«Nell’inferno bisogna esserci per poterlo raccontare»: Francesca ha poco più di 30 anni e ci accoglie con questa frase mentre ci apre la porta della sua abitazione nel quartiere Pigneto, zona est di Roma. «Vivo in una casa, brutta, piccola, con problemi strutturali, che condivido con altre tre persone, dove gli spazi comuni sono praticamente invivibili. Nella cucina non c’entriamo in più di due», racconta.

«Pago 480 euro per vivere in una stanza, spese escluse, ma il punto è che quella cifra rappresenta la metà esatta del mio stipendio, dunque, tra bollette e spesa, praticamente non riesco nemmeno a permettermi una cena fuori al mese, ma non ho una via di uscita, perché una sistemazione che costi meno di 500 euro è impossibile trovarla. È un inferno».

Nella zona dove la donna abita, un reticolo di strade comprese tra la circonvallazione Casilina e la borgata di Casal Bertone, nel quartiere della Capitale che più di ogni altro ha subito negli ultimi 15 anni una profonda trasformazione urbana, gli ultimi dati di Immobiliare.it risalenti al luglio scorso indicano che per gli immobili residenziali in affitto sono stati richiesti in media 18,99 euro al mese per metro quadro, con un aumento del 14 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

A conti fatti, significa che per un intero appartamento di 60 metri quadrati si può arrivare a spendere 1.200 euro al mese. Tant’è. Mentre se una giovane coppia volesse acquistare oggi un appartamento della stessa metratura nel triangolo compreso tra Pigneto, San Lorenzo e Casal Bertone spenderebbe più di 200.000 euro per un’abitazione molto spesso da ristrutturare, a guardare le vetrine degli annunci delle decine di agenzie immobiliari spuntate come funghi nella zona, e a leggere ancora i bollettini di Immobiliare.it, i quali indicano che «per gli immobili residenziali in vendita sono stati richiesti in media 3.477 euro al metro quadro, con un aumento del 9 per cento rispetto al luglio del 2023».

Le storie

«Vivo in affitto in un appartamento che è in condizioni discutibili a causa della muffa, in un immobile molto vecchio che andrebbe ristrutturato, ma io e il mio compagno ce lo teniamo stretto, perché l’affitto è considerato relativamente basso rispetto alle cifre del Pigneto», si sfoga così Giulia, un’altra abitante del quartiere. La donna si considera a sua volta fortunata, dice, perché «i pochi appartamenti che si trovano in zona hanno tutti un’offerta di contratti a breve termine e prezzi impossibili, si va sempre oltre i 1.000 euro, un prezzo ingiustificato rispetto allo stato delle abitazioni che sono proposte».

Pure un’altra donna, Annamaria, si ritiene fortunata, perché vive in un monolocale di quasi trenta metri quadri e paga “soltanto” 670 euro di affitto al mese, anche se definisce il bagno della sua abitazione un loculo e con evidenti problemi alle tubature. Eppure, all’idea di cercare una nuova casa, è terrorizzata. A Roma, infatti, secondo i dati aggregati diffusi dallo stesso portale di ricerca immobiliare, il costo medio di affitto di un appartamento si attesta attorno ai 15 euro per metro quadro.

L’indagine

Annamaria, Francesca e Giulia, oltre ad abitare nello stesso quartiere della Capitale che una decina di anni fa il New York Times aveva definito «Enclave of cool», e condividere la stessa precarietà abitativa ed esistenziale, possiedono tutte loro una cosa in comune: hanno risposto, infatti, come altre centinaia di persone abitanti della zona, a un questionario promosso dalla campagna “Cara Casa”, portata avanti dal circolo Arci Sparwasser e dall’associazione Nonna Roma, realtà che hanno entrambe la sede nel V municipio.

«Abbiamo riscontrato che più del 40 per cento degli intervistati cerca una stanza o un appartamento da un anno in questo territorio, non trovandola – dice Francesco Pellas, che è tra i portavoce – perché i proprietari preferiscono affittare ai turisti, mentre le persone che già ci vivono e che ci hanno raccontato la propria storia sono state costrette ad accettare prezzi insostenibili per case spesso fatiscenti». E ancora: «Le persone che si sono rivolte a noi rappresentano un campione con un lavoro stabile, anche a tempo indeterminato. Eppure vivono storie tragiche».

