Il giorno degli interrogatori, gli indagati prendono tempo e rilasciano dichiarazioni spontanee in cui si dichiarano estranei ai fatti
Si è avvalso della facoltà di non rispondere l’ex poliziotto Carmine Gallo, finito agli arresti nell’inchiesta della procura di Milano sui presunti dossieraggi. Davanti al gip Fabrizio Filice Gallo ha però fatto dichiarazioni spontanee in cui ha ribadito di essere un «servitore dello Stato» e di non essere «un infedele».
«Ribadiamo che Gallo non ha nessuna volontà di sottrarsi al contraddittorio con l’autorità giudiziaria – dicono i legali Antonella Augimeri e Paolo Simonetti – L’esercizio del diritto al silenzio quale corollario del principio “Nemo tenetur se detegere” (nessuno è obbligato a rivelarsi, nda) risponde all’esigenza di poter istaurare un proficuo confronto con gli inquirenti solo in un momento storico in cui le parti processuali hanno piena cognizione di tutti gli atti».
Sempre nel corso delle dichiarazioni spontanee l’ispettore in pensione, tra gli “spioni” di via Pattari 6 secondo gli inquirenti, ha quindi «anticipato l’intenzione di confrontarsi con i capi di incolpazione non appena avrà un quadro completo e chiaro delle attività inquirenti».
La stessa linea è stata scelta da Samuele Calamucci, altro “esponente” della centrale di dossieraggio in base a quanto emerge dagli atti. Il suo interrogatorio è durato dieci minuti. Calamucci ha anche chiarito «che talune delle contestazioni che gli vengono sollevate, anche indirettamente attraverso notizie apprese dagli organi di stampa, sono empiricamente non realizzabili».
Non hanno rispondo al giudice neanche Giulio Corneli e Massimiliano Camponovo, arrestati per associazione a delinquere e accesso abusivo a sistema informatico insieme a Gallo e a Calamucci. Tuttavia nelle dichiarazioni spontanee rilasciate si sono dichiarati estranei ai fatti.
In particolare Camponovo, assistito dall’avvocato Roberto Pezzi, avrebbe anche detto di “essere preoccupato, di temere” per la propria “incolumità” e di aver “percepito che dietro al sistema ci fosse qualcosa di oscuro”.
In base a quanto si apprende Malerba, difeso dal legale Pietro Romano, appena sentito dal gip, sarebbe stato l’unico a parlare e a rispondere, ammettendo le contestazioni.
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