Le navi delle ong continuano a essere i principali obiettivi delle politiche migratorie, restrittive, del governo Meloni. La Sea Watch 5 è sottoposta a fermo amministrativo nel porto di Civitavecchia. La Geo Barents, nave di Medici Senza Frontiere, proprio ieri ha ottenuto dal tribunale civile di Salerno, la sospensione del blocco. Era ferma nel porto della città campana dallo scorso 25 agosto. 

Entrambe le navi sono state accusate di aver effettuato operazioni di salvataggio senza aver atteso l’autorizzazione della Guardia costiera libica. Un requisito controverso imposto dalle autorità italiane in base al decreto Piantedosi.

Il 23 agosto

La vicenda della Geo Barents risale allo scorso 23 agosto quando, dopo due salvataggi in zona Sar libica, la nave, che era in contatto con la cosiddetta Guardia costiera di Tripoli, si è trovata a soccorrere un’altra imbarcazione in difficoltà.

I libici hanno chiesto all’equipaggio di non intervenire, chiedendo di attendere il loro arrivo. La Geo Barents non ha iniziato l’operazione ma, a questo punto, la situazione è cambiata. «In quel momento le persone hanno iniziato a buttarsi in acqua, perché avevano visto che la Guardia costiera libica si stava avvicinando – ci dice Ricardo Martinez, project coordinator di Medici Senza Frontiere – Quando le persone l’hanno vista, hanno iniziato ad andare nel panico perché avevano paura di essere portati indietro e hanno iniziato a buttarsi».

Lo staff di Msf ha chiesto il permesso di intervenire, ma nessuno ha risposto alle loro numerose chiamate. «Se le persone sono in acqua bisogna salvarle. Abbiamo iniziato il salvataggio quando le persone erano già in acqua. Sappiamo che può bastare anche un solo minuto per morire in mare», continua Martinez.

Quel giorno, mentre si dirigeva verso il porto assegnato in Italia, Geo Barents ha effettuato altri due salvataggi: uno tra le zone Sar di Malta e Tunisia e uno nell’area maltese. In totale sono state salvate 191 persone, 37 solo nel terzo salvataggio.

Il decreto Piantedosi

Dopo aver sbarcato tutti i migranti nel porto di Salerno, il ministero dell’Interno italiano ha disposto il fermo amministrativo della nave. ILl cosiddetto decreto Piantedosi ha infatti cambiato radicalmente il contesto operativo per le ong impegnate nel salvataggio dei migranti nelle aree di ricerca e soccorso (Sar).

Il testo impone alle ong di richiedere immediatamente un porto di sbarco dopo ogni operazione di soccorso, senza possibilità di ulteriori salvataggi lungo il tragitto, salvo diversa disposizione delle autorità. Le ong che violano queste norme rischiano sanzioni fino a 50.000 euro, il fermo o il sequestro dell'imbarcazione.

Per la Sea Watch 5, che in passato era già stata sottoposta a fermo amministrativo poi revocato, si tratta, di fatto, del primo stop, che prevede una sospensione di venti giorni. Diversa è invece la questione per la Geo Barents. La nave di Msf, era già stata fermata il 24 febbraio 2023 e il 20 marzo 2024. Anche a marzo l’accusa era di aver ostacolato l’intervento della Guardia costiera libica mettendo a rischio la vita delle persone soccorse. La legge prevede che, trattandosi del secondo fermo per la stessa violazione, e con lo stesso comandante, dal prossimo possa scattare la confisca della nave.

Cimitero Mediterraneo

Nel mese di settembre, che da sempre risulta essere uno dei periodi di maggior traffico nel Mediterraneo centrale, due tra le più grandi navi ong che salvano vite in mare sono rimaste bloccate nei porti di Salerno e Civitavecchia. Nel frattempo i migranti continuano a morire, anche a poche miglia dalla costa, come dimostra il naufragio nei pressi di Lampedusa di mercoledì 4 settembre, con ventuno persone disperse.

Ricardo Martinez conta i giorni di fermo e fa alcuni calcoli. Ogni nave resta in mare normalmente dieci giorni e, in questo periodo, salva circa 200 vite. Questo significa che in sessanta giorni di fermo, come previsto dalla legge, potrebbero non essere aiutate circa 1.200 persone. «Ogni giorno – dice Martinez – nel Mediterraneo, in media, muoiono otto persone, secondo i dati Iom. Loro dicono otto, ma è un dato basso, dovrebbe essere più alto. Ma prendiamo comunque questo dato. Se moltiplichiamo questo numero per 60 (i giorni di fermo ndr) è presumibile pensare che 480 persone moriranno e non saremo in grado di poterle aiutare».

Alla fine i giorni di fermo, per fortuna, sono stati meno di 60. Ma poco cambia. Che siano 480 o una sola persona morta in mare, questo è un livello di disumanità che il nostro paese non può permettersi. 

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