«La campagna “Cara casa” è nata qualche mese fa quando abbiamo notato una grossa problematica esistente nel mercato degli affitti che stanno aumentando in maniera esponenziale nel quartiere dove operiamo da ormai otto anni, mentre gli stipendi continuano a rimanere uguali. Siamo molto preoccupati e, per questo, abbiamo scelto di mobilitarci, anche con delle proposte», conclude Pellas.

Le stesse proposte sono state messe nero su bianco all’interno dell’indagine di Nonna Roma sull’abitare “È di Casa” presentata al comune qualche mese fa, in cui si chiedeva al Campidoglio la revisione del welfare abitativo comunale e l’istituzione dell’Agenzia sociale per l’abitare quale organismo pubblico di intermediazione tra i cittadini in difficoltà e i proprietari, al fine di concludere contratti a canone concordato garantiti dal comune attraverso un apposito fondo di garanzia.

Gli sfratti

Ma non solo. A Roma Capitale le associazioni hanno chiesto l’attivazione con la prefettura del protocollo di prevenzione degli sfratti. Già, perché con la diminuzione dei salari reali, conseguenza dell’inflazione e dell’aumento dei costi per la casa, è un fatto ormai acclarato che migliaia di abitanti della Città eterna, pur lavorando, sono entrati nelle fasce di marginalità.

Basti considerare che - secondo gli ultimi dati resi disponibili dal ministero dell’Interno - entro i confini della Città metropolitana i provvedimenti di sfratto sono stati quasi 6.500 nel 2022, di cui quasi 3mila eseguiti con la forza pubblica.

Un dato, quello degli sfratti, che però è in crescita costante in tutta Italia, collegato all’impoverimento strutturale che attraversa la società, alle veloci trasformazioni degli spazi urbani e ai processi di gentrificazione, al proliferare degli affitti brevi e alla fine delle politiche di edilizia pubblica.

È dunque un fenomeno endemico quello dell’emergenza abitativa, venuto fuori in tutte le sue contraddizioni l’anno scorso con le proteste degli studenti nelle tende, ma che riguarda ampi strati della società. Il Forum sociale per l’abitare, che si è tenuto nell’ aprile scorso a Bologna, ha calcolato che sono 2,5 milioni le persone che si trovano in una condizione di precarietà alloggiativa. E che ogni giorno vengono eseguiti circa 150 provvedimenti di sfratto, Uno degli ultimi, qualche giorno fa, è stato bloccato dalla Cgil, a Genova, nei confronti di una donna che ha 90 anni.

Emergenza fuorisede 

Tornando alla Capitale, secondo i dati del ministero dell’Università e della ricerca, Roma è la seconda città italiana con il maggior numero di studenti fuorisede.

«Nell’anno accademico 2021/2022 erano infatti 69.013, ma nel frattempo tale dato è probabilmente lievitato», afferma una ricerca dell’Unione degli universitari (Udu), che ha rilevato nell’autunno scorso che il 72 per cento del campione intervistato a Roma ha incontrato notevoli ostacoli nella ricerca della casa, il 90 per cento ha trovato i prezzi degli alloggi eccessivamente alti, il 75 per cento degli studenti ha segnalato alloggi in condizioni indecenti o indegne.

Per l’anno accademico che viene, invece, anche per effetto del Giubileo, si prospettano tempi ancor più foschi, a leggere le proiezioni sul mercato di stanze per studenti fuorisede e lavoratori diffuse qualche giorno da Immobiliare Insight, che ha rilevato l'aumento di quasi il 10 per cento dei prezzi delle stanze e il 27 per cento in più delle richieste.

A Milano, per esempio, una stanza singola raggiunge un costo mensile medio di 637 euro, a Roma il prezzo raggiunge 506 euro, mentre a Bologna 503 euro. Proprio nella Capitale la domanda di stanze è salita al 62 per cento, ma è in tutta Italia, anche al Sud, che si registra un'impennata dei prezzi mai vista prima. 

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