- La campagna elettorale del segretario della Lega Matteo Salvini è iniziata in Calabria il 3 agosto. Nel suo intervento cita il ponte sullo Stretto. Ma resta in silenzio su cosche e potere criminale.
- Il 3 agosto si è svolta una cena: l’accesso è riservato ai leghisti calabresi, a imprenditori portati da dirigenti ed eletti della Lega calabra. Il costo della cena è di 25 euro a persona. Presenti circa 300 persone. Più che un incontro politico assomiglia a un battesimo o a un matrimonio, mancano solo i fuochi d’artificio.
- Su tutti Domenico Furgiuele, anfitrione della serata allo Sport Village, nominato da Salvini responsabile di questa campagna elettorale per la regione Calabria.
Da un lato il viadotto dell’ultimo tratto dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, dall’altro campi da padel e da tennis a circondare un prato verde, non dissimile per colore da quello di Pontida, luogo sacro della vecchia Lega nord. Questa però non è Pontida, siamo a oltre mille chilometri più a sud: Reggio Calabria, nella periferia nord bagnata dallo stretto di Messina. La campagna elettorale di Matteo Salvini è iniziata in Calabria il 3 agosto, da Cosenza, Catanzaro fino a Reggio, dove ha concluso il tour mordi e fuggi con una cena tra militanti in un noto locale, agghindato con bandiere bianche e blu della Lega Salvini premier, non troppo chic vista bretella autostradale.
Battesimo calabro
L’accesso è riservato ai leghisti calabresi, a imprenditori portati da dirigenti ed eletti della Lega calabra. Il costo della cena è di 25 euro a persona. La festa per Salvini è nel giardino dello Sport village, tavoli con tovaglie bianche e gazebo della stessa tinta. Presenti circa 300 persone. Più che un incontro politico assomiglia a un battesimo o a un matrimonio, mancano solo i fuochi d’artificio.
C’è tuttavia spazio alla fine della serata per canzoni di Pupo e dei Ricchi e Poveri, artisti molto apprezzati in Italia e in Russia. E così la serata si scalda tra un fusillone al pesto di pistacchio e gamberi rosa, ciotole di gnocchetti con vongole e fiori di zucca, salumi tipici su taglieri di legno e peperoni ripieni, molto apprezzati dal leader della Lega a tal punto da citarli nel comizio finale con gli astanti in delirio e in trepida attesa per la foto selfie di rito.
Prima dell’immagine e dei sorrisi da pubblicare sui social c’è la sostanza. Cibo con vino e comizio presentato come chiacchierata tra amici ma che segue i soliti canoni della retorica sovranista e salviniana: il futuro dei figli del leader che è il futuro di tutti i ragazzi, le sconfitte e le vittorie (cita lo scudetto del Milan), il blocco dell’immigrazione, le accuse al centrosinistra e il dileggio dei suoi leader.
Quale mafia, viva il ponte
Non c’è spazio per la lotta alla mafia e alla ‘ndrangheta. L’unica volta che cita le due parole è per parlare del ponte sullo Stretto: «Ho fatto aggiornare il progetto alle spese di oggi, i miliardi che servono (5 o 6) sono interamente finanziati da privati che si ripagano negli anni coi pedaggi. Se vinciamo entro alcuni anni io farò di tutto perché la Calabria e la Sicilia siano uniti da un benedetto ponte, che sarebbe l’immagine più bella del genio italiano nel mondo… Pensate l’immagine nel mondo della Calabria e della Sicilia, che spesso finiscono sui giornali internazionali per fatti luttuosi, per disastri, per mafia, per ‘ndrangheta. Pensate ad avere l’opera più straordinaria che porta il nome dell’Italia e della Calabria in giro per il mondo».
Una grande opera, dunque, per non parlare più di cosche e potere criminale, la ricetta sovranista alla questione mafiosa. Dall’ex ministro dell’Interno era lecito attendersi qualcosa in più. L’evento si è tenuto in una zona di Reggio dove dominano le cosche più potenti della ‘ndrangheta. In questo spicchio di territorio in passato si è combattuta una guerra, 600 morti ammazzati tra il 1985 e il 1991. La lotta alla ‘ndrangheta è però questione scivolosa per Salvini: pesano i sospetti sul voto del 2018 su alcuni suoi candidati poi eletti e diventati deputati della Repubblica.
Su tutti Domenico Furgiuele, anfitrione della serata allo Sport Village, nominato da Salvini responsabile di questa campagna elettorale per la regione Calabria. È lui a fare gli onori di casa con la prima arringa anti immigrati e contro la sinistra «pariolina» di Carlo Calenda, leader di Azione. Definisce «accozzaglia» la coalizione di centrosinistra, poi ridefinisce il tutto con «porcherie che si sono associate in questi mesi». Il deputato calabrese fornisce anche una sua versione della caduta del governo Draghi e dà il merito alla Lega: «Liberalizzare la droga e cittadinanza a tutti gli immigrati? A quel punto abbiamo deciso di staccare la spina». Salvini che interviene per ultimo non smentisce e non torna sul punto. Di certo nessuno dei due ha replicato alle notizie pubblicate da Domani sui narcos della ‘ndrangheta intercettati che rivelano di aver votato per Furgiuele e la Lega alle politiche del 2018.
Licenza elementare
Tra i presenti c’era anche Francesco Argento, sindaco di Gizzeria, paese vicino Lamezia Terme, il feudo di Furgiuele. Alle regionali 2020 nel comune del leghista Argento la Lega ha ottenuto il 56 per cento, percentuali da provincia veneta dei tempi d’oro della Lega nord. Argento per molti anni è stato il vicesindaco del leghista Pietro Raso, oggi consigliere regionale.
È anche «cugino di primo grado», scrivono gli investigatori, del boss Felice Cadorna, conosciuto negli schedari di polizia anche come “zio Tonino”, definito nella nota della procura un «noto pregiudicato». Secondo un pentito sentito in vari processi contro i clan della provincia di Vibo e Catanzaro, gli Argento «non sono una vera e propria famiglia di ‘ndrangheta ma sono degli imprenditori che approfittano della conoscenza con gli esponenti di vertice della cosca Iannazzo di Lamezia che gli procurava le commesse dei trasporti».
E poi ci sono i contatti, a detta di un boss intercettato, con un altro clan della zona. A Salvini però tutto questo sembra non interessare. La serata prosegue e c’è il tempo per scagliarsi contro Calenda, colpevole, secondo il segretario, di aver sostenuto che l’unica scuola utile è il liceo: «Una frase che dimostra arroganza e ignoranza. Se non ci fossero quelli che hanno studiato al tecnico, al professionale, all’alberghiero, l’Italia non sarebbe quella che è. Non sarebbe il paese che è se non ci fossero quelli che con solo la quinta elementare o la terza media hanno messo su imprese che danno lavoro a migliaia di persone». Infine, l’affondo: «Quell’ignorante di Calenda dovrebbe sciacquarsi la bocca prima di parlare. L’idea è che tutti facciano lettere così a 35 anni sono disoccupati o magari vanno a lavorare per Amazon a 700 euro al mese. Fortuna che c’è il sapere tecnico, gli agricoltori, i pescatori, i manovali, gli artigiani, altrimenti saremmo tutti a far filosofia e poi a lavorare ci vanno quelli che sbarcano, finché ne hanno voglia».
Poche righe in cui c’è la sintesi dell’Italia immaginata da Salvini: un’Italia lacerata, gli uni contro gli altri, laureati contro manovali, italiani contro immigrati e così via.
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