È l’italiano che ha raccolto più donazioni private alle ultime europee. Massimiliano Salini, classe 1973, per gli amici Max, alle elezioni del giugno scorso è stato confermato per la terza volta di fila come rappresentate dell’Italia al parlamento Ue.

Merito delle oltre 37mila preferenze raccolte nella circoscrizione Nord-Ovest. Cremonese di Soresina, eletto nelle liste di Forza Italia-Noi moderati, attualmente vicepresidente del Partito popolare europeo, negli anni Salini si è ritagliato il ruolo del difensore degli interessi delle industrie italiane, grandi e piccole.

E queste lo hanno premiato: secondo i dati pubblici sui finanziamenti ai politici italiani, solo nel 2024 gli hanno regalato 227mila euro. Più di quanto, tanto per fare dei paragoni, nello stesso periodo hanno incassato la leader del Pd, Elly Schlein, l’intero partito Azione o la sezione nazionale di Lega Salvini Premier.

Per comprendere le ragioni del successo finanziario di Salini abbiamo analizzato le singole donazioni e l’attività politica svolta dall’europarlamentare. Lui, già presidente della Provincia di Cremona, prima ancora membro dello staff dell’allora presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, si descrive come dotato di «naturale concretezza».

Salini è uno dei politici di riferimento di Comunione e liberazione. Spesso ospite a eventi organizzati dalla Compagnia delle opere (braccio economico di Cl), relatore abituale al Meeting di Rimini, non parla quasi mai di temi etici cari ai seguaci di Don Giussani, come l’aborto o l’eutanasia. Preferisce occuparsi di economia.

Il circolo

La maggior parte del denaro raccolto da Salini è arrivato dal Circolo delle imprese, un’associazione milanese che dichiara di essere nata «nel 2015 dall’idea di un gruppo di amici» di «supportare l’elaborazione di dossier ed eventuali emendamenti, interrogazioni e altre iniziative da sottoporre al mondo della politica», e di avere attualmente «oltre 5.000 aziende aderenti».

Quali sono queste imprese non si sa. L’associazione non pubblica un bilancio, né la lista dei sostenitori con le relative cifre elargite. Di certo, tra maggio e settembre di quest’anno, il Circolo ha donato 82.785 euro a Salini.

Il quale, durante la campagna per le europee, è stato l’ospite eccellente di parecchi eventi promossi dal Circolo: quasi sempre cene o aperitivi che si tengono all’interno di aziende lombarde. Oppure in locali, come un’enoteca di Crema dove, lo scorso 26 marzo, si è svolto un evento intitolato “Insieme per contare”, ospite della serata ovviamente Salini.

«Il costo a persona sarà di: € 1.000,00. Per chi lo desidera è possibile acquistare più posti», si legge sull’annuncio del Circolo, il cui Iban è stato usato per raccogliere il denaro.

La legge italiana non vieta ai politici di ricevere donazioni da associazioni o fondazioni. La modalità permette di incassare di fatto in forma anonima, lasciando così aperti i dubbi su possibili conflitti d’interessi.

Volendo evitare di regalare apertamente soldi a un politico, un’azienda può infatti regalare la somma a un’associazione, la quale in seguito la girerà al parlamentare. Quello del Circolo delle imprese e di Salini è uno dei tanti possibili casi di questo genere: la particolarità è data dall’entità dell’erogazione, oltre 80mila euro in pochi mesi. Ma non è solo questo il denaro che ha alimentato la campagna elettorale del vicepresidente del Ppe.

Un altro contributo importante, 50mila euro, è arrivato da Federacciai. È l’associazione di Confindustria che raggruppa i principali produttori siderurgici italiani. Presieduta da Antonio Gozzi, patron della multinazionale Duferco, l’associazione è elencata nell’albo dei lobbisti Ue. Secondo questo registro, Federacciai ogni anno spende tra i 100 e i 300mila euro per le sue attività di pressione sulle istituzioni europee. Perché dunque investire altri 50mila euro su un singolo parlamentare?

