inseguimenti e controllo dei loro spostamenti tramite telecamere termiche e droni. I migranti chiamano questo percorso il “gioco” riferendosi a tutto ciò che affrontano nei loro tentativi di entrare nei confini europei.
«Sulla rotta balcanica incontriamo soprattutto ragazzi giovani, abituati a usare TikTok nella loro quotidianità. Per questo non filmano solo il “game” o il loro trasporto sui furgoni verso la frontiera, ma anche se stessi in qualsiasi situazione. Quando sono ai giardini in Bosnia fermi ad aspettare al confine, per esempio. Si tratta in parte di un modo per alleggerire momenti di tensione, ma anche di video che possono diventare fonte di denuncia» dice Giulia Moretto, attivista dell'ong per i diritti umani No Name Kitchen.
Come nelle riprese sui barconi, in questi filmati i sorrisi e la voglia di sdrammatizzare non mancano, ma secondo l'attivista «anche se su TikTok il “game” può essere mostrato con leggerezza, lo stato emotivo di chi sta dietro lo schermo nella maggior parte dei casi è pessimo». Intanto, nei commenti, le persone si scambiano dettagli sul tragitto. In alcuni casi il passaggio di informazioni è molto dettagliato: compaiono i cartelli stradali dei luoghi attraversati, riferimenti ai tempi di percorrenza, alle condizioni meteorologiche e alla sicurezza del percorso.
In assenza di indicazioni affidabili sulle rotte migratorie, i social media rappresentano di fatto uno spazio informale dove chi si sposta può condividere consigli su come viaggiare e chi contattare.
Io passeur
Su TikTok, tra video di utenti che affrontano l'inverno bosniaco con una coperta addosso, notti all'addiaccio sdraiati su un pavimento di foglie e attraversamenti di recinzioni di filo spinato, ci sono anche testimonianze di “ passeur ” .
“ Dalla Bosnia all'Italia taxi totale sicuro e buon prezzo ” recita uno dei video che mostra l'interno di un'auto mentre percorre una strada al buio. È uno dei casi in cui i trafficanti offrono passaggi ai migranti per attraversare le frontiere in cambio di denaro. Se il tragitto avviene con l'accompagnamento di una guida a piedi, su un furgone insieme ad altri passeggeri o con un autista privato il costo cambia. In un video, una decisione di ragazzi e ragazze con degli zaini in spalla escono da un furgoncino che li scarica nel luogo in cui il loro viaggio deve proseguire a piedi.
I video che promuovono servizi di trasporto di questo tipo parlano pubblicamente dell'inizio del “gioco” e ne documentano passo dopo passo le varie tappe. Dal caricamento dei migranti sul furgone fino al punto di arrivo, dove i passeggeri ripresi dal “passeur” si presentano, dichiarano che il loro viaggio è andato bene e che hanno raggiunto la destinazione prevista. Spesso però l'arrivo promesso alla non è garantito e in alcuni casi i passeggeri subiscono violenze durante il trasporto. L'ultimo caso riguarda alcuni trafficanti individuati dalla procura di Trieste come responsabili di aver picchiato i propri passeggeri e di aver somministrato sonniferi ai bambini che viaggiavano con loro per evitare i controlli durante il percorso verso l'Italia.
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