La legge in discussione al Senato introduce il carcere per chi blocca le strade «con il proprio corpo». È una misura contro gli eco attivisti che strizza l’occhio a tassisti e contadini, che protestano in auto o con i trattori. Ma loro non si sentono protetti. Sacco (Unione dei radiotaxi): «Pure noi a volte manifestiamo a piedi». Calvani (Cra agricoltori traditi): «Se cercheranno di fermarci reagiremo»
Pene più severe per chi protesta, dagli attivisti per il cambiamento climatico a lavoratori e manifestanti contro il Ponte sullo Stretto. Ma un occhio di riguardo per le categorie amiche: trattori, tassisti e camionisti. Il ddl Sicurezza, approvato alla Camera e ora in discussione al Senato, limita pesantemente molte forme di dissenso, con un impianto all’insegna del populismo penale. E introduce anche il carcere per chi blocca la circolazione stradale «con il proprio corpo», lasciando sullo sfondo chi manifesta con altri mezzi.
Una norma contra personam
Che il ddl voluto da Giorgia Meloni e dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, preveda norme contra personam non è una novità. L’articolo 10 prevede il reato di «occupazione di immobile destinato a domicilio altrui», anche in risposta al dibattito sull’occupazione delle case innescato dall’eurodeputata Ilaria Salis. E l’articolo 24 inasprisce le pene per l’imbrattamento di beni pubblici, compresi statue e monumenti, come successo più volte in casi legati alle proteste ambientaliste.
Lo stesso vale per l’articolo 14, che trasforma da illecito amministrativo a illecito penale la condotta di chi interrompe il traffico stradale o ferroviario. «Per chi fermava la circolazione con il suo corpo era prevista una multa da mille a 4mila euro. Ora si introduce la pena di un mese di reclusione, che aumenta fino a due anni se il fatto è commesso da più persone», dice la giurista Vitalba Azzollini. La fattispecie di reato è ritagliata su misura sulle forme di protesta messa in atto dagli attivisti climatici, da Ultima generazione a Extinction rebellion.
«Al di là del merito, il fatto che siano ben riconoscibili gli obiettivi del ddl rende la legge molto criticabile: le norme dovrebbero avere carattere generale e non essere dirette a categorie specifiche di persone – nota Azzollini – Inoltre si attenta al principio della certezza del diritto, con il rischio che non si riesca a capire se una persona è stata sanzionata per questa norma o per il decreto Sicurezza del 2018, che già aveva reso reato bloccare la strada con congegni o altri oggetti».
Proteste meno pericolose?
Ma il ddl Sicurezza rischia di essere anche una norma ad personam, che evita di colpire direttamente altre categorie che spesso protestano. Nella legge, infatti, l’arresto per blocco stradale è previsto per chi ostruisce il passaggio «con il proprio corpo». Non è invece menzionato chi i blocchi stradali li fa con altri mezzi, come può essere un’automobile o magari un taxi. O anche un trattore, come avvenuto nei mesi scorsi con le proteste degli agricoltori.
«Se il traffico si blocca e si tratta di un trattore, l’illecito penale non si andrebbe a configurare. Ma in una protesta a piedi invece sì», ha denunciato Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone. Ciò aprirà largo spazio per l’interpretazione dei giudici, dato che non è scontato stabilire quando si protesta con il corpo e quando no. In ogni caso, una norma pensata contro le proteste pacifiche finisce per lisciare il pelo alle lobby vicine al governo. A differenza dei sit-in degli eco attivisti, infatti, quelli dei trattori e dei tassisti sono stati sopportati (o anche supportati) dall’esecutivo guidato da Giorgia Meloni.
«I tassisti sono danneggiati»
Una categoria che rappresenta un tradizionale bacino di voti per la destra (soprattutto a Roma) è quella dei tassisti, da sempre impegnati contro l’aumento delle licenze e la liberalizzazione del settore. E protagonisti di manifestazioni anche contro il governo Meloni. Ne è un esempio il corteo dello scorso maggio, quando diverse sigle bloccarono il traffico e cercarono di raggiungere palazzo Chigi. Fu il punto più basso del rapporto con i partiti di destra, fino ad allora sostenuti in occasione delle elezioni.
