Venerdì sbarcano otto migranti di origine egiziana e bengalese nel porto di Shëngjin. Ma il tribunale potrebbe non convalidare di nuovo. Con gli stessi costi le Ong salvano centinaia di vite. Il premier ungherese attacca: «Ribellarsi ai magistrati per fermare i migranti»
«I centri sono basati su un accordo bilaterale tra Albania e Italia, non è un progetto Ue. Vedremo quanto queste soluzioni funzioneranno, per ora non stanno andando bene». Questa volta la bocciatura al protocollo Italia-Albania non viene dai giudici italiani ma dalla neo commissaria Ue designata all’Allargamento, Marta Kos, che ha risposto a una domanda dell’eurodeputata Ilaria Salis durante la sua audizione di conferma al parlamento europeo. «Vedo ciò solo come un'opportunità per vedere come funzionano cose diverse da quelle che abbiamo deciso di fare nell'Ue», ha proseguito Kos. Quindi imparare per evitare di fare gli stessi errori.
Mentre la commissaria Kos esprimeva il suo giudizio severo sulle scelte del governo Meloni, la nave Libra della Marina militare era già in navigazione verso l’Albania, per la seconda volta in meno di un mese, con a bordo solo otto migranti. Da quanto apprende Domani provengono da Egitto e Bangladesh, entrambi inseriti nella lista dei paesi sicuri, come i primi 12 arrivati lo scorso 16 ottobre e poi riportati in Italia dopo che i giudici di Roma non hanno convalidato il loro trattenimento.
Gli otto migranti sbarcheranno nel porto di Shëngjin intorno alle otto del mattino dopo oltre due giorni di viaggio, saranno poi trasferiti nella struttura di Gjadër, in attesa della convalida o meno del trattenimento. L’impressione, però, è che anche questa volta i giudici libereranno i migranti in attesa del parere della Corte di giustizia europea che potrebbe arrivare tra qualche mese e alla quale sono stati chiesti chiarimenti sull’interpretazione della normativa europea sulla designazione di paese sicuro.
Persino Viktor Orbàn, riferimento politico di Meloni in Europa, ha contestato le toghe italiane: «Non credo che potremo fermare la migrazione se non ci ribelliamo alle decisioni giudiziarie e ai regolamenti attualmente in vigore», ha detto il premier ungherese. Il governo Meloni è consapevole dei rischi che sta correndo e lo scontro con la magistratura è l’arma di propaganda politica per nascondere i fallimenti di un progetto pensato male e realizzato peggio: sia per una questione di costi pubblici sia per le procedure accelerate di frontiera a danno dei migranti. Ma il Viminale è pronto a fare ricorso anche questa volta.
Spese a confronto
Se i migranti torneranno in Italia l’intera operazione non farà altro che aumentare le spese per i contribuenti italiani. Da mesi le opposizioni denunciano i costi esorbitanti dell’intero piano Albania che al momento sono stimati in circa 900 milioni di euro. Secondo il deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli, il viaggio costa 36mila euro a migrante. In totale significa 288mila euro. Una cifra non indifferente ma non ufficiale. Per il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, «il costo reale dell’impegno della nave Libra si è rivelato di 8.,400 euro complessivo al netto delle spese di ordinario esercizio quotidiano della nave», come ha detto in un question time al Senato la settimana scorsa.
Dalla Marina confermano i numeri di Piantedosi, che equivalgono al compenso forfettario – calcolato sulla base di tabelle ministeriali – che il Viminale fornisce alla Marina per l’uso della Libra e del suo equipaggio composto da settanta persone. Ma il costo effettivo è più alto, impossibile prevedere in anticipo la cifra esatta del carburante impiegato o eventuali deviazioni della Libra per caricare altri migranti.
Se si considera una settimana di navigazione tra andata e ritorno dai porti italiani a quello di Shëngjin, il costo solo per l’impiego della Libra è di quasi 60mila euro. Il tutto, per otto persone. Un dato perciò rende ancora più pretestuosi gli attacchi che il governo Meloni rivolge alle ong che salvano vite in mare, che peraltro non operano con soldi pubblici ma solo con donazioni private.
La nave Life Support di Emergency, nel suo primo anno, ha speso in media 200mila euro a missione, di cui 70mila per raggiungere e tornare dai porti assegnati dalle autorità italiane. Il calcolo è una stima delle 14 missioni eseguite tra il dicembre 2022 e il dicembre 2023. Nel suo sito la ong Sos Humanity scrive che in media le sue missioni annuali sono coperte da 380mila euro di donazioni. Soldi che servono a salvare centinaia di migranti, mentre il governo li impiega per deportarne una decina in Albania.
Altri costi
Senza contare, poi, i milioni di euro spesi per la costruzione delle strutture in Albania e quelli impiegati per gli alloggi dei funzionari di polizia e della polizia penitenziaria che lavorano nei centri. Per il vitto e l’alloggio di trecento agenti nel lussuoso Rafaelo resort di Shëngjin sono previsti nove milioni di euro l’anno, a questo si somma la paga diaria e la trasferta.
Il Viminale ha specificato nei giorni scorsi che «l’importo di 9 milioni di euro rappresenta la spesa massima stimata nel caso in cui fosse utilizzata l'intera aliquota di personale di vigilanza prevista». Che i costi fossero alti era già noto alle autorità italiane. Lo scorso luglio il ministero dell’Interno ha autorizzato la spesa di 52.700 euro per «la locazione di camere con ristorazione e connessi servizi in struttura alberghiera, presso il “Maritim Rafaelo Resort”» per soli 24 agenti di polizia.
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