Ormai è scontro totale tra i magistrati e il governo. Il punto di non ritorno è stata la feroce contestazione partita dalla premier Giorgia Meloni nei confronti del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue promosso dal tribunale di Bologna, con riguardo alla designazione di paese sicuro prevista dal decreto legge approvato nelle settimane scorse.

A questa decisione si sono aggiunte due nuove pronunce. Una del tribunale di Catania, che non ha convalidato il trattenimento di un ragazzo egiziano arrivato a Pozzallo, perché il decreto «non esime il giudice dall’obbligo di verifica della compatibilità con il diritto dell’Ue» e l’Egitto, secondo il giudice, non è paese sicuro perché «esistono gravi violazioni dei diritti umani».

Una seconda, invece, arriva da Roma: i giudici hanno accolto il ricorso contro il no al diritto d’asilo di uno dei 12 migranti trasferiti in Albania e – come già fatto da Bologna – hanno rinviato alla Corte di giustizia europea il decreto del governo, sollecitando una risposta urgente. Ormai, dunque, l’attenzione dei giudici europei è stata attivata sul decreto “Paesi sicuri” e proprio quello sarà il passaggio che determinerà chi ha ragione – almeno dal punto di vista tecnico – tra toghe e governo.

Nel frattempo, però, gli attacchi nei confronti dei singoli giudici si sono fatti sempre più volenti e per questo a Bologna si è svolta una assemblea straordinaria convocata dalla giunta distrettuale dell’Anm, cui hanno preso parte i vertici nazionali tra cui il presidente Giuseppe Santalucia e anche i consiglieri del Csm (dove è stata chiesta l’apertura di una pratica a tutela) Antonello Cosentino di Area, Mimma Miele di Magistratura democratica e gli indipendenti Roberto Fontana e Andrea Mirenda.

La mobilitazione, a cui hanno partecipato anche privati cittadini, ha riempito la sala delle Colonne del tribunale emiliano e vi hanno preso parte anche molti ex magistrati e i presidenti dell’ordine degli avvocati e della Camera penale di Bologna. La posizione della categoria è stata quella di opporsi a qualsiasi condizionamento da parte dell’esecutivo e soprattutto la presa di mira di singoli giudici. «Noi non facciamo opinione sulle scelte del governo», ha detto Santalucia, «chiediamo di poter esercitare il nostro ruolo delicatissimo senza subire condizionamenti». Ancora, ha stigmatizzato «gli attacchi della stampa che si spostano sul personale», per «delineare la figura del magistrato come nemico del popolo».

Marco Gattuso, presidente del collegio che ha rinviato il dl alla Corte del Lussemburgo, ha scelto di non intervenire in prima persona per «evitare personalismi», ma ha inviato una lettera che ha ricevuto un lungo applauso: «In questi giorni si è assistito al tentativo di trasferire l’attenzione da un provvedimenti giurisdizionale, che può sempre essere oggetto di critica, ai giudici che lo hanno firmato, con un oggettivo effetto intimidatorio e di condizionamento».

Di nuovo, le dure contestazioni nei confronti di singoli magistrati hanno unito le toghe: il gruppo conservatore di Mi ha espresso «solidarietà al magistrato colpito da illazioni giornalistiche» e «attacchi personali ingiusti» e lo stesso hanno fatto Area e Unicost, che erano presenti a Bologna. «Si è arrivati ad attaccare un giudice per l’esercizio della facoltà di investire la Corte di giustizia sull’interpretazione di una norma giuridica», ha scritto Rossella Marro (Unicost); «è il momento della unità di chi esercita la giurisdizione, dei magistrati, degli avvocati, degli operatori del diritto, per testimoniare che nessuna maggioranza politica, nessun interesse nazionale può sacrificare i diritti», ha detto Giovanni Zaccaro (Area).

Anche oltre duecento ex toghe si sono mobilitate, sottoscrivendo un documento che esprime «preoccupazione per i tentativi dell’attuale maggioranza di modificare in senso autoritario la forma di Stato» e per «gli attacchi ai magistrati».

Le repliche

Durissime sono arrivate le repliche del centrodestra. In una nota la Lega ha risposto sprezzante a Santalucia: «L’unico ostacolo all’esercizio del loro delicatissimo lavoro sembra essere la tendenza a partecipare a convegni e talk show quando sarebbe auspicabile vederli sempre di più in tribunale».

Matteo Salvini ha aggiunto: «Per colpa di alcuni giudici comunisti che non applicano le leggi, il Paese insicuro ormai è l'Italia». Fratelli d’Italia con Fabio Rampelli ha ribadito che «ormai è evidente: una certa magistratura vuole dettare l’agenda delle politiche migratorie sostituendosi al governo. Il che è semplicemente inaccettabile» e ancora, rispetto alla sentenza di Catania, «siamo in presenza di decisioni da certe toghe ai limiti dell’eversione».

Il punto di scontro, infatti, è diventato soprattutto a chi spetti la valutazione se un paese di provenienza dei migranti sia o meno sicuro e su questo il governo è convinto che si tratti di una scelta che tocchi esclusivamente alla politica, le toghe invece – sulla scorta di una sentenza della Corte di giustizia – ritengono che la verifica della compatibilità della designazione dello Stato con il diritto Ue spetti al giudice. Per sciogliere il nodo, servirà l’intervento dei giudici europei.

© Riproduzione riservata