A sorpresa la prima votazione per il nuovo presidente della Lega di Serie A. L’unico candidato Ezio Simonelli ha ottenuto 13 voti, uno in meno rispetto al quorum richiesto. Nei giorni scorsi Domani aveva raccontato i suoi possibili conflitti di interessi, che hanno scatenato le proteste dei suoi avversari
A sorpresa la prima votazione per il nuovo presidente della Lega di Serie A. L’unico candidato, l’ex commercialista di Silvio Berlusconi, Ezio Simonelli, ha ottenuto 13 voti, uno in meno rispetto al quorum richiesto.
Per celia qualcuno ha addirittura scritto sulla scheda il nome dell’ex presidente del Consiglio, Mario Draghi, annullando quel voto, che avrebbe permesso al commercialista di conquistare la poltrona.
Nonostante i possibili conflitti di interessi, svelati da Domani e che scatenato le proteste degli avversari del commercialista, per il ruolo di presidente del collegio sindacale ricoperto in Mediaset e all’interno di tre società di Sisal, colosso delle scommesse. Un mondo a cui i presidenti di serie A guardano con grande interesse, chiedendo una percentuale dei ricavi dalle puntate.
Nella stessa assemblea è finita in stand-by pure l’elezione dell’amministratore delegato, Luigi De Siervo. Sul suo nome c’è stato uno stop legato a un supplemento di valutazione.
Un documento riservato, fatto circolare negli ambienti sportivi da parte di una delle proprietà straniere dei club, ha rilevato che la strategia adottata non avrebbe «portato i risultati attesi, assestando i ricavi audiovisivi nazionali a una cifra di circa 990 milioni, con una significativa riduzione dei ricavi rispetto al triennio precedente», si legge in uno dei passaggi del testo informale.
Un problema aggiuntivo per Simonelli, visto che i presidenti delle società preferirebbero votare il ticket presidente-ad. Se ne riparlerà nella prossima assemblea, probabilmente il 20 dicembre, e con la consapevolezza di una scadenza precisa inderogabile: il 3 febbraio, data in cui ci sarà la votazione del presidente della Federcalcio.
Nuova votazione
Al di là della mancata elezione al primo colpo, il risultato di Simonelli è stato considerato positivo dai suoi sostenitori provando a far circolare uno spin ottimistico. Alla terza votazione, quando sarà sufficiente la maggioranza semplice (11 voti), il commercialista dei potenti (tra i suoi clienti c’è anche la ministra Daniela Santanchè) potrebbe essere eletto. In quel caso basterebbe il gruzzolo di 13 voti.
Ma la trattativa non può essere ridotta a una questione numerica. Simonelli partiva da una base (teorica) di 15 voti, addirittura con un piccolo margine di sicurezza. Sono stati due franchi tiratori a fargli lo sgambetto con lo scopo di bruciare la sua candidatura. «Chissà che alla terza non scendano a 10 i voti», è una delle analisi che circolano ai massimi livelli del mondo calcistico.
Di sicuro il commercialista non ha annunciato il ritiro della candidatura, per ora è intenzionato a tirare dritto, sostenuto prima di tutto dall’amministratore delegato del Monza, Adriano Galliani. Gli avversari, in testa il senatore di Forza Italia e presidente della Lazio, Claudio Lotito, hanno però un tempo supplementare per tessere la tela di una proposta alternativa.
Del resto, se il vento è cambiato in poche ore in dieci giorni può accadere molto altro. Alla vigilia dell’assemblea della Lega di Serie A, sono aumentati dubbi sollevati sui potenziali conflitti di interessi di Simonelli.
Ha pesato il parere, chiesto dal presidente uscente della Lega di serie A, Lorenzo Casini, al luminare del diritto, Natalino Irti, sulla possibile incompatibilità dell’ex consulente di fiducia di Berlusconi, oggi molto vicino al governo. Nella sua disamina giuridica, ha sottolineato il rapporto di Simonelli con Mediaset, società di cui è appunto presidente del collegio sindacale, che fa capo a Fininvest, proprietaria del Monza. E questo creerebbe una condizione di incandidabilità e di conseguente ineleggibilità.
Certo, il commercialista ha annunciato le dimissioni da qualsiasi carica in potenziale conflitto di interessi, ma stando al parere di Irti non sarebbe sufficiente. D’altra parte, l’entourage di Simonelli ha fatto trapelare la replica informale, secondo cui il ruolo di presidente del collegio sindacale «è terzo rispetto alle società». Un intreccio tra necessità di trovare i voti e aggirare i dubbi quantomeno sulle ragioni di opportunità.
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