Una cerimonia di apertura in perfetto stile francese. C’è tutto il loro esibizionismo, dalla sfilata sulla Senna a uno show caotico, a tratti disordinato, dispersivo e molto bagnato. Momenti di grande cultura, legati alla storia francese, e messaggi di enorme importanza sociale che in alcuni casi sono purtroppo scaduti nel trash, evitabile, o nell’effetto discoteca di Ibiza.

Il lavoro del direttore artistico Thomas Jolly, giovane prodigio del teatro francese, è stato gigantesco, per nulla semplice, senza nemmeno aver potuto effettuare una prova per mantenere la segretezza. Teatro impegnato e teatro popolare, con citazioni storiche, per elogiare una Parigi aperta al mondo e per celebrare l’urgenza di voler vivere insieme nell’inclusione. Un progetto per la prima volta all’esterno di uno stadio, originale ma forse troppo ambizioso. Tra le cose che ci sono piaciute e quelle che non abbiamo gradito, la media come voto è 6 e mezzo.

Apparsi un po’ troppo in sordina gli atleti, perché relegati in ruoli di comparse, i Portabandiera quasi snobbati: solo pochi secondi di inquadratura per alcuni, altri non sono stati nemmeno inquadrati: LeBron James, a 39 anni la leggenda del basket è il primo campione Nba designato nel ruolo di alfiere, grande pecca della regia averlo ignorato.

Allegri e caciaroni gli azzurri trascinati da Arianna Errigo e Gianmarco Tamberi, i due portabandiera dell’Italia, con un fuori programma per Gimbo che ha perso in acqua la fede nuziale.

I nostri momenti preferiti. Ne scegliamo tre, il podio di Domani.

Il presidente Sergio Mattarella sotto la pioggia, non c’era una tettoia a ripararlo e questa è una grave pecca istituzionale. Lui stoico resiste. Per due volte è costretto a chiedere un nuovo impermeabile, di quelli in dotazione per il pubblico, perché bagnato. La sua gioia non viene intaccata, con trasporto si alza per applaudire il passaggio dell’Italia, la sua squadra quasi in gita scolastica sul battello lungo la Senna. Impossibile non voler bene a questo presidente della Repubblica, super-appassionato di sport ma pure molto competente.

Un tuffo al cuore nel vedere Rafa Nadal emozionato mentre riceve la fiaccola da Zinedine Zizou Zidane. Per alcuni minuti più di qualcuno ha pensato: che bello, è Nadal l’ultimo tedoforo! Non sarebbe stato nemmeno fuori tema, in fin dei conti Rafa è il re di Parigi con i suoi 14 titoli al Roland Garross. A ben pensarci, però sarebbe stata impensabile come scelta. Potevano mai i francesi lasciare a uno straniero l’onore di accendere il braciere olimpico? Suvvia, non scherziamo.

La medaglia d’oro della Cerimonia di Apertura, con menzione per i brividi che ci ha provocato, spetta a Céline Dion. Meravigliosa, sulla Tour Eiffel mentre canta l’Inno all’amore di Édith Piaf. Lei, che sappiamo bene quanto sia malata e stia soffrendo, affetta dalla sindrome neurologica “della persona rigida”, costretta a lottare quotidianamente con spasmi e dolori che non la fanno respirare. Non si esibiva in pubblico da 4 anni. Aveva già partecipato a una cerimonia di apertura dei Giochi, era ad Atlanta nel 1996, quando si esibì nell’inno ufficiale di quell’edizione dell’Olimpiade (“Power of dream”).

Questa volta però è tutto diverso. C’è lei che canta proprio la canzone che Édith Piaf aveva scritto per il suo grande amore, il pugile francese Marcel Cerdan, morto in un incidente aereo mentre stava andando a New York per raggiungerla, impegnata in un concerto. Un amore difficile e non ufficiale, erano amanti, perché Cerdan era sposato. Un amore riportato nel cuore di tutti dalla voce e soprattutto dalla presenza di Céline Dion. Magnetica e sublime. Un gran finale che fa guadagnare il massimo dei voti alla Cerimonia, un momento magico che entra nella storia dei Giochi

Ora basta con il romanticismo, da adesso in poi concentriamoci sulle gare.

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