Il ddl Sicurezza non li prende di mira direttamente, ma i tassisti si sentono comunque colpiti: «Dato che abbiamo un passato vivace, potremmo rientrare nell’applicazione della norma. Pure noi a volte manifestiamo a piedi, come al corteo di maggio in via del Corso. Però può essere un deterrente per le proteste in cui ci sono dei facinorosi – dice Walter Sacco, referente regionale per il Lazio dell’Unione dei radiotaxi (Uri) – Capisco il governo, ma la legge costituisce un limite per tutti. Oggi tocca agli ambientalisti, ma magari domani tocca a noi».
Certo è che la norma è stata voluta dai partiti che in passato più hanno compreso le istanze dei tassisti. La stessa Uri è capeggiata da Loreno Bittarelli, candidato al Senato con il Pdl nel 2008 e poi con FdI nel 2013. Con la destra al governo i rapporti si sono però raffreddati e oggi le auto bianche non vedono misure a loro favore: «Meloni e Salvini ci hanno capito finché erano all’opposizione, ora molto meno. C’è una campagna contro di noi da parte di giornali e tv e il governo deve dare qualche briciola ai cani che abbaiano», aggiunge Sacco.
I tassisti ci tengono poi a marcare le distanze con gli attivisti per il clima. «I nostri metodi sono diversi, noi siamo contrari a bloccare del tutto la circolazione: lasciamo sempre lo spazio per far passare ambulanze e forze dell’ordine – rivendica Sacco – Anche durante gli scioperi, se c’è un disabile o una persona anziana li aiutiamo gratuitamente e portiamo i bambini malati che devono andare al Bambin Gesù. E poi gli attivisti spesso sono violenti, con quella loro vernice contro i monumenti».
«Noi trattori risponderemo»
Un altro gruppo “accarezzato” dal governo è quello degli agricoltori; il popolo dei trattori che a inizio anno manifestava contro le misure per rendere più sostenibile il settore primario. Le loro proteste, partite da Francia e Germania per poi raggiungere l’Italia, prevedevano blocchi stradali con i trattori, fino al ritrovo di cento mezzi agricoli alle porte di Roma, nei pressi del Grande raccordo anulare. Con il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, schierato a fianco di chi paralizzava i caselli autostradali.
Tra i leader della rivolta c’era Danilo Calvani, l’agricoltore di Latina già leader dei Forconi dieci anni fa e che alle richieste di nuove politiche per il settore agricolo aggiunge slogan populisti e antisistema. Saldandosi anche con il movimento no-vax, che manifestava contro l’obbligo di green pass sui luoghi di lavoro. La protesta dei trattori, del resto, contava su diverse anime, con gruppi apertamente critici con Calvani tra cui Riscatto agricolo, il movimento guidato dal toscano Salvatore Fais.
Anche se la legge colpisce chi manifesta con il corpo, gli agricoltori non si sentono garantiti: «Noi saremmo favoriti? Ma è ridicolo! Quando protesti non stai 24 ore su 24 sul trattore: vai nelle piazzole, nei presìdi. Cosa vogliono fare, arrestarci quando mettiamo un piede a terra? – dice oggi Calvani, che è alla guida di Cra agricoltori traditi – A Roma fanno leggi per tagliare i controlli a chi fa frodi e attaccano noi che siamo vittime. La norma viola i diritti dei cittadini e va rivista, noi ci faremo sentire».
Eppure il ddl è opera di una maggioranza che fino a ieri è andata incontro alle richieste dei contadini. Per questo c’è un occhio di riguardo nei loro confronti, comunque percepito come un tradimento: «Noi rapporti con il governo non ne abbiamo, Lollobrigida è meglio se sta zitto e la Coldiretti è un mezzo disastro – conclude Calvani – Le nostre proteste non si sono sgonfiate, abbiamo creato un coordinamento nazionale e presto annunceremo nuove iniziative. E se cercheranno di fermarci non ci fermeremo».
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