Non è stata né festa, né rabbia. Si festeggia, poco, ma c’è ancora tanto per cui essere arrabbiati. Lo fa sapere il Collettivo di lavoratori dell’ex Gkn automotive che ha organizzato a Firenze una giornata di mobilitazione per continuare una lotta ormai iniziata oltre tre anni fa con un messaggio di licenziamento mandato su whatsapp ai quattrocento operai. Da quel momento l’assemblea permanente, le proteste, gli scioperi della fame e l’appoggio collettivo. Un’idea diversa di industria, che parta dal basso e che sia gestita dagli operai stessi.

La storia della ex Gkn è quella di tante industrie in Italia: il fondo speculativo inglese Melrose plc proprietario della fabbrica decide per la delocalizzazione, l’aumento dei profitti altrove e gli operai che restano improvvisamente senza lavoro. Ma è lo sviluppo di questa storia ad essere unico. Oggi, nonostante le difficoltà lo dicono chiaro: «La fine della lotta? Che non ci sperino nemmeno. Se ci sotterrano, saremo semi. Non c’è fine, c’è solo trasformazione».

In mano gli operai hanno un progetto per una fabbrica collettiva, attenta alle lotte climatiche e alla società, con un piano industriale con un business plan di undici milioni di euro di investimenti, di cui 1,3 di azionariato popolare, ed oltre cento posti di lavoro previsti. Senza la regione Toscana però niente di tutto questo è attuabile, regione che fino ad ora non ha risposto. D’altra parte si denuncia il tempo perso e le mancate occasioni di portare avanti in modo concreto il progetto: «Ci hanno dato una serie di bicchieri mezzi pieni anche un po’ a trappola, la legge sui consorzi non è una cosa che possiamo sminuire, apre una stagione di intervento unica, ma nessuno ha risolto il problema degli operai che ora si trovano senza stipendio», dichiara a Domani Dario Salvetti, del collettivo dell’ex Gkn.

L’operaio e sindacalista si riferisce all’arrivo in aula entro fine anno della proposta di legge per la creazione di consorzi di sviluppo industriale, spinta da Pd e M5S per rispondere a situazioni come quelle delle ex Gkn, che ha come scopo la riqualificazione e rigenerazione di aree produttive in crisi o dismesse con il 51% di investimento pubblico. Una legge simile ad altre a livello nazionale, che il collettivo definisce moderata, ma frutto della lotta; e che la destra ha tacciato di essere “sovietica”.

Intanto senza che gli operai sapessero nulla, mentre si alternavano tra scioperi della fame e assemblee, e la regione rimandava gli incontri, l’azienda a marzo 2024 ha venduto lo stabilimento. QF, la società di Francesco Borgomeo ha ceduto la fabbrica a due società, la Tuscany Industry Srl (TI) e a Sviluppo Toscana Srl (SIT), entrambe controllanti di QF e create lo scorso anno, ipotizza il collettivo, proprio per questo scopo.

Dalla piazza durante la giornata si susseguono gli interventi di tante realtà, prima della Gkn, come la “fattoria senza padroni” Mondeggi bene comune, sempre in Toscana, che ha recuperato migliaia di ettari e ulivi, o che dal collettivo hanno preso spunto per una lotta, come gli operai di Mondo Convenienza, sempre a Firenze, che a maggio 2023 hanno iniziato uno sciopero durato oltre 160 giorni, con il blocco sia in entrata che in uscita delle merci, e l’ottenimento infine all’applicazione del contratto della logistica per oltre 4.500 lavoratori. Una resistenza che aveva visto molti momenti di tensione, anche con sgomberi violenti. Tutte azioni che con il nuovo ddl sicurezza del governo di Giorgia Meloni potrebbero costare denunce ai lavoratori.

Il contesto di Gkn ha avuto la forza di essere diverso: la fabbrica con 400 operai era già fortemente organizzata sindacalmente e politicizzata. Il loro primo comunicato è stato: «Se passano qua, passano ovunque», ricorda Francesca Coin, che ha parlato in assemblea. «Lo spiega bene Salvetti nel suo libro appena uscito “Questo lavoro non è vita” sulla lotta dell’ex Gkn: “Non posso fare ringraziamenti individuali, ma solo collettivi, però devo dire scusateci per non essere ancora abbastanza forti per proteggere tutti”; questo chiedere scusa, quando potrebbero dire siamo i più forti, li rende accoglienti e li mette in connessione con le altre lotte».

Ma appunto la lotta non si ferma, “Insorgere per convergere, convergere per insorgere”. «Noi siamo insorti, abbiamo fatto un atto radicale, ma se il resto del mondo non converge il nostro atto radicale rimane lì –  spiega Salvetti – Solo il fatto che gli altri convergano ci permette di continuare, resistere e lottare. Altrimenti un milione e trecentomila euro di azionariato popolare non li raccogli».

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