Storie che faticano a trovare una copertina, perché non sono storie di medaglie. E rischiano di finire nel dimenticatoio delle Olimpiadi di Parigi. Invece no, meritano una vetrina.

Il quarto posto di Chiara Pellacani ed Elena Bertocchi nella finale dei tuffi nel sincro 3 metri. Nell’ultima rotazione l’errore clamoroso delle australiane, le favorite per il bronzo, per un attimo ha alimentato la speranza di poter raggiungere il podio.

Invece no, il bronzo va al collo delle britanniche con 9 punti di vantaggio, che nei tuffi sono tanti. C’è rammarico per le azzurre? Certo, un quarto posto non fa mai felici. Ma c’è pure l’obbligo di essere onesti, ammettendo che il podio sarebbe stato troppo lontano.

Pellacani e Bertocchi hanno scalato la classifica, rispetto al settimo posto di Tokyo. A Parigi hanno fatto uno dei loro migliori punteggi. Ecco perché Il loro quarto posto vale, come prestigio.

Gare che non valgono una medaglia, ma che devono essere raccontate. Quella di Carlo Macchini nelle qualificazioni della ginnastica artistica maschile.

Alla sbarra il suo primo esercizio è il salto più difficile, il Pegan, che ha coefficiente F (un salto in avanti con mezzo giro e ripresa della sbarra). Nel 2021 è stato il primo in Italia a portarlo in gara. Nel momento esatto in cui prende la rincorsa, Carlo cade. Non riesce a muovere i piedi, a stendere le punte. Ma il suo esercizio vale tantissimo, serve a qualificare l’Italia nella prova a squadre. Perché ha 28 anni, e da quando aveva 4 anni sognava le Olimpiadi.

È quello per cui lavora ogni giorno in palestra, a casa sua a Fermo. Quindi, risale sulla sbarra e porta a termine la sua routine. Con una fatica tremenda, dilaniato dai crampi. Con il pubblico che capisce il momento drammatico e lo accompagna.

Risultato: l’Italia è in finale. Anche grazie a Macchini, al suo esercizio, alla sua dimostrazione di come si possa essere campioni soprattutto nell’affrontare le difficoltà.

© Riproduzione riservata