La Camera dei deputati ha approvato la questione di fiducia posta dal governo sul decreto flussi, con con 180 voti a favore, 106 contrari e quattro astenuti. Si dovrà svolgere il voto finale per il passaggio del testo al Senato in seconda lettura. Nel decreto è confluita una serie di provvedimenti su cui l’esecutivo ha puntato molto per provare a riabilitare il progetto dei centri per migranti costruiti in Albania: dalla lista dei 19 paesi di origine sicura, alla competenza in favore delle Corti d’appello per la convalida del trattenimento delle persone migranti portate nel centro di Gjader

Si va però oltre: negli emendamenti della maggioranza si nasconde anche una stretta sui ricongiungimenti familiari e, soprattutto, la possibilità di secretare appalti e forniture a paesi terzi per il rafforzamento delle capacità di gestione e controllo delle frontiere e dei flussi migratori, nonché per le attività di ricerca e soccorso in mare. 

«Cosa ha da nascondere il governo italiano in Albania?», aveva commentato il segretario di Più Europa, Riccardo Magi, che aveva chiesto, con il «collega Della Vedova», un ordine del giorno di Più Europa, «che sia garantita trasparenza e che le Camere siano informate dei contratti già in essere e di quelli futuri. A cominciare dai centri in Albania, si cui chiediamo massima trasparenza su affidamenti, forniture, contratti, personale e mezzi».

Magi ha chiesto quindi trasparenza perché, aggiunge, «non vorremmo trovarci di fronte a un nuovo caso “motovedette libiche”: i rapporti di organizzazioni non governative e di organizzazioni internazionali hanno più volte dimostrato che le realtà istituzionali estere alle quali sono stati ceduti mezzi e strumenti si sono costantemente macchiate di violenze inaudite e di pesantissime violazioni dei diritti umani».

I paesi “sicuri”

Durante l’esame alla Camera nella Commissione affari costituzionali sono state apportate diverse modifiche al testo del decreto. È stato approvato l’emendamento del governo con cui è stata recepita la lista dei paesi di origine cosiddetti sicuri. Dai ventidue, inclusi nell’elenco del decreto ministeriale, sono stati ridotti a 19: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia.

Si prevede poi che l’elenco venga aggiornato periodicamente con atto avente forza di legge – come il decreto legge in fase di conversione – ed è notificato alla Commissione europea. Il Consiglio dei ministri, inoltre, entro il 15 gennaio di ciascun anno, delibera una relazione in cui «riferisce sulla situazione dei paesi inclusi nell’elenco» e di quelli che mira a inserire. Per poi trasmettere la relazione alle competenti commissioni parlamentari.

Le corti d’appello

È stata la relatrice di Fratelli d’Italia Sara Kelany a presentare l’emendamento che sposta la competenza della convalida dei trattenimenti disposti nei confronti di un richiedente protezione internazionale dalle sezioni specializzate dei tribunali alle Corti d’appello in composizione monocratica. 

Un emendamento aggiunto all’ultimo – per cui il provvedimento è stato rinviato in commissione – prevede che la norma si applicherà a 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge. 

Contratti secretati

Un altro intervento di Kelany ha introdotto una modifica ai contratti che hanno per oggetto l’affidamento degli appalti pubblici di forniture e servizi relativi a mezzi e materiali ceduti, destinati alla cessione o in uso a paesi terzi, per il rafforzamento delle capacità di gestione e controllo delle frontiere e dei flussi migratori sul territorio nazionale e per le attività di ricerca e soccorso in mare. L’emendamento approvato dalla Commissione attribuisce ai contratti una classifica di segretezza. 

Nello stesso provvedimento è stata poi autorizzata la spesa di 35 milioni di euro, invece di 15, per il 2024 in favore della realizzazione di un programma di interventi straordinari di cooperazione di polizia con i paesi terzi.

Altre misure restrittive

Ai richiedenti asilo saranno chiesti almeno due anni consecutivi – e non più solo un anno – di residenza in Italia per ricorrere ai ricongiungimenti familiari. Una modifica aggiunta dagli emendamenti della Lega. 

Ancora, il decreto impedisce di accedere alle misure di accoglienza ai richiedenti che non presentano domanda di protezione internazionale entro il termine di 90 giorni dall’ingresso in Italia. 

Le misure introdotte per i lavoratori e le lavoratrici di origine straniera non superano però il click day né permettono di assumere persone già presenti sul territorio ma rimaste senza documenti. «Nessuno degli emendamenti che abbiamo suggerito e che avrebbero potuto scardinare l’impianto rigido e inefficace che regola l’ingresso in Italia di lavoratori e lavoratrici dall’estero», ha denunciato la campagna Ero Straniero, che spiega i correttivi minimi inseriti: «Il tetto massimo di domande che un datore di lavoro può presentare, tempi più lunghi per pre-compilare la domanda, l’aumento dei controlli incrociati e automatizzati per verificare la solidità di chi intende assumere, l’interoperabilità tra le banche dati di Viminale e degli altri ministeri ed enti coinvolti».

Interventi, continua la campagna, «necessari» ma che non permetteranno di intaccare «i limiti pesantissimi di un meccanismo “scassato”, come l’ha definito lo stesso sottosegretario Mantovano».

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