L’avvocato Luca Di Donna e l’imprenditore Giovanni Buini, ma anche Giuseppe Conte e Domenico Arcuri. E poi Guido Bertolaso. L’indagine per traffico di influenze ricostruita attraverso le storie dei suoi protagonisti
L’avvocato Luca Di Donna, compagno di studi e socio dell’ex premier Conte, è indagato dalla procura di Roma per traffico di influenze illecite. È accusato di aver speso il nome di alti funzionari pubblici, tra cui Giuseppe Conte e Domenico Arcuri, per avere vantaggi nell’ambito della fornitura di mascherine anti-Covid. Gli sono state contestate parcelle per circa 100mila euro.
La procura di Roma indaga su uno scambio con l’imprenditore Giovanni Buini, attivo nel settore sanitario. Un affare che non sarebbe andato a buon fine. Buini avrebbe chiuso i rapporti con Di Donna a causa delle «modalità opache della mediazione», sicuro che avrebbe concluso da solo un contratto con la struttura commissariale di Arcuri. Qualche giorno dopo, gli uffici del commissario lo avrebbero avvisato che l’affare era saltato.
L’inchiesta coinvolge l’ex presidente del Consiglio Conte, a cui si deve la nomina di Arcuri alla guida della struttura per l’emergenza. Sia Conte che Arcuri non sono indagati, i loro nomi sarebbero stati sfruttati a loro insaputa. Ma lo scandalo rischia di coinvolgerli dal punto di vista etico e politico: «La vicenda di Di Donna e compagni – hanno scritto Giovanni Tizian ed Emiliano Fittipaldi – è spia di una gestione discutibile degli appalti nell’epoca pre-Figliuolo».
Luca Di Donna
Avvocato e docente di diritto alla Sapienza di Roma, è un ex socio di Giuseppe Conte e fedelissimo dell’ex premier. Entrambi hanno lavorato per lo studio legale Alpa, a Roma. Tra il 2016 e il 2018 è stato consigliere giuridico del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Sandro Gozi (ex Pd). È titolare di due società inattive, la Persefone immobiliare srl e la Samsara srl, e proprietario di tre appartamenti a Roma per un valore di due milioni di euro.
Di Donna è indagato dalla procura di Roma insieme ad altri due avvocati – Gianluca Esposito e Valerio De Luca, suoi soci – e ad altre 11 persone per traffico di influenze illecite. È accusato di aver speso il nome di alti funzionari pubblici, tra cui Giuseppe Conte e Domenico Arcuri, per avere vantaggi nell’ambito della fornitura di mascherine anti-Covid. Di Donna avrebbe ottenuto consulenze irregolari da aziende private interessate all’assegnazione di appalti pubblici.
Vantando amicizie con alcuni pubblici ufficiali vicini ai centri di spesa, si sarebbe fatto promettere denaro come prezzo della propria mediazione. Gli appalti in questione riguardano forniture di mascherine alla struttura commissariale per l’emergenza Covid, al ministero dello Sviluppo economico e a Invitalia, agenzia guidata da Arcuri. A Di Donna sono state contestate parcelle per circa 100mila euro, mentre altri 150mila euro sarebbero stati promessi ma non incassati.
Negli scorsi mesi, Di Donna è stato segnalato all’autorità antiriciclaggio per operazioni finanziarie sospette: il suo conto sarebbe alimentato da bonifici esteri, come quelli disposti dalla BN Consult, una spa finanziaria con sede in Bulgaria, per un valore di 680mila euro, dalla Pop 12 Sarl (Lussemburgo) e dalla Ganchev Eood Eood (Bulgaria). Non è chiaro quali siano le prestazioni specifiche fornite da Di Donna ai clienti.
Giovanni Buini
Imprenditore di Perugia attivo nel settore sanitario e titolare della Ares Safety, che produce dispositivi di protezione individuale, è il testimone dalle cui dichiarazioni è partita l’inchiesta. In cerca di intermediari per vendere mascherine alla struttura commissariale di Arcuri, Buini ha incontrato più volte l’avvocato Di Donna. In un incontro era presente anche Enrico Tedeschi, numero tre dell’Aise, l’agenzia informazioni e sicurezza esterna.
