È arrivato il giorno dell’annunciato sciopero degli stabilimenti balneari, organizzato da Fiba Confesercenti e Sib Confcommercio. In segno di protesta contro la possibilità di mettere in gara le concessioni balneari, come previsto invece dalla direttiva europea Bolkenstein, gli stabilimenti hanno aperto con due ore di ritardo, alle 9:30 al posto delle 7:30. Ma sull’adesione allo sciopero c’è molta discordanza.

Secondo il Codacons la protesta è stata un flop: «Adesioni al di sotto delle attese e organizzazioni totalmente divise sulla serrata. Il numero dei lidi che hanno chiuso nelle due ore di sciopero è inferiore alle aspettative, e la protesta non ha raggiunto i risultati sperati. Al di là delle istanze della categoria, che chiede giustamente certezze sul proprio futuro, proclamare scioperi nel bel mezzo della stagione estiva si conferma una scelta sbagliata, bocciata sia dai consumatori sia dagli stessi gestori». 

L’ente a tutela dei consumatori fa notare anche come le tariffe per i lettini, sdraio e ombrelloni abbiano subito un enorme rincaro negli ultimi anni. Un fenomeno sottolineato anche dall’Unione nazionale consumatori: «Secondo i dati definitivi di luglio dell'Istat, l’inflazione annua è pari +1,3 per cento, dallo 0,8 per cento del mese precedente. Estate infuocata sul fronte dei prezzi! Una stangata per chi è in vacanza, talmente alta da dare un contributo decisivo per far risalire l'indice generale dei prezzi da +0,8 a +1,3 per cento», ha detto il presidente Massimiliano Dona. 

I promotori

Diversa la visione di chi ha organizzato la protesta: «C’è una grande adesione, al di sopra delle aspettative», fanno sapere gli organizzatori. In Versilia, però, lo sciopero dei balneari ha visto aderire uno stabilimento su quattro. A Rimini è stato organizzato un brindisi di protesta per le 12. 

«I bacini balneari più importanti d'Italia, come la Romagna e la Toscana, vedono una partecipazione quasi totale, e oltre l'80 per cento degli operatori balneari ha tenuto chiuso il servizio ombreggio sul territorio nazionale», ha detto Maurizio Rustignoli, presidente di Fiba Confesercenti in una nota. «Un’adesione che ci dà forza e coraggio nel proseguire questa battaglia giusta e doverosa per chiedere al governo subito una legge definitiva che possa finalmente ridare certezze al comparto balneare italiano. Non chiediamo privilegi, non vogliamo eludere i principi europei, ma non siamo disponibili a far espropriare le nostre imprese».

Marco Scarpetta, vicepresidente dell'associazione Balneari di Civitanova Marche, ha fatto invece sapere che le altre due giornate di protesta previste per agosto sono state revocate: «Stamani ci è stato comunicato che il governo avrebbe espresso ai nostri rappresentanti di categoria nazionali l'intenzione di prendere in mano la vicenda già dai primi di settembre e quindi gli altri due scioperi in programma il 19 e il 29 agosto, al momento, sono stati revocati».

Le reazioni politiche

«Comprendo la preoccupazione dei promotori della protesta, ma credo sia necessario un approccio alla questione prudente e collaborativo per preservare in questo particolare periodo dell'anno il legittimo interesse dei consumatori», ha detto Elena Donazzan, europarlamentare di Fratelli d'Italia, commentando la mobilitazione odierna. 

«Delusi dal governo che hanno votato per farsi prorogare la concessione, i balneari oggi hanno chiuso in segno di protesta gli ombrelloni per due ore: più che uno sciopero, a me pare una liberazione da chi ormai abusivamente occupa le spiagge italiane. Servivano gare prima, per non arrivare a questa situazione di incertezza per tutti, servono gare ora, per mettere fine a questo regime di concessioni che è una regalia che la politica ha fatto a una corporazione in cambio di voti a danno di cittadini e ambiente. Il governo si sbrighi e metta fine a questa vergogna italiota», dice invece il segretario di Più Europa, Riccardo Magi.

Gli fa eco il deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Angelo Bonelli: «Uno sciopero estremamente ridicolo e bizzarro: per due ore chiudono di ombrelloni. Noi abbiamo detto allora che è l'ora che i cittadini invadano le spiagge, perché le spiagge sono di tutti. Le concessioni sono scadute. Ci troviamo luoghi come il Twiga di Briatore che paga 20mila euro l'anno e con una Pagoda dove andava sempre Santanchè. Si pagava e si paga a 600 o 1000 euro al mese oppure come a Genova dove ci sono stabilimenti che pagano 5000 euro l'anno e le risorse le incassano in mezza giornata di attività lavorativa. Questo è il disastro che ha compiuto Meloni, che vuole privatizzare le spiagge. Ha allungato le spiagge italiane di 3000 km per evitare di mandarle in concessione».

Il nodo della Bolkenstein

L’Italia è accusata dall’Unione europea e dal Consiglio di stato di non rispettare la direttiva Bolkenstein del 2006, che impone la messa a gara delle concessioni per favorire la concorrenza del mercato. Dal 2006 a oggi i vari governi italiani hanno prorogato le concessioni cercando di prendere tempo prima di prendere una decisione finale.

Nel 2022, il governo Draghi ha varato il ddl Concorrenza, con il quale prevede la scadenza delle concessioni per il 2023, o addirittura fino al 2024 per alcuni casi da motivare. Appena insediato, invece, il governo Meloni (i cui rappresentanti avevano fatto una dura battaglia politica contro la Bolkenstein quando stavano all’opposizione) decide di prorogare le concessioni di un altro anno, chiedendo all’Unione europea tempo aggiuntivo per realizzare una mappatura del litorale italiano.

Da tale mappatura emerge che solo il 33 per cento dei lidi è sotto concessione, questo significherebbe sfruttare un’interpretazione della direttiva secondo cui la messa a gara pubblica è prevista se «il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali». Ma l’Unione europea contesta la mappatura del governo, accusandolo di aver considerato nei suoi dati anche il suolo non balneabile: a nulla è valso il dossier fotografico, presentato da Assobalneari, che mostra molti ombrelloni piantati in prossimità degli scogli e sulle piattaforme di cemento.

La Corte di Giustizia dell’Ue ha ribadito più volte che l’Italia deve mettere a gara le concessioni per rispettare la direttiva, così come confermato dal Consiglio di stato più e più volte: le proroghe automatiche sono illegittime. La riassegnazione deve avvenire entro la fine di quest'anno, ma mancano all'appello criteri nazionali e gli enti locali si stanno avviando a mettere a punto le procedure per conto proprio.

La stessa Corte di giustizia si è pronunciata negativamente anche riguardo la possibilità di concedere ai balneari degli indennizzi in cambio della messa a gara della concessione. Da qui si è arrivato poi allo sciopero di venerdì 9 agosto.

Meloni alle strette

In questo scenario, il governo italiano è messo alle strette da Bruxelles: nonostante le promesse nel corso di anni di opposizione e durante la campagna elettorale prima delle elezioni politiche del 2022, Meloni potrebbe presto indire gare pubbliche per le concessioni.

I negoziati, del resto, con Bruxelles sono in corso, ma un portavoce dell'esecutivo Ue ha precisato ieri che «il parere motivato» spedito a Roma a novembre «è l'ultimo passaggio prima di un possibile deferimento alla Corte di giustizia Ue».

© Riproduzione riservata