Ora che il filone più rilevante dell’indagine sulla galassia societaria della ministra del Turismo Daniela Santanchè è chiuso, gli atti depositati rivelano aspetti che confermano le manovre per evitare in tutti i modi il crac delle aziende Visibilia. Su tutte la ricerca affannosa di denaro per salvare la fondatrice di Fratelli d’Italia, pezzo pregiato del governo di Giorgia Meloni. La caccia ai fondi è avvenuta in un periodo molto preciso, confermano i documenti giudiziari dell’accusa. Tra ottobre e novembre 2022.

Mesi in cui sono avvenute alcune operazioni finanziarie e immobiliari svelate da Domani la scorsa estate. Per esempio la compravendita immobiliare della casa di Forte dei Marmi di proprietà del sociologo Francesco Alberoni, acquistata e rivenduta dopo 58 minuti con una plusvalenza di 1 milione intascata dalla coppia Dimitri Kunz, compagno di Santanchè, e Laura De Cicco, moglie di Ignazio La Russa, al tempo già presidente del Senato. A questa si aggiunge la vendita delle quote del Twiga, lo stabilimento balneare dei vip, all’amico Briatore e al sempre presente fidanzato Kunz.

Queste operazioni sono servite a creare liquidità per salvare Visibilia? Un sospetto che gli atti dell’inchiesta trasformano in qualcosa di più. Il fallimento è l’ipotesi che terrorizza la fedelissima di Giorgia Meloni, il suo entourage e persino il governo stesso. «Non dobbiamo farla fallire...come ministro poi, è un casino», diceva, intercettato, Massimo Garnero, fratello di Santanchè. La data in cui ha pronunciato queste parole è centrale: il 2 novembre 2022, giorno in cui la procura di Milano aveva chiesto la liquidazione giudiziale per Visibilia. Notizia che preoccupa moltissimo anche chi non è indagato, come Garnero.

Ma l’intercettazione più significativa è un’altra e riguarda il compagno della ministra di Fratelli d’Italia, Dimitri Kunz, lui sì indagato. Nelle informative della guardia di finanza di Milano è riportato un dialogo tra Kunz e il commercialista. Il primo spiegava che «sta cercando di reperire un milione di euro per pagare entro il 30 novembre» i debiti con l’erario di Visibilia Editore pari a 984mila euro. Il fidanzato di Santanchè, tuttavia, è consapevole di un fatto: se dà i soldi a Santanchè gli rompono le scatole perché potrebbero «accusarlo di finanziamento illecito» ai partiti. La conversazione è del 31 ottobre 2022.

Operazione Alberoni

L’autunno di quell’anno in casa Santanchè-Kunz è funestato dallo spauracchio del crac. Per evitarlo l’unico modo è trovare liquidità. Il periodo coincide con il grande colpo dell’acquisto e della rivendita dalla villa in Versilia a pochi passi dal Twiga del sociologo Alberoni. Il prezzo pattuito a luglio 2022 con il celebre studioso, indicato nel preliminare, è di 2,45 milioni di euro. La moglie del presidente del Senato e il compagno della ministra versarono una caparra di 350mila euro.

Tre mesi più tardi, il 7 ottobre 2022, la coppia governativa si è accomodata di nuovo davanti al notaio, questa volta per cedere all’imprenditore amico Antonio Rapisarda la villa appena comprata. Nel preliminare definiscono una cifra di 3,45 milioni. Rapisarda versò subito come caparra 1 milione, e il saldo sarebbe avvenuto alla firma del rogito a gennaio. In pratica Kunz e De Cicco incassano subito la plusvalenza, che coincide con la cifra di cui Santanchè ha disperato bisogno per pagare i debito con il fisco di Visibilia.

Sulla compravendita e la plusvalenza la procura di Milano sta indagando per riciclaggio. Il sospetto evidentemente nasce anche dalle intercettazioni in cui Kunz parla della caccia al milione necessario a salvare Visibilia.

Ma c’è anche un’altra pista, che tuttavia sembra sfumata. Si tratta dell’ipotesi che Kunz aveva proposto sempre al commercialista. «Comprare il 5 per cento dell’Immobiliare Dani (di Santanchè, ndr) e far arrivare i soldi alla Visibilia Editore come finanziamento soci (attraverso la Visibilia concessionaria, ndr)». Il contabile, però, non è convinto possa funzionare e propone una dazione diretta alla ministra, che Kunz esclude categoricamente per timore di finire sotto accusa per «finanziamento illecito». Per questo l’ipotesi che la compravendita sia stata funzionale a pagare i debiti prende sempre più corpo.

Missione Twiga

Tra le manovre gestite da Kunz per salvare la ministra fidanzata non c’è solo l’operazione villa Alberoni. Il Twiga potrebbe aver avuto un ruolo decisivo.

Nell’informativa della finanza di Milano, i detective riportano alcune frasi intercettate del fratello di Santanchè: «L’unica soluzione è che Briatore (non indagato, ndr) riceva in pegno le quote di Twiga srl detenute dall’onorevole Santanchè per il tramite dell’Immobiliare Dani srl, in modo da convogliare gli introiti del pegno in Visibilia Concessionaria srl». Un metodo per permettere di pagare «i debiti verso Visibilia Editore in modo da renderla capiente per pagare il debito con l’Erario».

L’intercettazione è del 2 novembre 2022, giorno della richiesta di fallimento ufficializzata dalla procura di Milano. Sedici giorni più tardi è accaduto qualcosa che si avvicina molto alla strategia ipotizzata dal cerchio magico della ministra per parare i colpi. Il 18 novembre 2022 Santanchè ha venduto il 22 per cento delle quote dello stabilimento balneare. Metà le ha comprate Kunz, l’altra è andata a Briatore. Incasso totale: 2,7 milioni. In gran parte confluiti in Visibilia concessionaria. La versione ufficiale di Santanchè è che la cessione delle azioni avrebbe sopito le polemiche sul suo conflitto di interessi. Ora scopriamo che il motivo era trovare liquidità per pagare i debiti delle sue aziende.

Ma forse i 2,7 milioni non erano sufficienti. Ecco perché ad aprile 2023 Kunz e Immobiliare Dani (Santanchè) costituiscono una piccola azienda in Toscana, che si occuperà di gestire alcune attività del Twiga. Attività che frutterà una percentuale sul fatturato dello stabilimento balneare. Una garanzia che vale circa 300mila euro, utile a tal punto che persino i legali della ministra hanno indicato ai giudici fallimentari questa società come strumento grazie al quale pagare i debiti con il fisco.

Qualunque cosa pur di evitare il crac. Per dirla con le parole di uno degli indagati: «Sarebbe un disastro, per un ministro, non pagare le imposte allo Stato. In caso dovrà dimettersi».

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