Buini, Di Donna ed Esposito si sono visti una prima volta nell’aprile 2020. L’imprenditore aveva in ballo con il commissario per l’emergenza una fornitura di 160 milioni di mascherine da distribuire alle farmacie a prezzi calmierati. I due professionisti avrebbero fatto pesare i loro agganci con Conte, facendogli firmare un accordo con cui Buini si impegnava a versare loro una consulenza pari all’8 per cento della commessa. In cambio Di Donna ed Esposito gli avrebbero garantito affidamenti diretti da parte della struttura di Arcuri.
Dopo un secondo incontro presso lo studio legale Alpa, nel maggio 2020, Buini avrebbe chiuso i rapporti con Di Donna a causa delle «modalità opache della mediazione», sicuro che avrebbe concluso per conto proprio il contratto con la struttura commissariale. Qualche giorno dopo, Buini è però venuto a sapere che gli uffici del commissario non erano più interessati alla sua proposta.
L’imprenditore umbro era considerato affidabile fino a poche settimane prima: aveva già fatto arrivare 500mila mascherine alla struttura guidata da Arcuri. Dopo l’interruzione dei rapporti tra Buini e Di Donna, l’ente governativo annuncia all’imprenditore la volontà di sospendere i rapporti con lui e di restituirgli le mascherine già consegnate «per mutate esigenze della struttura commissariale».
Domenico Arcuri
Dal 2007 amministratore delegato di Invitalia, l’agenzia pubblica che gestisce gli incentivi per la nascita di nuove imprese, è stato commissario straordinario per l’emergenza Covid durante il secondo governo Conte. In quel ruolo è stato poi sostituito dal generale Figliuolo, fortemente voluto dal presidente Draghi.
Arcuri era a capo della struttura commissariale che avrebbe dovuto ricevere i dispositivi di protezione individuale dalla società di Giovanni Buini. Di Donna ed Esposito avevano avuto «contatti plurimi o frequentissimi» con Arcuri e la sua struttura, in particolare tra il 5 e il 15 maggio 2020.
Per questa indagine l’ex commissario per l’emergenza Covid non è iscritto nel registro degli indagati e non è stato interrogato. È invece indagato per peculato e abuso d’ufficio in un’inchiesta parallela che coinvolge l’ex giornalista Rai Mario Benotti, mediatore nell’acquisto di mascherine cinesi e anche lui accusato di traffico di influenze illecite.
Giuseppe Conte
Presidente del Consiglio tra il 2018 e il 2021, dallo scorso agosto è il capo politico del Movimento 5 stelle. Già docente di diritto privato all’università di Firenze, è stato a lungo socio dello studio legale Alpa. A lui si deve la nomina di Arcuri, suo uomo di fiducia, alla guida della struttura commissariale per l’emergenza.
Secondo i pm Gennaro Varone e Fabrizio Tucci, Di Donna avrebbe «trafficato» i nomi di Conte e Arcuri, utilizzandoli cioè a loro insaputa per accreditarsi come intermediario autorevole agli occhi di Buini. Un tentativo reso possibile dopo che Conte si era affermato «sotto il profilo politico».
Nelle carte dell’inchiesta, Di Donna viene descritto dall’imprenditore Lorenzo Gragnaniello come «il referente di Conte per quanto riguarda la ristrutturazione del Movimento 5 stelle»: un’ipotesi smentita dall’entourage di Di Donna, che ha anche escluso una sua partecipazione alla scuola di formazione politica del M5s. Conte non risulta indagato e ha detto di non aver mai incontrato Di Donna mentre era a palazzo Chigi.
Nel maggio 2020, data dell’incontro tra Di Donna e Buini in cui era presente il generale Tedeschi, numero tre dell’Aise, l’allora premier Conte era anche capo dei servizi segreti, avendo tenuto per sé la delega.
Guido Bertolaso
Già capo dipartimento della protezione civile e commissario per il terremoto dell’Aquila durante il governo Berlusconi, è consulente per l’emergenza Covid della regione Lombardia. È coinvolto nell’inchiesta di Roma per via di una email spedita da Buini ad Arcuri, in cui l’imprenditore fa il nome di Bertolaso per accreditarsi agli occhi del commissario all’emergenza: «Ci siamo già sentiti per tramite di Guido Bertolaso», scrive Buini nella lettera.
Secondo fonti vicine alla struttura anti-Covid, Bertolaso avrebbe presentato Buini all’ex commissario, anche se i rapporti tra Bertolaso e Arcuri non sarebbero per nulla buoni. L’imprenditore perugino ha confermato di conoscere Bertolaso, definito «un amico con cui gioco a golf». L’ex capo della protezione civile non risulta indagato dalla procura di Roma.
© Riproduzione riservata