Flavio Catalano, 66 anni, nato sul mare, a Napoli. È lì, tra le onde, che ha trascorso la maggior parte della sua vita. Prima come ingegnere per la Marina militare. Poi come volontario che ha messo le sue conoscenze a disposizione di Emergency per adibire la Life Support a nave per la ricerca e soccorso dei migranti in mare, ormai più di tre anni fa. Oggi, come deck leader, responsabile del ponte di coperta. Tra i suoi compiti più importanti ci sono il lancio dei rhib in acqua per soccorrere un’imbarcazione in difficoltà, e il coordinamento della prima accoglienza dei migranti a bordo, oltre alla manutenzione ordinaria dell’area del ponte.

«Sono io la prima mano che i naufraghi stringono quando salgono sulla Life Support», racconta Catalano col sorriso. Sul suo volto si leggono le esperienze di vita intensa che l’hanno segnato e reso abile nell’affrontare anche le situazioni più critiche con la calma necessaria alla loro riuscita: «Il mare è un ambiente ostile per gli essere umani, solo solidarizzando possiamo sopravvivere. Sembra banale e pure c’è chi ancora oggi non l’ha capito».

Mentre parla, il deck leader indica la parte più bassa della nave, l’area rescue lungo la fiancata, da cui i naufraghi salgono sulla Life Support. Sono il suo braccio forte e la sua presa salda che impediscono loro di cadere durante il salto dal rhib: «Salgono le scale, arrivano al ponte di coperta. Qui c’è un’area transennata all’aperto dedicata ai naufraghi. In cui possono fumare, chiacchierare, rilassarsi e dove noi effettuiamo le prime operazioni di triage, accoglienza, riconoscimento», spiega ancora Catalano passeggiando lungo la poppa della nave.

Guardando in alto si vede la plancia di comando, da dove il Comandante e il primo ufficiale guidano la Life Support e coordinano le comunicazioni, «proprio qui sotto, invece, c’è lo shelter, la parte coperta in cui i naufraghi mangiano, dormono, trascorrono la maggior parte del viaggio, dal salvataggio all’arrivo a terra».

All’interno dell’area shelter c’è anche l’ambulatorio medico. Attrezzato per fornire prestazioni di assistenza di base e di gestione avanzata delle emergenze, anche se in casi particolarmente gravi viene richiesta l’evacuazione. A separare l’area in cui ci sono i migranti dal resto della nave in cui soggiorna l’equipaggio - 9 marittimi, 17 membri dello staff Emergency, 2 giornalisti – c’è un’area chiamata “buffering”, dove, chi si muove da una parte all’altra, deve cambiarsi i vestiti e disinfettarsi per garantire l’igiene a bordo.

Dall’area buffering, dopo aver aperto una pesante porta rossa si passa attraverso la lavanderia per arrivare nella zona living. Qui ci sono le cabine, che possono accogliere fino a 6 persone ciascuna, la dayroom, cioè la sala comune in cui fare meeting e condividere pensieri, la sala da pranzo con al centro una grande tavolata in cui si mangia tutti insieme, rispettando i ritmi della vita in nave, con orari ferrei, scanditi senza possibilità d’eccezioni: «Perché il ritardo di uno di noi, porta al ritardo di tutti», ribadisce Paula Virallonga, 33 anni, spagnola, responsabile della logistica della Life Support, sempre piena di energia, mentre indica la cucina in cui lo chef è al lavoro per il pranzo.

Dallo stoccaggio delle provviste necessarie sia ai naufraghi sia all’equipaggio per sopravvivere in mare, ai dispositivi di sicurezza indispensabili alla riuscita del soccorso, fino alla programmazione dei turni di pulizia, Virallonga tiene sotto controllo tutto a bordo della Life Support, la nave di Emergency lunga 51,3 metri, larga 12, in grado di accogliere fino a 175 naufraghi. Pronta a partire domani, dal porto di Siracusa, per la sua 25° missione.

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