Il nostro paese organizzerà metà degli Europei del 2032, l’altra sarà della Turchia. Germania 2024, però, ha dimostrato abbastanza plasticamente che ridurre le necessità dell’organizzazione di una manifestazione del genere alla presenza di stadi funzionali è solo una minima parte del problema
Ieri sera a Berlino si è chiusa l’edizione 2024 degli Europei di calcio. Un mese nel quale la Germania, a livello di organizzazione di grandi eventi, ha dimostrato di avere ancora una marcia in più, nonostante tutto.
Dieci gli impianti utilizzati, e in quattro di essi giocano, durante la stagione, club di seconda divisione: può bastare questo per capire le dimensioni del divario strutturale con l’Italia, che una metà dell’Europeo – l’altra sarà della Turchia – la organizzerà nel 2032. Germania 2024, però, ha dimostrato abbastanza plasticamente che ridurre le necessità dell’organizzazione di una manifestazione del genere alla presenza di stadi funzionali è solo una minima parte del problema. Cosa può insegnare, allora, Euro 2024 all’Italia?
Le infrastrutture
C’è un problema di infrastrutture da non sottovalutare. Deutsche Bahn, la compagnia ferroviaria tedesca, ha stimato in circa 6 milioni i viaggi in più effettuati sui treni a lunga percorrenza nel periodo dell’Europeo, ha assunto 150mila lavoratori per far fronte alle richieste della manifestazione eppure, soprattutto dalle testate britanniche, è stata criticatissima per i suoi disservizi.
Anja Broker, portavoce dell’azienda, in un’intervista alla Ard ha ammesso che Deutsche Bahn non è stata «del tutto all’altezza e il nostro servizio agli Europei non è andato bene. La rete non era continua, ma avevamo quanti più treni possibile. La richiesta era tanta, ma le infrastrutture in Germania sono vecchie, obsolete e non affidabili, il che per noi è stata una sfida».
Ora, chi è stato in Germania in questo periodo ha potuto effettivamente notare treni spesso pieni, ma non a livello di carri bestiame, e ritardi di qualche minuto piuttosto frequenti, ma molto raramente oltre i 20 minuti: quella che da noi sarebbe la normalità, in Germania è stata vissuta come un’onta. Del resto, in modo piuttosto inatteso, in alcune città (Monaco e Stoccarda soprattutto) la presenza di cantieri attivi nelle pertinenze delle stazioni centrali ha creato più di un disagio.
I trasporti
A livello di trasporto urbano da e per gli stadi, a parte alcune congestioni soprattutto nella città più piccola, Gelsenkirchen, lo stress sulle città è stato tutto sommato accettabile: le S e le U, i tram e le metropolitane, data la capillarità del sistema e l’intuitività delle indicazioni direzionali, hanno retto più che bene, e non ci sono stati guai particolari – né rincari folli, nemmeno a Berlino nel giorno della finale – a livello di ricettività alberghiera.
In un’Italia carente, in diverse aree, in tema di infrastrutture, gli inghippi dei tedeschi dovrebbero far pensare, anche perché vanno a riflettersi sui problemi di ordine pubblico. Qui il punto non è affatto banale: gli Europei oggi sono estremamente più esigenti di un’Olimpiade invernale, comunque limitata, o di grandi eventi a stressante e rapido impatto come le finali di Champions, grandi partite internazionali o concerti di grido. E soprattutto, per chi li ricorda, sono decisamente più impegnativi rispetto ai Mondiali del 1990, con i quali hanno ben poco da spartire.
Ordine pubblico
Servono spazi, tanti ed enormi, per esempio, per le fan zone, dove quotidianamente si concentrano e si alternano migliaia e migliaia di persone: aree accessibili, dotate di vie di fuga, e tuttavia controllabili, meglio se prive di beni artistici da preservare, e serve una attenta gestione dell’ordine pubblico. La socialità dell’Europeo avviene essenzialmente in luoghi di aggregazione nei quali il collante è l’alcol, venduto a fiumi (c’è sempre un produttore di birre a fare da sponsor, che ha il monopolio di stadi e aree per i tifosi e genera decine di milioni di ricavi dalla vendita nel periodo) e responsabile di episodi di ubriachezza più o meno molesta che, in Germania, le forze dell’ordine – presenti, visibili e attente – hanno saputo gestire con razionalità e fermezza, anche in situazioni potenzialmente incendiarie. Quali città italiane possono dirsi capaci di gestire, a livello di infrastrutture e forze, un impatto del genere, di fatto per un mese intero?
Ottenuta l’assegnazione da parte dell’Uefa con modalità da manuale Cencelli e a dispetto di qualsiasi dossier, le città e gli stadi in gioco tra otto anni saranno Roma, Milano e Torino, non tutte efficienti, per esempio, a livello di trasporto pubblico. Ne mancano due e, quali che siano, non potrà e non dovrà essere la questione-stadio quella dirimente.
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