«Perché un’importantissima prova a discarico è stata silenziata?», ha detto la difesa prima di depositare un’intercettazione che punta a ribaltare la condanna a 13 anni e due mesi nel processo di primo grado. Lucano: «Non mi interessa una riduzione di pena, sconti o altro. Io voglio l’assoluzione»
Nuove intercettazioni ottenute dagli avvocati di Mimmo Lucano proveranno a ribaltare la condanna in primo grado a 13 anni e due mesi contro l’ex sindaco di Riace.
La Corte d’Appello di Reggio Calabria ha disposto, infatti, la riapertura dell’istruttoria e l’acquisizione di altre intercettazioni ambientali che non erano neanche state trascritte nel processo del tribunale di Locri che ha ritenuto Mimmo Lucano colpevole di associazione a delinquere, truffa, peculato, falso e abuso d’ufficio.
Nel materiale in questione, c’è una conversazione, riportata dal Fatto Quotidiano e da Repubblica tra l’ispettore della prefettura Salvatore Del Giglio e Mimmo Lucano avvenuta il 20 luglio del 2017 che gli avvocati intendono utilizzare per ribaltare la condanna di primo grado. Quel giorno il funzionario Del Giglio si trovava a Riace per stilare una relazione sul modello della gestione dei migranti messo in piedi dall’ex sindaco al quale ha detto: «L’amministrazione dello stato non vuole il racconto della realtà di Riace… oggi la mission dello stato… sapete che lo stato è composto… come qua da voi. C’è l’opposizione….».
L’ispettore ha espresso soddisfazione nei confronti del modello messo in piedi da Lucano ma lo ha anche avvertito: «Voi non potete fare altro che andare avanti, altrimenti fareste il loro gioco. Vi dovete aspettare, perché non è improbabile, che un domani verranno la Guardia di finanza…». Poco più di un anno più tardi da quella conversazione, nell’ottobre del 2018, Mimmo Lucano è stato arrestato.
La difesa
L’avvocato Andrea Daqua che difende Mimmo Lucano ha depositato l’intercettazione per l’istruttoria ma si è domandato anche: «Perché un’importantissima prova a discarico è stata silenziata?». Secondo la difesa la nuova intercettazione giustifica il sistema di accoglienza messo in piedi in Calabria dall’ex sindaco e attribuisce un connotato politico al suo caso.
Il processo di appello inizierà in autunno, il prossimo 26 ottobre, ma non sarà breve. Tuttavia, Mimmo Lucano ha già detto che punta all’assoluzione: «Non mi interessa una riduzione di pena, sconti o altro. Io voglio l’assoluzione piena. Sono in pace con la mia coscienza, non ho mai avuto e non ho nulla da nascondere, voglio solo ristabilire la verità».
Il processo di primo grado
Secondo l’ex sindaco di Riace il processo di primo grado, che si è svolto nel tribunale di Locri e lo ha condannato a oltre 13 anni di carcere, aveva lo scopo di criminalizzare il sistema d’accoglienza inclusivo messo in piedi nel piccolo comune calabrese. Un modello studiato in tutto il mondo da diversi esperti e che ha portato Riace sulle pagine di giornali internazionali.
Lo scorso 30 settembre, però, Mimmo Lucano è stato considerato colpevole di diversi reati e non solo in relazione ai progetti di accoglienza. Nell’ambito del processo sono emerse diverse ipotesi di reati per fatti come il mancato pagamento dei diritti Siae per i festival estivi, o illeciti negli affidamenti nella raccolta dei rifiuti e della pulizia delle spiagge, fino alla mancata riscossione dei diritti di segreteria dell’Ufficio anagrafe del Comune o il rilascio del falso certificato di stato civile alla propria compagna.
Il tribunale di Locri ha ammesso che da una parte Riace era «un modello e un simbolo di integrazione per tutto il mondo» ma per i giudici quello che guidava questo disegno era «sfrenata sete di visibilità politica da parte del Lucano medesimo - risultato essere il vero e proprio deus ex machina di quel sistema sotterraneo e perverso». Nelle oltre 900 pagine di motivazioni della sentenza di primo grado emerge anche che Mimmo Lucano ha dichiarato di non aver guadagnato nemmeno un euro dal sistema di accoglienza messo in piedi.
La solidarietà
Dopo la condanna una parte della popolazione e diverse ong attive nell’accoglienza dei migranti e non solo hanno espresso solidarietà all’ex sindaco di Riace. Una solidarietà che si esprime anche oggi. L’associazione “A buon diritto”, presieduta da Luigi Manconi, ha proposto di coordinare una raccolta fondi per pagare i 360mila euro di ammenda a cui Mimmo Lucano è stato condannato, ma per ora lui si è rifiutato, preferendo che quei soldi siano investiti per migliorare l’accoglienza a Riace e non solo.
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