Patrick Zaki finisce al centro della polemica politica dopo aver definito Benjamin Netanyahu un «serial killer». Un’espressione che ha scatenato la destra. L’attivista dei diritti umani, che qualche mese fa ha beneficiato della grazia del presidente egiziano al-Sisi, ha motivato la sua frase con la volontà di «difendere i civili palestinesi, soprattutto perché tutti i media internazionali sono pro-Israele e non parlano della grave crisi umana che c’è dall’altra parte». Insomma, ha ribadito di non voler essere «ritenuto filo Hamas». 

Ospitata rinviata

A poche ore dalla polemica, è arrivata la notizia che Zaki non sarà ospite della prima puntata della trasmissione di Fabio Fazio, Che tempo che fa, su Nove. Avrebbe dovuto presentare il suo libro Sogni e illusioni di libertà, edito dalla Nave di Teseo. Ma non è stata una cancellazione, solo un rinvio per la modifica della scaletta del programma, concentrata sul conflitto.

«Siccome è scoppiata la guerra in Israele ho cambiato la prima puntata, sto facendo una puntata ovviamente su Israele e Palestina. Ho chiesto la cortesia a Elisabetta Sgarbi (della casa editrice, ndr) di spostare di una o due settimane il libro di Zaki», ha spiegato Fazio all’Ansa, allontanando l’interpretazione di una punizione per le affermazioni su Netanyahu. 

Attacco a destra

Da Fratelli d’Italia è arrivata però la richiesta di vietare la partecipazione dell’attivista dei diritti umani al prossimo Salone del Libro di Torino. «C’è una linea sottile ma invalicabile tra la libertà di espressione e la libertà di odiare, e Patrick Zaki l'ha ampiamente superata», ha attaccato la senatrice di FdI, Paola Ambrogio. «Nessuno – ha aggiunto l’esponente del partito di Giorgia Meloni – può pensare di veicolare frasi e posizioni che strizzano l'occhio ai fondamentalisti islamici di Hamas. Quella di Zaki è una pugnalata al cuore di quell’occidente che gli ha restituito la libertà, spero provi almeno un briciolo di vergogna».

Un ragionamento respinto al mittente dal portavoce di Amnesty international, Riccardo Noury: «Conosco bene il pensiero di Patrick Zaki. Sta con gli oppressi, che non significa fare apologia dei crimini di guerra dei gruppi armati palestinesi», ha scritto su X (ex Twitter). «Conosco anche bene lo stereotipo razzista – ha insistito Noury – dell'arabo che agisce con doppiezza e che, come arabo, ammicca naturalmente al terrorismo».

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