C’è un lampo della partita dell’Italia in Belgio che resta nella mente con un misto di incredulità, passata amarezza, bellezza, felicità: «lo munno iè nu battaglio de bellezza e de pauro», scriveva Tiziano Scarpa qualche anno fa. Bellezza e paura, come quella di una mezz’ala di incursione – mezzala, tutt’attaccato: te lo porti già scritto nel tuo ruolo quel tuo volo che spicchi a metà, o la doppia fatica di quando ti spingi troppo in alto – che ritrova sé stessa (o s’era già ritrovata) e lo racconta a tutti quelli che guardano.

Riguarderai gli highlights della partita e penserai che a ventiquattro anni, tu che non sei vecchio neanche quanto una parentesi tra due Giubilei, hai già vissuto molte vite.

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Non lo sai, forse, che Bruce Chatwin – re degli irrequieti – ha scritto una volta che «i giochi agonistici sono anch’essi dei pellegrinaggi. In sanscrito una stessa parola designa il giocatore di scacchi e il pellegrino, “colui che raggiunge la sponda opposta”. I calciatori non sanno di essere anch’essi dei pellegrini. La palla che calciano simboleggia un uccello migratore».

Non è dato saperlo se Tonali questo lo sappia o no, ma forse sì, forse lo sa più di chi è a casa e lo guarda esultare: è una gioia che sa di riscatto, è una gioia che lui sa che verrà indagata, sbirciata in ogni piega del suo sguardo e dei suoi movimenti.

«Non segnava da una vita», commenta Alberto Rimedio in Rai. Non segnava da una vita e lo fa in una partita in cui il punto secco, uno a zero e palla al centro fino alla fine, non glielo sporca nessuno: l’Italia crea vortici, ma l’occhio del ciclone – tutto sommato – è un posto tranquillo.

Sandro Tonali lo sa e in quell’occhio c’è solo lui: non ci entra Retegui, non ci entra Di Lorenzo, né Frattesi, né dall’altra parte Lukaku perché le chiusure di Di Lorenzo sono fondamentali in questa gara e anche i pali aiutano: è il perimetro della partita di cui aveva bisogno. Sandro Tonali esulta nel suo caos calmo e non ce n’è per nessuno.

Potremmo dire redenzione, se è vero che un calciatore è un pellegrino anche se non lo sa. Nel pre-partita aveva dichiarato: «Questa Italia funziona: pensa facile, punto. E così le cose vengono». E sono venute in quei novanta minuti (o giù di lì). Sandro Veronesi, dato che a un Caos calmo si faceva cenno, anni fa scriveva in uno dei pezzi di Un Dio ti guarda: «Anche i calciatori hanno un inconscio: il problema è che raramente sono in grado di ascoltarlo, e in molti casi perfino di ammetterlo. Così questi ragazzi privilegiati, allenati alla perfezione nel fisico e temprati nel carattere, pagati una fortuna anche per stare in panchina o in tribuna, si ritrovano di tanto in tanto a tu per tu con sé stessi, e nemmeno lo sanno».

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E stare a tu per tu con te stesso, quando sei una mezza ala che vola, ma che segretamente, sola, sa che ci impiega più del doppio, perché soffre d’una vertigine perché come in una poesia di Michele Mari, Sandro Tonali ha vissuto su un bordo, ha guardato il precipizio e lo ha sfidato: ci è caduto. Ci è caduto guardando giù, mentre era lì nel «limbo delle cose sospese | nella tensione di un permanente principio | nel nascondiglio di una vita nell’altra».

Ora la mezz’ala sale, risale e si sente intera nella sua metà e quell’intero zittisce. Zittisce anche il livore dei polpastrelli e i fiumi di parole dei giusti veri e dei giusti per posa, zittisce per un attimo o per la mattinata seguente le chiacchiere dei bar di provincia col quotidiano in mano sfogliato nella pausa del caffè, cercando le pagelle.

Il volo zittisce il mondo giudicante, il volo è una lezione, è un modo per tornare indietro e cercare di capire perché una mezz’ala, a un certo punto, guarda il vuoto e ci finisce dentro, è un modo che vale per tutti i pellegrini che mirano all’altra sponda, per chi li guarda nel loro pellegrinaggio e dovrebbe imparare che ogni parola è una zavorra (anche l’assenza di parole lo è).

Chissà che ragazzino è una mezz’ala opposta, una mezz’ala di percussione che spunta e governa il campo con qualità prima di diventare una mezzalaoppostadipercussionediqualità? Chissà con quali parole ci si avvicina ai talenti prima, durante, dopo? Cosa direbbe Bruce Chatwin a guardare uno più giovane di una pausa tra due Giubilei che raggiunge l’altra sponda?

Chissà che non gli torni in mente quello che scriveva nello stesso pezzo qualche riga prima, quando citava queste parole: «“Il derviscio” dice un testo “è un luogo sul quale passa qualcosa, non un viandante che segue la sua libera volontà”».

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Sandro Tonali 24 anni da Lodi, come tutti i ragazzini che poi spiccano il volo, è una persona, ma un ragazzino quando diventa «un luogo sul quale passa qualcosa» ha bisogno di estrema cura per le sue ali e luce per l’ombra che fa mentre si eleva in quota.

Ne ha bisogno, in realtà, un ragazzino, in qualsiasi volo cerchi di spiccare, o non iniziare; ne ha bisogno nel nido; avrà bisogno quando un giorno il nido cercherà di lasciarlo in un posto – come il mondo che oggi ci si ritrova intorno – diventato un luogo di vocabolari fatti di spigoli, passi falsi, vicoli ciechi. Un mondo di modelli estetici inarrivabili, in un pianeta che brucia, di coltelli in tasca, di assenza di progettualità perché se non si nasce privilegiati si è perennemente in affanno…

Ma Tonali, il ragazzo Tonali, nei suoi 24 anni che sembrano 50, è tornato a volare. La dice semplicemente, la racconta nelle sue dichiarazioni in parole povere la ricetta di tutto questo, anche perché Luciano Spalletti ha fatto spogliatoio: ha creato un gruppo di ragazzi che ha voglia di rivedersi, fare squadra, si respira entusiasmo, si lotta insieme – divertendosi – per un centimetro.

C’è una frase di un’intervista di qualche anno fa in cui lui, ventenne del lodigiano, dice: «Il calcio è una festa». E una festa dovrebbero essere le partite che giocano quelli che hanno pochi anni, quelli che cercano di costruirsi, darsi una forma, di portare idee che respirano in un asfissiante mondo di distruttori.

Nel lampo di quella mezz’ala che ritrova sé stessa, segna, esulta con un misto di sentimenti che gli risalgono dal suo caos calmo e lo riportano all’altezza di chi si salva (è salvo), ci sono dentro tante cose, di non tutti i voli, forse, ma di molti – sicuramente – almeno.

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