Dopo l’approvazione alla Camera, il disegno di legge approda al Senato il 15 ottobre. Per il professor Gian Luigi Gatta la norma presenta «diversi profili critici». Intanto perché è difficile immaginare come un italiano possa essere punito per un fatto che avviene in un paese che lo ritiene lecito. Ma la preoccupazione maggiore dovrebbe riguardare la tutela dei minori
Arriverà il 15 ottobre al Senato, dopo la sua approvazione alla Camera, la legge Varchi di Fratelli d’Italia che modifica il reato di maternità surrogata, rendendolo universale, ovvero perseguibile anche se commesso all'estero. Ma tutto è bugiardo in questa storia, a cominciare dai nomi delle cose.
«Il reato universale non esiste nel linguaggio giuridico», come spiega a Domani Gian Luigi Gatta, ordinario di Diritto penale all’università di Milano ed ex consigliere giuridico della ministra Cartabia: «Si può parlare di giurisdizione universale ma è una cosa diversa. Il diritto penale è nazionale. Qui si vuole inseguire il cittadino italiano per fatti che in alcuni ordinamenti sono leciti», osserva il professor Gatta sforzandosi di immaginare scenari possibili su un reato già etichettato durante le audizioni in commissione da altri esperti come “un pateracchio”, un “mostro”, un “obbrobrio giuridico a rischio pernacchia”.
Ma l’immaginazione è incredibile per il Governo Meloni che nella messa in scena dello spettacolo pubblico da tempo trasforma leggi e risoluzioni in gonfiabili ad uso elettorale, alimentando l’illusione di un dibattito, meglio se veemente. Già oggi la maternità surrogata in Italia è vietata e la pena per chi viola la legge prevede la reclusione da 3 mesi a 2 anni e la multa da 600.000 a un milione di euro oggi Fratelli d’Italia chiede che «le pene si applicano anche se il fatto è commesso all'estero».
Professor Gatta può spiegarci quali sono i limiti di questa legge di prossima approvazione?
Direi che ci sono diversi profili critici. Prima di tutto è una proposta che non introduce un nuovo reato, non aumenta le pene. La pena qui è la reclusione di tre mesi e due anni e resterebbe tale. Ma aggiunge alla legge un comma che consente di punire il fatto realizzato dal cittadino italiano all’estero, fortunatamente non dallo straniero come nella proposta originaria. Il primo elemento di problematicità è dato dal fatto che si rende universale un reato che non è universale. Ci sono paesi stranieri in cui questa pratica è lecita. È difficile pretendere che il cittadino italiano ovunque vada nel mondo a realizzare una pratica che un certo paese ritiene lecita, risponda in Italia di un reato.
Eppure su questo spinge il governo.
Mi lasci precisare che è già oggi possibile punire la surrogazione di maternità realizzata all’estero dal cittadino italiano: ma ci devono essere le condizioni, ci vuole la richiesta del ministro della giustizia e la giurisprudenza richiede la doppia incriminazione, cioè che il fatto sia reato anche nel paese in cui ci si reca. Questa proposta di legge mira a eliminare questi due presupposti: la richiesta del ministro e la doppia incriminazione.
Ma questo “reato universale” che da tempo prende spazio nel dibattito pubblico, nelle discussioni sui talk politici e anche su manifesti e programmi elettorali, esiste?
Nei manuali non si parla di reato universale. Esiste la giurisdizione universale che è una cosa diversa. Pensiamo al terrorismo, alla violenza sessuale, alle mutilazioni genitali femminili, ai crimini di guerra, al traffico di esseri umani. Sono reati gravissimi che vengono puniti con pene severe. In una lotta a tutto campo contro queste forme di criminalità la legge prevede che anche il fatto commesso all’estero dal cittadino italiano possa essere punito in Italia. Ma si tratta di reati gravissimi, appunto, e la gravità del reato è espressa dalla pena che la legge commina. Nel caso della surrogazione di maternità la pena della reclusione è solo da tre mesi a due anni e consente la sospensione condizionale della pena.
C’è un utilizzo moralista del diritto penale?
Al di là del giudizio etico-morale che ciascuno può avere, incriminando la surrogazione di maternità si rischiano effetti negativi sui bambini nati da questa pratica, che certo non hanno nessuna colpa. Fa specie pensare di essere considerato un bambino nato da un reato. È simbolica e poco praticabile l’idea di uno Stato che vuole rimarcare la contrarietà a questa pratica e quindi dice al cittadino in modo paternalistico: io ti seguo ovunque e ti punisco. È un uso simbolico del diritto penale utilizzato per veicolare all’elettorato messaggi forti rispetto a temi politicamente identitari. A prescindere dal giudizio etico e morale che ciascuno può avere sulla pratica di gestazione per altri.
E dal punto di vista pratico come funzionerebbe?
Difficile immaginarlo. Già oggi sono pochi i procedimenti per queste pratiche. Pensiamo a un fatto commesso all’estero dove è lecito: per raccogliere gli elementi di prova, necessari per fondare una condanna, bisognerà avere la collaborazione di quello Stato, fare delle rogatorie. È arduo che lo stato, sul piano della cooperazione giudiziaria internazionale, collabori con noi nel momento in cui in quel paese la pratica è lecita. Ed è per questo che il codice Rocco del 1930 pensava alla richiesta del ministro quando si deve procedere per reati commessi all’estero. C’è un piano di opportunità politica e relazioni che vanno valutati di volta in volta. Questo problema di cooperazione tra stati non è facile da risolvere.
Corre una forte preoccupazione soprattutto tra le coppie dello stesso sesso, quelle più visibili all’occhio, per così dire, in caso di gestazione per altri. Ci sono moltissime famiglie che hanno avviato un percorso di surrogata all’estero spaventate da quello che potrà succedere ai loro figli una volta approvata la legge.
Una regola in materia penale è quella della irretroattività. La legge penale, quando è sfavorevole al reo, non si può applicare retroattivamente ai fatti commessi prima della nuova legge, quando sarà approvata e pubblicata.
E dopo che la legge sarà pubblicata sulla gazzetta ufficiale?
Sarà interessante capire se e come emergeranno le denunce. Probabilmente con il tentativo delle coppie di iscrivere all’anagrafe il figlio. Per evitare di incorrere in una denuncia è peraltro possibile che vengano commessi altri reati di falso. E se una coppia di italiani resta all’estero, dopo la nascita del figlio, per eseguire la pena occorrerebbe chiedere l’estradizione, ma mancherebbe il requisito della doppia incriminazione che per lo più è richiesto. Soprattutto, dobbiamo già oggi e anche dopo la nuova legge preoccuparci dei possibili riflessi negativi sui minori, il cui interesse superiore deve essere tutelato, come hanno ricordato negli anni sia la Corte costituzionale sia la Corte di cassazione. Attenzione alla possibile vittimizzazione indiretta dei minori.
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