Di sicuro, uno dei temi a cui l’associazione è stata più attenta l’anno scorso è quello del regolamento Cbam (Carbon Border Ajustment Mechanism), entrato in vigore a ottobre 2023. Si tratta, semplificando al massimo, di una nuova tassa: a partire dal 2026 e salvo modifiche, dovrà essere pagata dagli importatori europei di acciaio e alluminio (ma non solo) per compensare le emissioni di gas serra generate durante la produzione di questi materiali fuori dai confini Ue. Insomma, costi in aumento per le aziende importatrici europee, ma anche per quelle che hanno delocalizzato la produzione e vendono in Ue.

Salini, che è stato relatore per il Ppe del pacchetto Fit-for-55 (include la direttiva sul Cbam), si è speso moltissimo a favore di una norma vantaggiosa per gli importatori europei di acciaio. E anche in questo nuovo mandato avrà un occhio attento sul tema, dato che fa parte della commissione Ambiente, della commissione Industria e della commissione Affari Esteri.

Dall’acciaio al packaging

Tra i suoi donatori ci sono anche singole aziende del settore siderurgico. Salini ha ricevuto ad esempio 10mila euro dalla Alfa Acciai di Brescia, parte di un gruppo con 1.200 dipendenti, controllato dalle famiglie Lonati e Stabiumi, specializzato nella produzione di tondino (barre d’acciaio per cemento armato).

Altri 5mila euro gli sono arrivati dalla Steel Color di Stefano Ricci, impresa cremonese che esporta nel mondo prodotti in acciaio inossidabile colorato (il più celebre è il Peix di Barcellona dell’architetto Frank Gehry).

Sono tutte realtà con interessi evidenti nella nuova normativa europea di cui si occupa l’europarlamentare italiano. La lista dei donatori di Salini include poi una serie di aziende italiane con interessi disparati. Ci sono ad esempio 10mila euro regalati da Rosa Srl, azienda bresciana che produce «cofani funebri con lavorazioni artigianali»; 5mila euro dalla Edicer, società editoriale controllata da Confindustria Ceramica; 20mila euro dalla Blufin, parte del gruppo bergamasco Montello, attivo nella raccolta di rifiuti di plastica e organici; altri 5mila euro dalla Calm Investments, holding di Alfredo Lupi e Carolina Corettilini, che detiene partecipazioni in una decina di imprese italiane.

Infine c’è il comparto del packaging, altro grande tema degli ultimi anni a Bruxelles. In vista delle ultime elezioni Salini ha ricevuto una donazione di 20mila euro dalla Cartoprint Spa. È un’azienda storica della provincia di Varese: produce imballaggi di carta per l’industria del gelato. Cartoprint fa parte del Seda International Packaging Group: dodici stabilimenti sparpagliati tra Europa e Stati Uniti, di proprietà dell’ex presidente di Confindustria, Antonio Amato.

Pur essendo già presente a Bruxelles con un suorappresentante e una spesa per attività di lobbying stimata nel 2023 tra 200 e 300mila euro, il gruppo ha voluto omaggiare Salini con una donazione personale nel 2024. In ballo quest’anno al parlamento Ue c’era proprio il nuovo regolamento sugli imballaggi, che puntava a ridurre la quantità di rifiuti derivati. È stato approvato ad aprile e, alla fine, ha reso felici i produttori come D’Amato: «Un grande successo dell’Italia», ha dichiarato l’industriale ringraziando esplicitamente Salini (oltre che l’eurodeputata del Pd Patrizia Toia) per aver «sostenuto la nostra impostazione».

Ma cosa ha ottenuto Salini? È stato lui stesso a spiegarlo: l’Italia è stata «esentata dagli obiettivi di riuso previsti all’Art. 26 del Regolamento, mentre per le restrizioni di cui all’articolo 22 (divieto di immettere sul mercato alcuni tipo di imballaggio, ndr) siamo riusciti a modificare la data della loro entrata in vigore differendola dall’immediato all’1 gennaio 2030. Un’altra vittoria», ha spiegato l’europarlamentare, «riguarda l’esenzione degli obiettivi di riuso per il vino e le bevande alcoliche».

Insomma, i produttori d’imballaggi italiani per ora possono continuare a produrre più o meno come prima. Per la gioia di D’Amato. E per quella di Salini, l’italiano più finanziato alle ultime europee.

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