Per il premier albanese Edi Rama le inchieste di Domani sono una «vergogna». Lo ha detto alla conferenza stampa congiunta, con la premier Giorgia Meloni, che ha fatto la sua comparsa in Albania, dove sono in corso i lavori per la costruzione di tre centri per migranti prima delle elezioni europee.

«Lasciatemi esprimere il mio sollievo di vedervi tutti qui sani e salvi in quest’area dove, secondo un giornale italiano, Domani, c’è il cuore della malavita albanese», ha detto Rama all’inizio della conferenza «agiscono clan legati al traffico di esseri umani». Il premier albanese si riferisce a un’inchiesta pubblicata da Domani, in cui si è dato conto del lavoro della Spak, l’equivalente in Albania della procura antimafia, sulla criminalità organizzata nel paese.

«Ci siamo rivolti alla procura speciale contro il crimine organizzato, che ci ha rassicurato che questo cuore malavitoso non esiste né in quest’area, né in altre aree dell’Albania. Secondo la procura speciale, parte della rete di Eurojust, non ci sono i presupposti per parlare di una mafia albanese», ha proseguito Rama.

Ma per il premier albanese, nel paese, «non c’è nessuna mafia», «è un concetto usato per gettare fango sull’Albania». E continua: «Esprimo tristezza su tante verità che si sono dette sull’Albania con il chiaro intento di buttare fango. Devono vergognarsi tutti coloro che hanno trasformato il diritto democratico a opporsi a tale accordo nel quarto potere, sulla pelle dell’Albania, degli albanesi e dello stesso pubblico italiano», perché «noi aiutiamo l’Italia con il cuore. Siamo fieri di aiutare».

Ci pensa però Meloni a esprimere solidarietà al presidente Rama e al popolo albanese per «gli attacchi ricevuti in questi mesi, quando hanno deciso di offrire anche con questo governo la loro collaborazione all’Italia». I media italiani, prosegue Meloni, hanno fatto una «durissima campagna denigratoria del governo albanese, della nazione nel suo complesso, che è stata dipinta come una sorta di narcostato, controllato dalla criminalità organizzata».

Ma il bersaglio non è Rama, spiega Meloni, assicurandogli che «gli italiani sono riconoscenti». L’accordo, sottoscritto con il paese al di là dell’Adriatico, «è di grande respiro europeo», «estremamente innovativo», che «sta diventando un modello, perfino per la Germania». 

Il cronoprogramma

La prima struttura è pronta, spiega Meloni, con le funzioni tipiche di prima accoglienza. «Non saranno portati in Albania soggetti vulnerabili, minori, donne, anziani, persone fragili», assicura ancora una volta Meloni, che però non tiene conto della mappa del Genio miliare dove è prevista una stanza per i minori. 

Saranno centri per i migranti che vengono dai paesi sicuri, prosegue la premier, la cui lista è stata ampliata di recente, inserendo, tra gli altri, Egitto, Bangladesh, Camerun, e confermando ad esempio la Tunisia. Il che significa che potranno essere sottoposti alle procedure accelerate di frontiera. 

Ma i centri non diventeranno operativi prima del 1 agosto, precisa la premier, un ritardo che giustifica dicendo: «Noi qui vogliamo fare le cose per bene. Se quello che stiamo facendo funzionerà, e funzionerà, avremo inaugurato una fase completamente nuova nella gestione del problema migratorio. L’accordo potrebbe essere replicabile in altri paesi, potrebbe diventare una parte della soluzione strutturale dell’Unione europea». Data, quella del 1 agosto, che non corrisponde a quanto emerge dai documenti del Genio militare che erano stati consultati da Domani.

Un altro elemento del protocollo che è stato ridimensionato è quello della capienza. Dal bando della prefettura di Roma si legge che i due centri potranno contenere 1.024 persone, mentre l'accordo parla di un massimo di 3mila persone contemporaneamente. «Le due strutture devono lavorare insieme e saranno operative dal 1 agosto. Noi partiamo per ora da più di mille posti, attualmente, che chiaramente arriveranno ai tremila», dice Meloni.

Il trasporto, continua la premier, sarà assicurato da navi governative italiane e da un traghetto privato che verrà affittato da settembre al costo di 13,5 milioni di euro, per «mancanza di navi della marina militare». Il ministero dell’Interno ha infatti pubblicato la manifestazione di interesse. 

Meloni accusa poi di aver poi «scritto e detto molto sul capitolo dei costi»: il totale della spesa, dice Meloni, sarà di 670 milioni di euro per 5 anni, 134 milioni di euro l’anno. «Il 7,5 per cento delle spese connesse all’accoglienza dei migranti nel territorio nazionale».

