Gli operai di quattro aziende a conduzione cinese da domenica hanno montato gazebo e tende davanti alle fabbriche per protestare e chiedere il rispetto del contratto nazionale: «Non sono i soli. In migliaia così», spiega il sindacalista di Sudd Cobas Luca Toscano
Dodici ore al giorno per tutta la settimana, incluso il weekend. Senza malattia o ferie pagate, senza tutele o con contratti part-time che non corrispondono alle reali ore lavorate. Ecco la vita che fanno gli operai, per la maggior parte pakistani, delle quattro aziende del distretto tessile di Prato, in Toscana, il più grande d’Europa, punto di riferimento per la moda Made in Italy, in sciopero da domenica 6 ottobre, a oltranza.
«Che lo sciopero sia iniziato di domenica è indicativo: è un giorno in cui le aziende dovrebbero essere chiuse. Mentre non lo sono mai», racconta Luca Toscano, coordinatore territoriale del sindacato Sudd Cobas, dal picchetto di Seano, frazione di Carmignano, in provincia di Prato, in cui si sono uniti sia i lavoratori di Confezione Lin Weidong, una fabbrica di borse e cinture, sia quelli di Zhong Zipper, azienda di taglio di zipper su misura.
«Senza riposare mai»
«Anche i dispositivi di sicurezza in casi come questo passano in secondo piano. Perché lavorare sette giorni su sette senza riposo rende pericolosa ogni operazione, perfino le più banali. Così, andremo avanti con lo sciopero finché i lavoratori se la sentiranno. Decidiamo di giorno in giorno. Il nostro obiettivo è ottenere condizioni di lavoro umane, otto ore al giorno per cinque giorni alla settimana e il rispetto del contratto nazionale con cui i lavoratori dovrebbero essere inquadrati», spiega ancora Toscano ricordando che all’8x5 Strike Day si sono uniti anche gli operai di 3Desy, impresa specializzata nella logistica del tessile, e di stireria e pronto moda Tang di Prato.
«Sciopero, sciopero. Se tocca a uno, tocca a tutti», e «vogliamo un giusto contratto», cantano in coro gli operai, che davanti alle aziende hanno montato gazebo e tende in cui hanno trascorso la notte, mentre portano avanti i picchetti, a cui hanno aderito anche alcuni lavoratori delle aziende attorno.
Perché, come chiarisce il rappresentante sindacale di Sudd Cobas, i casi delle quattro imprese a conduzione cinese, Confezione Lin Weidong, Zhong Zipper, 3 Desy e Stireria Tang, non solo isolati: «Trovare lavoratori costretti alle stesse condizioni è quasi la normalità qui. Parliamo di migliaia di persone», racconta Toscano, con lo scopo di sottolineare come alla narrazione più comune, quella delle imprese della moda che parlano di crisi delle commesse e del fatturato, possa contrapporsi la realtà dei lavoratori vittime di sfruttamento.
«Dal nostro punto di vista, non c’è crisi. Perché ci sono migliaia di operai che lavorano più di 80 ore alla settimana, praticamente svolgendo l’operato di due persone. Basterebbe rispettare l’orario giusto e avremmo il doppio dei posti di lavoro. Non è retorica, ma matematica. Non è possibile che si parli così tanto di crisi del settore della moda, si incrementa la cassa integrazione, senza chiedersi sulle spalle di chi questo settore si regge», continua Toscano.
sindacalizzare l’insindacalizzabile
Non è difficile cogliere, dalle parole del sindacalista, il riferimento alla miriade di piccoli capannoni in cui è frammentata la produzione del settore tessile di Prato, che produce per il settore della moda in ogni fascia di prezzo. Microimprese in cui operano anche solo un paio di persone, in cui lo sfruttamento, però, spesso è molto violento.
Come a Stireria Tang: «Ci lavorano tre persone che dopo anni di nero hanno avuto un contratto part-time in seguito ai controlli dell'ispettorato del lavoro. Che, però, ancora oggi sono costrette a turni di dodici ore al giorno, sette giorni su sette. E non hanno mai ricevuto una busta paga», denuncia la sezione di Prato-Firenze di Sudd Cobas.
«In aziende così piccole l’organizzazione dei lavoratori è molto complessa. Ma tra le sfide dell’8x5 Strike Day c’è anche quella di sindacalizzare l’insindacalizzabile. Puntare l’attenzione sugli operai delle piccole e piccolissime imprese per dire loro che chi si ribella allo sfruttamento non è solo. Non importa se in fabbrica ci sono trenta o tre colleghi. C’è una comunità operaia e solidale al suo fianco. Perché i diritti o sono per tutti o non sono diritti», conclude Toscano.
Ricordando come grazie all’impegno del sindacato, nel corso degli anni, gli operai di una trentina di aziende del distretto tessile di Prato siano riusciti a conquistare condizioni di lavoro migliori, tra queste anche Tessitura Sofia, una piccola impresa che domenica ha partecipato allo sciopero per chiedere, dopo aver ottenuto contratti di lavoro regolari, che anche le ore di straordinario fossero pagate: «Una goccia nel mare. Che, però, dimostra come i lavoratori uniti possano fare la differenza».
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