Un centro per i rimpatri in ogni regione. Il “sogno” dura almeno dal 2017, ma nessun governo di nessun colore è ancora riuscito a coronarlo. Per aumentare però la capienza dei posti per le persone che dovrebbero essere riportate “a casa loro”, il governo guidato da Giorgia Meloni punta su quello che il suo ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, chiama trattenimento «leggero». Leggero «perché senza filo spinato», ha spiegato parlando dei centri in Albania di Shengjin e Gjader.

Al suo posto sbarre e gabbie alte anche 8 metri, nei siti albanesi come dei cpr italiani, a rinchiudere persone che non hanno compiuto reato. Costa alle casse dello Stato in media quasi 100 milioni di euro all’anno (più del doppio, con l’Albania), ed è la detenzione amministrativa. «Come essere privati della libertà a fronte di una multa», chiosa Fabrizio Coresi, esperto di migrazioni di ActionAid.

Ora la Sicilia si candida a nuovo hub di trattenimento per richiedenti asilo sottoposti a procedure accelerate di frontiera: un modello che l’Italia sta cercando appunto, al momento con i risultati ben noti, di delocalizzare in Albania.

Anche perché basato sul rimpatrio nei cosiddetti “paesi sicuri” la cui definizione e applicazione ha fatto deflagrare alla nascita il protocollo con Tirana. Trattenere ed espellere è un binomio che oggi in Sicilia sembra funzionare meglio che altrove. Da qui parte infatti il 54 per cento dei rimpatri a livello nazionale, dice ActionAid nel report “Trattenuti. Una radiografia del sistema detentivo per stranieri”. E l'85 per cento è di soli cittadini tunisini.

I numeri però sono ben lontani dalla “difesa dei confini della Nazione”: sono 1.622 le persone riportate nel 2023 in Tunisia, 40 alla volta sui due voli charter in partenza ogni settimana. Il totale dei rimpatri in tutta Italia dai Cpr? 2.987 persone nel 2023, il 10,5 per cento delle 28mila raggiunte da un provvedimento di allontanamento (non necessariamente appena arrivate, ma anzi magari in Italia da 20 anni). E il 2,1 per cento di delle quasi 141mila sbarcate l’anno scorso.

Sicilia modello Albania

A settembre 2023 è nato a Modica, in provincia di Ragusa, il primo dei centri di trattenimento per richiedenti asilo sottoposti a procedure di frontiera accelerata, «il primo mattone del nuovo sistema per la gestione rapida delle domande di asilo e dei rimpatri con procedure direttamente in frontiera o offshore come in Albania.

Il sistema nei fatti trattiene le persone al confine, e si fonda solamente sull'accordo bilaterale con la Tunisia. Peccato che i cittadini tunisini anche nel 2023 siano meno del 11 per cento delle persone arrivate in Italia», dice Coresi. Quello di Modica sembra un Cpr, ma non è un Cpr. Sono Ctra, Centri di trattenimento per richiedenti asilo (la definizione è dei curatori del rapporto di ActionAid, Giuseppe Campesi e Fabrizio Coresi) destinati appunto alla detenzione dei richiedenti protezione assoggettati alle procedure d’asilo di frontiera: non hanno al momento una denominazione ufficiale né chiaro inquadramento giuridico.

«Il centro di Modica è ufficialmente qualificato come propaggine del vicino hotspot di Pozzallo», nota ActionAid, anche se l’area portuale dell’hotspot dista una ventina di chilometri dalla zona industriale di Modica dove si trova il centro. È stato inizialmente gestito in affidamento diretto dallo stesso gestore dell’hotspot. Dopo due proroghe, nel giugno ‘24 è stato affidato attraverso una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando.

Vinta (con un ribasso del 7 per cento) da chi? Dall’associazione temporanea di impresa tra la cooperativa “Vivere Con” e il consorzio Hera, che già gestisce il Cpr di Trapani e appunto l’hotspot di Pozzallo.

Il solo allestimento del centro è costato più di 1 milione e 650mila euro, per una capienza di 84 posti. E per il servizio la prefettura di Ragusa assegna 639.732,10 euro più iva. Ma qui nessun trattenimento è stato convalidato dopo l’apertura nel 2023: e il centro è rimasto vuoto per mesi. Nel 2024, racconta l’avvocato Riccardo Campochiaro di Asgi, le detenzioni sono ricominciate, con il tribunale competente, quello di Catania, che continua a non convalidare. Da qui, quindi, niente rimpatri.

Contrada Caos

C’è un altro Ctra aperto di corsa, nell’agosto 2024, quando si era capito che in Albania non c’era ancora niente di pronto: quello di Porto Empedocle. L’indirizzo è poetico: Contrada Caos, via Luigi Pirandello. Posti dichiarati 70, «gara a procedura negoziata senza pubblicazione del bando» vinta dalla cooperativa sociale “Oltre il mare” per sette mesi rinnovabili.

La spesa complessiva iniziale è di 750mila euro più iva. Anche qui parliamo di propaggine di hotspot di Porto Empedocle, valvola di sfogo di Lampedusa dalla capienza di 280 posti. Al centro di Porto Empedocle, due settimane fa, al momento dell’ingresso di una delegazione del progetto In Limine, gli uomini trattenuti erano 14, tutti giovani e tunisini.

«La metà era in attesa di eventuale convalida, altri dell’esito della sospensiva», spiega l’avvocato Campochiaro. Nel periodo di punta, dopo l’apertura, il centro è arrivato a trattenere non più di 45 persone. «Le convalide qui non superano il 10 per cento del totale degli ingressi». Sono (anche) gli effetti della sentenza della Corte di giustizia Ue che ha portato al “caso” delle mancate convalide in Albania. «E di un sistema accelerato che fa fatica a tutelare il diritto di asilo», dice il legale.

Ma il modello Sicilia piace, e allora sono in arrivo altri due Ctra: dovrebbero essere inaugurati entro la fine dell’anno ad Augusta e Trapani, stando alla programmazione della direzione generale dei lavori del ministero della Difesa, con un peso sul bilancio finanziario di 16 milioni di euro, 8 a centro.

«Il disegno di accoglienza diffuso di cui si parlava tempo fa è stato chiaramente sostituito da un disegno di detenzione diffusa: si parla anche della proliferazione di locali idonei sia all'interno delle questure, ma anche all'interno dei centri di primissima accoglienza», dice Fabrizio Coresi. «Ma è destinato a funzionare per pochi sfortunati ed essere una misura prettamente simbolica, in Albania come nei cpr e ora nei Ctra italiani: assimilare i migranti ai criminali».

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