Il marito di Ilenia ha una sordità neurosensoriale bilaterale e sua suocera le racconta spesso che, quando lui era piccolo, a L’Aquila non c'erano logopedisti. Lei allora prendeva il pullman, faceva un viaggio di due ore e lo portava a Roma a fare lezioni, quattro volte a settimana.

«Questa cosa mi sembrava assurda, però poi quando sono stata io a portare mio figlio a fare logopedia, ho visto che le famiglie oggi si trovano in situazioni di attesa e frustrazione simili», dice Ilenia. «Pensavo che dopo quarant’anni tutti questi grandi progressi non sono stati fatti. L'offerta è comunque sempre molto limitata rispetto alle necessità», dice Ilenia.

Ilenia è un medico specializzando. Quando suo figlio aveva circa due anni, si è accorta che «non c’era ancora stata quell’esplosione di parole che solitamente si verifica a quell’età». «Ha un ritardo nello sviluppo del linguaggio, ma con la logopedia e la neuropsicomotricità fa molti progressi», spiega.

Quando aveva ottenuto una certificazione dall'unità di valutazione, Ilenia aveva presentato la documentazione al servizio di riabilitazione dell'Asl, ma le graduatoria di accesso al servizio pubblico prevedeva circa due anni di attesa, così era passata al privato.

Con il logopedista privato, però, suo figlio va in clinica una volta a settimana in meno rispetto a quelle che gli sono state prescritte. Una sola seduta all'Aquila costa 40 euro e con quella spesa in più la famiglia sarebbe stata “in difficoltà”, dice.

In Italia le persone che hanno bisogno di un logopedista incontrano diversi problemi, dalla difficoltà nell'accesso ai servizi per le lunge liste di attesa, e così a un tempestivo intervento sui disturbi del linguaggio, ai costi delle cliniche private.

Pochi professionisti, attese e prezzi

In Italia la domanda per i servizi logopedici cresce sempre di più. Secondo la Federazione Logopedisti Italiani (Fli), circa il 62 per cento dei pazienti in terapia intensiva e nelle stroke unit soffre di difficoltà di deglutizione dopo l'estubazione, e il 30 per cento degli ictus porta a problemi di linguaggio. Ad oggi, secondo un rapporto dell’Oms Europa, in Italia sono più di 27 milioni le persone che avrebbero bisogno di riabilitazione.

Oltre agli adulti con condizioni croniche come afasia post-ictus, Parkinson o demenze, i numeri sono altissimi anche tra bambini: il 7,6 per cento dei bambini in età prescolare, e il 4 per cento in età scolare, soffre già di disturbi specifici del linguaggio che potrebbero richiedere un intervento strutturato.

Secondo esperti e operatori del settore, anche il lockdown ha contribuito ad aumentare la richiesta, influendo sulla capacità dei bambini scolari e prescolari di accedere a determinati prerequisiti necessari per l'apprendimento.

«Però è anche vero che adesso insegnanti e pediatri hanno un occhio un po' più attento», dice la dottoressa Gina Rizzi, logopedista che all’Associazione One Parent presta servizio pro bono a famiglie a basso reddito. «La letteratura ormai supporta assolutamente un intervento precoce. Solo che non sempre è possibile», aggiunge.

Mentre la platea di chi ha bisogno di assistenza cresce esponenzialmente, quella dei professionisti del settore non sembra infatti riuscire ad allargarsi alla stessa velocità. Secondo gli ultimi dati disponibili, in Italia ci sono circa 15mila logopedisti professionisti attivi, equivalenti a 25 per ogni centomila abitanti, contro una media europea di quaranta.

I professionisti si ritrovano con numerosissimi utenti da seguire, che sono costretti a loro volta a calendari di accesso sovraffollati e a lento scorrimento prima di poter effettivamente iniziare un percorso di cura. Secondo la Fli, l’attesa nel Servizio sanitario nazionale è tra i 12 e i 24 mesi.

Interventi veloci

Nonostante l’attesa prevista dalle Asl, la tempestività è fondamentale in questo tipo di percorsi di cura. Secondo la dottoressa Rizzi, un intervento tardivo rende infatti sempre più difficile lavorare sul disturbo, che sedimentandosi dà vita a una serie di problematiche «anche di natura diversa da quelle dell'apprendimento», dice.

«Immaginiamo un bambino non diagnosticato che passa dalla quarta elementare alla quinta, poi alla prima media, prima di avere una certificazione in mano, affrontando un curriculum scolastico sempre più complesso e facendo il quadruplo della fatica per avere risultati a volte appena sufficienti», spiega la dottoressa Rizzi. «La demotivazione, la depressione, la voglia di mandare tutti a quel paese, di abbandonare gli studi, sono proprio dietro l'angolo».

Per quanto riguarda gli anziani e altri pazienti con disfagia, specialmente se post-ictus, un trattamento tardivo aumenta invece il rischio di malnutrizione, disidratazione e polmoniti da aspirazione. La logopedia può ridurre la durata del ricovero e i rischi associati, migliorando la qualità della vita e facilitando il recupero della capacità di nutrirsi e comunicare.

Molti pazienti e famiglie non sono disposti pertanto ad aspettare i tempi del pubblico, optando così per le cliniche private. «Se ce lo si può permettere», sottolinea la dottoressa Rizzi.

Il costo dei logopedisti privati in Italia varia infatti in modo significativo in base alla località e al tipo di servizio offerto. Secondo il sito Mamma Logopedista, il prezzo di un esame del linguaggio va dai 100 ai 200-220 euro e quello di una seduta di riabilitazione è tra i 30 ai 50 euro a visita. Secondo l’Osservatorio prezzi di Cup Solidale, invece, una seduta logopedica a domicilio può variare dal 50 ai 450 euro.

Tutti quelli che non possono permettersi di pagare queste quote rimangono aggrappati alla loro prenotazione all’interno delle lunghe code di accesso del pubblico. Finché molti rinunciano anche a quella.

Chi rimane fuori

Tra pagare centinaia di euro a settimana e aspettare mesi, o anni, sono sempre più nutrite le categorie di pazienti che rinunciano a farsi curare, spiega la dottoressa Tiziana Rossetto, logopedista e presidentessa della Fli.

«Le famiglie spesso accettano di spendere quelle cifre, dando giustamente la priorità ai figli, al futuro. Chi ci rimette nella maggior parte dei casi sono gli adulti. E loro sono molti più di quanto pensiamo, eppure se ne parla pochissimo», dice la dottoressa Rossetto.

Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), circa il 24 per cento degli over 65 ha rinunciato a cure o esami necessari nel periodo 2021-2022, con un incremento in chi ha difficoltà economiche. I motivi principali includono liste d’attesa troppo lunghe (36 per cento dei casi) e costi insostenibili (5 per cento). Queste percentuali sono ancora più alte per chi soffre di patologie croniche, il che aggrava il rischio di peggioramento delle condizioni di salute​.

«E così queste persone a volte rimangono anche con una scarsa consapevolezza del loro disturbo, e quel bisogno di fatto rimane inespresso», dice la dottoressa Rossetto.

Secondo la dottoressa, sono tanti gli aspetti su cui bisognerebbe lavorare, dall’aumentare i posti per i logopedisti nel pubblico agli screening nelle scuole per individuare preventivamente i disturbi. «Si tratta di venire incontro alle persone più vulnerabili. Pensiamo agli anziani fragili nelle case di riposo, ma anche ai minori stranieri e il loro multilinguismo. Così tutte queste storie, tante categorie di persone, ce le lasciamo indietro», dice Rossetto.

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