Giulio Giuli (Ultima Generazione): «Un disegno di legge cucito su di noi che però andrà a impattare anche su altre categorie e sul diritto di manifestare». Cesare Antetomaso (Giuristi Democratici): «Questo è un governo che si regge sul diritto penale dell’amico, come per l’abuso d’ufficio, e su quello del nemico, quando interviene sul dissenziente»
Durante il Question time alla Camera dei deputati il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è stato chiaro: il nuovo reato di blocco stradale previsto dal Ddl Sicurezza si applicherà anche agli scioperi e ai picchetti davanti alle aziende. Ma questa non è l’unica misura di «criminalizzazione del dissenso» che opposizioni, sigle sindacali e diverse associazioni contestano.
Perché – questa è la tesi di chi è sceso in piazza il 25 settembre a Roma e in tante altre città italiane – l’impianto del nuovo disegno di legge, che a breve inizierà il suo iter al Senato dopo essere stato approvato dall’aula di Montecitorio, punta a silenziare qualsiasi forma di contestazione: degli ecoattivisti, dei lavoratori, di chi si oppone alle grandi opere.
La stretta contro gli ecoattivisti
Leggendo il testo del Ddl sicurezza salta subito all’occhio come una delle categorie che più verranno coinvolte dalle nuove disposizioni volute dal governo saranno gli attivisti climatici che, negli ultimi anni, hanno usato principalmente due strumenti per far sentire la propria voce: il blocco non violento della circolazione del traffico e i blitz con vernici (perlopiù lavabili) contro edifici pubblici e opere d’arte.
Il disegno di legge presentato dai ministri Piantedosi, Nordio e Crosetto introduce un nuovo reato, il blocco stradale, laddove fino a oggi era solo un illecito amministrativo punito con una multa da mille a 4mila euro. Se dovesse passare questa stretta si prevedrebbe un mese di carcere per chi impedisce, con il proprio corpo, la circolazione su una strada. Con un’aggravante: se il blocco è commesso insieme ad altre persone la pena della reclusione può andare da sei mesi a due anni.
E poi ci sono gli imbrattamenti e la previsione di ampliare un reato già presente nel nostro codice penale – il «deturpamento e imbrattamento di cose altrui» – quando è commesso contro «beni mobili o immobili adibiti all’esercizio di funzioni pubbliche» e «con la finalità di ledere l’onore, il prestigio o il decoro dell’istituzione cui il bene appartiene». In questo caso sarebbe previsto il carcere da sei mesi a un anno, oltre a una multa fino a 3 mila euro.
«È evidente che questa norma è stata cucita su di noi», denuncia Giulio Giuli, attivista di 60 anni di Ultima Generazione che segue le questioni legali dell’associazione. «Ma la cosa grave è che così si vanno a colpire molte altre categorie. Si sta andando incontro a una forte limitazione del diritto di manifestare», continua.
Già da tempo nei confronti degli attivisti per l’ambiente sono state varati provvedimenti limitativi delle loro attività: «Con il cosiddetto Ddl “ecovandali”, approvato lo scorso gennaio, si prevedevano aumenti di pena e sanzioni amministrative altissime. Abbiamo un nostro attivista che ha attaccato volantini con lo scotch e si è visto dare una multa da 60 mila euro – spiega Giuli –. Si interviene su reati che già esistevano, come l’imbrattamento e il danneggiamento. Con il Ddl sicurezza si è scelta una strada diversa e assolutamente sproporzionata».
Dello stesso parere è Cesare Antetomaso, avvocato di Giuristi Democratici che lo scorso anno, insieme ad altri 100 legali, ha firmato un appello contro la «criminalizzazione di chi manifesta per il clima» e che difende tre attivisti che il 2 gennaio hanno imbrattato la facciata del Senato: «Questo è un esecutivo che si regge sul diritto penale dell’amico, come sull’abolizione dell’abuso d’ufficio, e su quello del nemico, quando interviene sul dissenziente».
Per Giuli di Ultima Generazione c’è però qualcosa di positivo: «Ora ci sono realtà antagoniste che finora non si erano mai parlate e che, di fronte a questo Ddl, stanno iniziando a far rete – spiega –. La prima iniziativa sarà il 14 ottobre a piazzale Clodio, davanti al tribunale di Roma, quando ci sarà un’udienza per un nostro attivista, Giacomo Baggio, che rischia due anni di sorveglianza speciale durissima». Una misura che era già stata richiesta (e poi bloccata) per un altro attivista, Simone Ficicchia, e che di solito si applica agli imputati per mafia, terrorismo o reati simili.
La stretta del governo impone inevitabilmente, nell’associazione, una riflessione sui metodi di lotta da seguire in futuro: «Il dibattito senz’altro c’è e dipende anche molto da questo nuovo scenario di coesione tra i gruppi che di oppongono al disegno di legge – sottolinea Giuli –. Probabilmente non torneremo immediatamente a bloccare il traffico ma cercheremo di ampliare la rete. Poi chissà, magari al prossimo blocco stradale invece di 50 persone ne parteciperanno 500. Ma sicuramente continueremo con i nostri metodi, su questo non c’è nessuna intenzione di transigere».
Pene più severe per chi protesta
Gli ecoattivisti ma non solo, perché nelle maglie del Ddl Sicurezza saranno coinvolte anche altre categorie. In primis i lavoratori. Le sigle sindacali Cgil e Uil, fino ai Cobas, promettono battaglia contro un provvedimento che «reprime il dissenso». «Negli ultimi anni c’è stata una progressione punitiva – spiega l’avvocato Antetomaso –. Siamo di fronte alla penalizzazione di forme di lotta, come i picchetti dei lavoratori, che da sempre sono le uniche modalità con cui poter far sentire la propria voce rispetto a trattative drammatiche a cui stiamo assistendo».
E non è solo il blocco stradale a preoccupare giuristi, sindacati, lavoratori e associazioni. Perché in alcune circostanze, come per la «resistenza a pubblico ufficiale» (ma non solo), le pene sarebbero aumentate portando il massimo edittale fino a sette anni. «Pene per le quali c’è il rischio di non poter accedere a misure alternative e per cui potenzialmente sarà anche concesso di compiere intercettazioni telefoniche», sottolinea Antetomaso.
Spesso, continua l’avvocato, alcune forme di «resistenza passiva» – che nel Ddl Sicurezza è esplicitamente prevista – vengono già interpretate come «resistenza a pubblico ufficiale»: «Ora il terreno diventa labile. Anche a livello di percezione i funzionari di polizia potranno pensare che un determinato comportamento possa essere sanzionato, per esempio se mi incollo a un palo».
E poi c’è l’aggravante per chi protesta contro le grandi opere. Al di là della vaghezza della definizione (cosa distingue una grande opera dalle altre?), è chiaro l’intento del governo di anticipare con la repressione chiunque manifesterà, per esempio, contro il Ponte sullo Stretto. O da usare contro i No-Tav o contro chiunque manifesterà contro questo genere di progetti.
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