Il nuovo Codice della strada voluto dal ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini è diventato legge dopo l’approvazione del Senato con 83 favorevoli e 47 contrari. In generale, il nuovo sistema di regole ha generato molte critiche all’interno dell’opinione pubblica e, in particolare, tra le associazioni che si occupano a vario titolo di mobilità alternativa a quella considerata dura, ovvero con auto o moto. Non solo, molte perplessità stanno emergendo, dopo l’approvazione, riguardo al trattamento di chi viene trovato alla guida positivo al consumo di sostanze stupefacenti, anche se i test ne rilevano la presenza anche a distanza di giorni e quindi senza più un effetto sulle capacità di chi è alla guida. 

Tornando però alla modalità leggera, le polemiche si sono concentrate molto sulle nuove norme relative ai monopattini. I mezzi dovranno avere degli indicatori luminosi di direzione e freni su entrambe le ruote. Non potranno più circolare fuori dai centri urbani, sulle strade extraurbane e in galleria. La velocità massima consentita scende a 20 km/h, a 6 km/h nelle aree pedonali. Oltre a questo, però i monopattini dovranno avere una targa o un codice di riconoscimento,  un’assicurazione Rc auto e chi li guida dovrà avere un casco. 

Le perplessità delle associazioni di settore

Queste nuove norme vengono considerate da Assosharing – l’associazione di categoria del comparto sharing mobility – come regole nate per motivi di propaganda, che non hanno ascoltato le opinioni espresse dalla categoria stessa negli ultimi anni e sono andate verso una complicazione ulteriore della normativa esistente.

Queste regole, inoltre, sono «inapplicabili» spiega Andrea Giaretta, general manager di Dott per l’Italia e vicepresidente di Assosharing. Ad esempio l’obbligo di uso del casco è difficilmente concretizzabile: «Non è possibile agganciare un casco a un monopattino e un bauletto sbilancerebbe troppo l’equilibrio del mezzo – inoltre – non possiamo pensare che i turisti americani vengano con un casco» dice ancora Giaretta, secondo cui il rischio è che un aumento in senso così restrittivo della regolamentazione potrebbe soltanto avere l’effetto di disincentivare l’uso di questi mezzi o far spostare gli utenti verso l’utilizzo di mezzi non adeguati alla legge. 

C’è poi il problema dell’assicurazione, che tra l’altro si scontra con una sentenza delle Corte di giustizia dell’Unione europea che prevede che le biciclette elettriche che viaggiano sotto i 20 km/h non siano tenute ad avere un assicurazione Rc. In Italia, le biciclette con pedalata assistita vengono considerate come velocipedi e, dal 2020, anche i monopattini elettrici sono assimilabili sempre ai velocipedi e sono quindi comparabili alle biciclette elettriche in relazione alla necessità di assicurazione, spiega Assosharing. Le aziende di sharing, inoltre, possiedono già delle assicurazioni comprese nel prezzo dei mezzi legate agli utilizzatori e l’introduzione dell’obbligatorietà dell’assicurazione renderebbe il costo pari a «dieci volte tanto, che si ribalterebbe sugli utenti e disincentiverebbe l’utilizzo», dice Giaretta.

Per ora le aziende non prevedono un ritiro dei mezzi perché mancano ancora i decreti attuativi di queste nuove norme, che, dice Giaretta, «devono scontrarsi con la realtà, in cui sono inapplicabili». Nel frattempo, il rischio è, però, la creazione di un clima di grande confusione che non porta benefici al settore e alle modalità di trasporto alternative all’auto di conseguenza. 

I possibili effetti sulla “mobilità dolce” 

Se però le norme dovessero essere effettivamente applicate, con un effetto sulle modalità di utilizzo (con il casco) e sui costi e i monopattini dovessero essere effettivamente ritirati dal mercato italiano – o rimanere in minima parte – quale sarebbe l’effetto sulla cosiddetta “mobilità dolce”? 

Secondo i dati più recenti del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), diffusi lo scorso 9 novembre, su 100 spostamenti medi nei giorni feriali, soltanto il 4,1 per cento vengono effettuati in bicicletta e con altri sistemi di micro-mobilità. Il mezzo più utilizzato è l’automobile, che copre il 66,3 per cento del totale, seguita dagli spostamenti a piedi (18 per cento), dai mezzi pubblici (7,4 per cento) e dalla moto (4,1 per cento). Vediamo quindi che la micro-mobilità è già una modalità poco privilegiata dagli italiani. All’interno del mercato dello sharing, nel 2023, i monopattini rappresentano poi la fetta più grande dei noleggi e il secondo mezzo con cui vengono percorsi più chilometri dopo le auto, anche se rispetto al 2022 c’è stato un aumento maggiore dei chilometri percorsi con le biciclette dovuto anche alla riduzione della flotta di monopattini (i dati sono contenuti nell’ultimo rapporto Sharing mobility della Fondazione per lo sviluppo sostenibile). 

In più, dal punto di vista economico, il settore registra un fatturato totale nel 2023 di 178 milioni di euro. Di questi la fetta maggiore è portata dai monopattini (36 per cento), sopra alle auto (34 per cento). Un eventuale ritiro o riduzione dei monopattini in sharing potrebbe portare quindi a una importante compromissione dell’economia del settore. Di conseguenza, al di là degli interessi economici delle aziende private, questo andrebbe probabilmente a limitare fortemente l’offerta di micro-mobilità per i cittadini, che difficilmente sarebbe compensata dall’immissione di più biciclette nel caso di drastici cali nelle entrate economiche.

Senza contare che una complicazione della regolamentazione e un aumento significativo dei costi potrebbero anche disincentivare l’acquisto e l’utilizzo di monopattini privati da parte dei cittadini.

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