I centri

Foto drone Kristi Cavo

Il sistema Albania non è ancora pronto, ma bisogna ricordare ai cittadini italiani – che tra pochi giorni saranno chiamati a votare alle elezioni europee – che il governo non ha cambiato linea sull’immigrazione. Continua a criminalizzarla e a non avere alcun piano per gestire un fenomeno strutturale e non emergenziale. 

Per questo Giorgia Meloni, dopo l’annuncio di martedì di voler modificare la politica dei flussi così come prevista dalla Bossi-Fini visti i «dati allarmanti» – che da tempo vengono denunciati dalle associazioni che si occupano di immigrazione – è in visita sui luoghi in cui dovrebbero sorgere i tre centri, uno al porto di Shengjin, nel nord del paese, per l’identificazione e il fotosegnalamento, l’altro a venti minuti di distanza a Gjader, nell’entroterra. Qui dovrebbero sorgere due centri, un hotspot e un centro per il rimpatrio, dove dovrebbero essere portate solo persone salvate in acque internazionali dalle imbarcazioni delle autorità italiane.

Se il primo è pronto, come ha fatto sapere il direttore del porto Sander Marashi, l’altro è ancora inesistente. Ma la struttura di Shengjin è solo funzionale a quella di Gjader, perché non ha posti letto né spazi per il pernottamento. E quindi la visita di Meloni in fretta e furia è solo una delle tante azioni di propaganda, in una campagna elettorale dai toni sempre più alti. 

«La struttura è pronta, ieri sono stati ultimati i lavori ed è passata sotto la gestione italiana. Potrà ospitare circa 200 persone che poi saranno trasferite nelle strutture di Gjader», ha spiegato Marashi, lo stesso che quando Domani ha visitato il porto ha detto di non poter autorizzare l’accesso perché la gestione era già italiana. 

Le reazioni

Una visita, quella di Meloni, che il segretario e deputato di +Europa Riccardo Magi ha definito una «passerella in Albania per presentare i nuovi hotspot e Cpr – non ancora realizzati – in cui intende mandare al di fuori di ogni regola e procedura i migranti diretti verso il nostro paese. Meloni continua a considerare la gestione dei flussi migratori come una questione di sicurezza e non di politiche del lavoro», ha scritto su X. 

L’«ennesimo spot di propaganda di questo governo», commenta poi Angelo Bonelli, deputato di Alleanza verdi e sinistra in una nota. «Per la realizzazione di due centri che ospiteranno 800 migranti ogni tre mesi per i prossimi 5 anni stiamo parlando di una spesa che supera il miliardo di euro», continua Bonelli, «una cifra elevatissima che poteva e doveva essere investita per ridurre i tempi di attesa nella sanità».

Le spese «sono fuori controllo», spiega, precisando che «solo per il noleggio di una nave per 90 giorni, il Viminale spenderà 13,5 milioni di euro. Proiettando questa spesa sui cinque anni del protocollo, si arriva a 270 milioni di euro. È inaccettabile. Oggi ci troviamo già a 825 milioni di euro di spesa, e con questi ulteriori esborsi supereremo abbondantemente il miliardo. Un pozzo senza fondo che drena risorse pubbliche. Questo miliardo doveva essere usato per la nostra sanità. Ospedali in crisi con liste di attesa interminabili. Destiniamo queste risorse alla sanità e rispettiamo i diritti umani delle persone migranti», ha concluso.

La vicinanza al giorno delle elezioni è stata evidenziata anche i deputati del Partito democratico che a fine maggio si sono recati sui luoghi interessati. «A quattro giorni dalle elezioni la fanfara della propaganda di Palazzo Chigi cercherà di nascondere il grande bluff che sta dietro l’accordo con l’Albania per la gestione dei migranti e lo farà mostrando le immagini dei container del porto di Shengjin, uniche strutture montate in fretta e furia, che a nulla serviranno finché non sarà costruito il centro principale a Gjader», scrivono in una nota congiunta, Enzo Amendola, Simona Bonafè, Matteo Mauri e Matteo Orfini.

«Chiederemo conto in Parlamento di quanto ha pesato sulle casse dello Stato questa “gita fuori porta” della presidente Meloni e di tutta la sua organizzazione», annunciano. Quanto costa e chi paga», chiedono i deputati, «la passerella elettorale della presidente del Consiglio che oggi sbarcherà in Albania per “inaugurare” i centri per migranti che ancora non ci sono?. Abbiamo visto qualche ruspa e un paio di operai in una landa desolata».

Per i parlamentari del Pd il protocollo Italia-Albania «è un’idrovora di denaro pubblico». 

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