«Marco Bucci sarà il nostro candidato», l’annuncio è dell’11 settembre 2024. «Giovanni Toti ha trovato l’accordo con la procura per patteggiare due anni e un mese», la notizia battuta dall’Agenzia Ansa è del 13 settembre. I fatti accaduti a distanza di due giorni l’uno dall’altro non sono pura coincidenza. Non è una curiosa casualità. I destini diversi del sindaco di Genova e dell’ex presidente della regione Liguria, accusato di corruzione e finanziamento illecito, hanno in realtà una medesima matrice: l’inchiesta della procura ligure sul cosiddetto “Sistema” Toti.

Perché, ancora una volta, le date in questa storia rivelano molto di più dei comunicati ufficiali delle parti in causa. Le elezioni regionali in Liguria si terranno il 27 e il 28 ottobre. Il 5 novembre è fissata la prima udienza del processo Toti. Una settimana dopo il voto. Se la richiesta di patteggiamento, accordata dalla procura, verrà ratificata dal giudice, il dibattimento non si terrà e Toti uscirà di scena. «Amarezza e sollievo», ha commentato l’ex presidente. Il suo legale ha invece spiegato così la scelta: «Resta quel reato di contesto definito corruzione impropria, legato non ad atti ma ad atteggiamenti, una accusa difficile da provare per la sua evanescenza, ma altrettanto difficile da smontare per le stesse ragioni». Difficile che questa ammissione non sia un problema per la destra che vuole rivincere le prossime regionali. Con la certificazione della corruzione, Meloni e Salvini rischiano di perdere.

Di certo la frettolosa ricerca di una via di fuga dal processo comporta che non verranno ascoltati testimoni che potrebbero fornire ulteriori elementi sul “Sistema” e sulla destra ligure, su tutti quei partiti di coalizione che in questi quasi dieci anni hanno beneficiato dei denari delle fondazioni di Toti: del resto è scritto nello statuto di quelle organizzazioni che lo scopo è sostenere candidati del centrodestra. Sostenerli anche finanziariamente. E qui arriviamo a Bucci, che tra le tante sfide sta affrontando quella più difficile contro un cancro «metastatico».

I pm avevano intenzione di ascoltare Bucci in procura e raccogliere le sue dichiarazioni, per poi inserirlo nella lista testi del dibattimento. Anche perché la sua carriera politica è costellata di donazioni ricevute per le sue campagne elettorali prima dalla fondazione Change, poi dal Comitato Giovanni Toti. Molti soldi. In pratica il meccanismo era il seguente: Change o il Comitato incassavano dai privati e parte di questi soldi veniva usata per le campagne elettorali di Bucci. Tutto documentato. «Io non sono pentito di nulla, o forse di qualcosa sì, lo dirò quando parlerò coi magistrati», fu Bucci a dirlo durante un evento pubblico di maggio scorso.

Di certo il sindaco conosce a meraviglia ogni personaggio del “Sistema”. Fu lui a sponsorizzare la nomina in Iren di Paolo Signorelli, accusato con Toti di corruzione e per anni a capo dell’Autorità portuale di Genova. E di sicuro nel processo i pm avrebbero affrontato il capitolo Esselunga, che come è emerso tramite un accordo con Toti ha pagato la pubblicità politica per la campagna elettorale di Bucci. L’elenco potrebbe continuare a lungo, il primo cittadino di Genova è citato di continuo negli atti dell’inchiesta.

In alcuni casi si è speso per gestire partite che interessavano al gruppo sotto indagine, senza però, secondo i pm, commettere alcun reato. Sul piano dell’opportunità politica, tuttavia, tutti questi fatti messi in fila in un processo con testimoni e nuovi documenti, e con un Bucci, per ipotesi, già presidente di regione, avrebbero provocato, se non un terremoto, di certo una scossa, l’ennesima, difficile da gestire per la coalizione.

I beneficiari del Sistema

Se Toti è stato il protagonista indiscusso assieme agli imprenditori del Sistema, la categoria dei beneficiari ignari o consapevoli è lunga. Dalla Lega in regione rappresentata da Edoardo Rixi fino al sindaco di Genova. Tutto ha inizio quando l’allievo berlusconiano ha ottenuto l’emancipazione dal maestro di Arcore. Da quel momento, cioè dalla sua prima candidatura a presidente di regione, ha costruito un percorso politico autonomo fondato su sé stesso, con comitati e fondazioni utili ad attrarre milioni di finanziamenti privati.

Una forza finanziaria diventata in poco tempo il suo nervo scoperto per via dei conflitti di interesse generati dall’inopportunità di ricevere denaro, seppure dichiarato, da aziende private appese a decisioni degli uffici regionali o comunque da enti sui quali Toti aveva potere di intervenire, come nel caso dell’Autorità portuale genovese. L’inopportunità, sollevata da questo giornale in tempi non sospetti con diverse inchieste giornalistiche, è presto mutata in qualcosa di più: corruzione e finanziamento illecito, secondo i magistrati.

In moltissime intercettazioni si sente l’allora presidente mentre compulsa gli imprenditori genovesi per ottenere soldi da usare durante le campagne elettorali regionali, ma anche politiche per il centrodestra e persino per il comune di Genova, cioè per Bucci sindaco. Imprenditori, su tutti Aldo Spinelli (indagato pure lui), che pagavano e sostenevano il progetto Toti, certi del fatto che il governatore avrebbe fatto il possibile per accelerare iter burocratici dai quali dipendevano interessi a sei zeri. Un “Sistema” quasi perfetto. Che ha usato canali legali di finanziamento alla politica, dietro i quali però si celavano richieste occulte, cioè non dichiarate se non al chiuso degli uffici regionali o nella dinette dello yacht di Spinelli.

L’accordo sul patteggiamento ha, perciò, prima di tutto lo scopo di prevenire futuri danni collaterali del processo. Salvaguardare cioè Bucci da possibili rivelazioni o semplici testimonianze sui finanziamenti ricevuti dalla fondazione-comitato del presidente. Chiudere anzitempo il capitolo giudiziario, insomma, nella convinzione che a finire nel dimenticatoio siano pure le responsabilità politiche di attori protagonisti e utilizzatori finali, non indagati, che hanno accresciuto il loro potere grazie alla generosità del “Sistema” Toti.

© Riproduzione riservata