Rifare l’Italia. Facile. Prendi un gruppo di giocatori, gli ridai un senso, un ruolo, un valore. Poi vai in campo contro la Francia e segni tre gol a casa loro. Così semplice che viene da chiedersi perché Luciano Spalletti non l’abbia fatto prima. Magari agli Europei, qualche mese fa.

«No, non era un problema di testa – ha detto Spalletti – noi abbiamo scelto un gruppo di giocatori che stanno sempre in campo e la condizione fisica non è quella di fine campionato. Ora sono tutti un po' più freschi e stanno facendo un lavoro, diciamo, in maniera corretta».

Nel calcio supersonico, che va veloce, anche i pareri evolvono, mutano, passano dalle notti sciagurate di Euro 2024 alle scintille di questa Nations League. Ora l’Italia c’è, si può pensare di nuovo al Mondiale. La strada è lunga, ma qualcosa è successo. Bisogna mediare e cercare il senso della rinascita azzurra.

Effetto Tonali

Tre indizi fanno una prova. E dunque le prestazioni di Calafiori, Tonali e Dimarco permettono di fare l’anatomia della partita di Berlino, la notte in cui l’Italia perse contro la Svizzera e sembrava dover venire giù il mondo.

Non c’era Tonali, rientrato dalla maxi squalifica e subito decisivo nel gioco di Spalletti. Il ct se lo coccola, «ha fatto una partita magnifica, avevamo paura che non riuscisse a tenere tutti i novanta minuti e invece alla fine ha dato due belle sgasate». Insomma, dice Spalletti, «abbiamo ritrovato un giocatore fortissimo».

Domanda: può l’innesto del solo Tonali aver rovesciato le sorti azzurre? Improbabile. Ma è chiaro che il centrocampo visto contro la Francia è stato di un altro livello, superiore, e Tonali ha avuto un ruolo in questo upgrade. Non è il solo. Anche Ricci, alla prima dall’inizio in azzurro, ha dato un contributo decisivo. Tonali ha un lampo di classe, un colpo di tacco, un guizzo. Ha reso evidente quello che era mancato in Germania.

Gli altri assenti di Berlino

In questa resurrezione parigina ci sono anche altri protagonisti. Gli stessi che per ragioni diverse erano mancati all’Europeo. Dimarco, per esempio. La sera della disfatta contro la Svizzera era squalificato, l’assenza fece rumore. Dimarco contro la Francia è l’uomo del gol del pari, quello che si prende la scena e dice a tutti che l’Italia è tornata. La Nations gli piace, di gol ne ha già segnati tre (gli altri contro Ungheria e Olanda).

«Non era facile ripartire dopo un Europeo non all'altezza dei nostri valori, ma il gruppo ha fatto una grande partita. Eravamo più sereni». Spalletti aveva bisogno anche di lui, in grado di attaccare, pungere l’esterno, mettere in crisi i francesi. Dall’Europeo era uscito in gloria solo Calafiori, l’ex del Bologna passato all’Arsenal, il difensore rinato grazie a Thiago Motta in un ruolo universale, di jolly in grado di portarsi in attacco. Regalò un assist contro la Croazia, all’ultimo respiro. Ne uscì da eroe. Ma ammonito. Mancò contro gli svizzeri (era squalificato). Quell’assenza fu pesantissima e l’Italia ne pagò le conseguenze.

Un’identità modificata

I tre che erano mancati a Berlino oggi sono l’Italia nuova, bella, sicura. Capace di ribaltare la Francia nonostante un gol preso dopo una manciata di secondi. Nel calcio si fa presto a guarire dalle sconfitte.

Ma ci vogliono le condizioni giuste, gli uomini, le convinzioni. L’Italia che aveva perso coraggio era finita sotto il diluvio di critiche per l’Europeo. Voleva essere una squadra diversa, voleva stregare con un gioco non suo, un’identità modificata. Contro la Francia ha invece mostrato un altro volto, quello vero. Meno pretenzioso, meno aggrovigliato. Pochi concetti, sicuramente quelli giusti. E ha mostrato la spavalderia dei tempi migliori, quella che serviva a Spalletti per uscire dalla crisi.

Non è un caso che tutti e tre i giocatori ritrovati abbiano storie di riscatto. Per infortuni, per sospensioni. Calafiori, Dimarco e Tonali sono andati giù, si sono aggrappati al coraggio, e poi sono riemersi. E con loro anche l’Italia di Spalletti. Che sembra nuova. Forse invece è solo più autentica.

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