Quattro detenuti si sono tolti la vita nel giro di 24 ore. «Sono numeri indegni di un paese civile», dice Gennarino De Fazio, segretario del sindacato di polizia penitenziaria Uilpa. Mentre la condizione delle carceri italiane peggiora, secondo gli indicatori dell’ultimo report di Antigone
La strage nelle carceri italiane non si ferma. Con i morti di Sassari, Ariano Irpino, Biella e Teramo il numero di suicidi dall’inizio dell’anno ha toccato quota 44 e in proiezione il 2024 rischia di essere l’anno col dato peggiore, se si pensa che il record precedente del 2022 è di 84 suicidi totali. Sono dieci i morti in più rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Ventiquattro sono di origine italiana, venti provengono da paesi terzi.
I numeri dicono che la situazione nelle carceri italiane non solo è critica, ma va peggiorando. Sul tema è intervenuto ora anche il Consiglio d’Europa, che ha chiesto all’Italia di prendere misure urgenti. Ma il governo Meloni fa muro a ogni proposta e soluzione che possano ridurre la pressione sugli istituti penitenziari che secondo gli ultimi dati del Garante dei detenuti il tasso di sovraffollamento ha toccato oltre il 130 per cento.
Prosegue la strage
Nella giornata di venerdì 14 giugno si è tolto la vita un detenuto 38enne del carcere di Ariano Irpino, in provincia di Avellino. L’uomo si è impiccato in serata usando i propri vestiti e il suo decesso è stato il sesto in otto giorni nelle carceri della Campania. Nei giorni scorsi aveva aggredito alcuni agenti e dato segni di instabilità, quelli che il sindacato di polizia Uilpa ha definito «segni evidente di un disagio mentale», ma nonostante questo il detenuto è stato lasciato solo, senza cure e assistenza.
Nella tarda serata di venerdì in Piemonte, a Biella, un detenuto 45enne si è tolto la vita impiccandosi. Quello di Biella non è un istituto qualunque, ma è la perfetta sintesi di tutto il male che può racchiudersi oggi nelle carceri italiane. Il carcere piemontese è stato definito “il più sedato d’Italia”, visto che qui otto detenuti su dieci assumono psicofarmaci, segno del disagio collettivo in cui si sprofonda in questi luoghi. E sempre Biella è sotto i riflettori della magistratura, dal momento che 23 agenti sono sotto indagine per violenze e abusi nei confronti dei detenuti. Nonostante questo, continuano a lavorare nell’istituto, visto che poche settimane fa la Cassazione ha dichiarato inammissibile la loro sospensione.
Il caso del detenuto 74enne
Nel pomeriggio di sabato 15 giugno un altro suicidio si è consumato nel carcere di Sassari. Un uomo di 43 anni ha approfittato del ricovero in infermeria per sottrarre le lenzuola e impiccarsi. Ma la giornata si era aperta con un altro, ennesimo suicidio. Nell’istituto di Teramo, dove a togliersi la vita è stato un 74enne.
«Era un uomo malato, anziano sfinito da un vissuto logorante. Un uomo le cui condizioni di salute si sono palesate incompatibili con la detenzione carceraria. È stato ammazzato dallo Stato», ha denunciato la sua avvocata, Federica Di Nicola. Quello dei detenuti anziani è uno dei tanti problemi del sistema penitenziario italiano: nessuno in Europa ha un’età media così alta in cella. Le pene alternative, infatti, non sono contemplate anche per chi è negli ultimi anni della propria vita e non costituisce un pericolo sociale. Casi eclatanti recenti sono quelli del detenuto 92enne nel carcere di Poggioreale, in provincia di Napoli, per un reato di natura sessuale. E del 90enne nel carcere di San Vittore, a Milano, per tentato omicidio.
L’inferno delle carceri italiane
I quattro suicidi in 24 ore nelle carceri italiane hanno fatto salire il tragico bollettino del 2024 a 44. Non siamo neanche a metà anno e questo significa che, ai ritmi attuali, il dato finale potrebbe rappresentare un ulteriore incremento rispetto agli 84 suicidi in carcere del 2022, che già costituivano un record.
«Sono numeri indegni di un paese civile», ha commentato Gennarino De Fazio, segretario del sindacato di polizia penitenziaria Uilpa. Ma sono numeri che non stupiscono. La condizione delle carceri italiane è disastrosa, lo evidenziano i numeri dell’associazione Antigone nell’ultimo report. Nel 28 per cento delle celle visitate non è garantito il minimo di legge di tre metri quadri per persona, nel 19 per cento non c’è il riscaldamento, nel 48,5 per cento mancano docce interne e il 6 per cento non ha il wc in un ambiente separato.
Dopo che le carceri erano tornate a numeri di presenze sostenibili a causa del Covid-19, dando finalmente seguito alle numerose condanne internazionali per l’Italia, ora i dati del sovraffollamento sono tornati a crescere. A fronte di meno di 50mila posti effettivi, i detenuti in Italia sono oltre 61mila, con istituti come quello di Brescia dove il tasso di sovraffollamento è del 200 per cento. Il disagio mentale è la diretta conseguenza di un contesto simile, caratterizzato anche da violenza e abusi di potere sistematici, come hanno messo in luce decine di indagini, processi e condanne per tortura.
Il 40 per cento dei detenuti in Italia assume psicofarmaci, gli atti di autolesionismo sono 18,1 ogni 100 detenuti. E sempre più persone si tolgono la vita, come ci ricorda la cronaca delle ultime ore.
Interviene il consiglio d’Europa
Che la situazione delle carceri italiane sia particolarmente critica se n’è accorto anche il Consiglio d’Europa. Nelle scorse ore ha chiesto al governo italiano «di adottare rapidamente ulteriori misure e a garantire adeguate risorse finanziarie aggiuntive per rafforzare la capacità di prevenire queste morti», dal momento che quanto fatto finora si è rivelato inefficace. Un appello condiviso dall’associazione Antigone, che ha chiesto di intervenire con provvedimenti che riducano la pressione sulle carceri e che migliorino le condizioni di vita al suo interno, come la liberalizzazione delle telefonate (oggi ai detenuti sono concessi solo dieci minuti di chiamata a settimana).
Ma il governo Meloni continua a fare muro. Il ddl presentato da Roberto Giachetti (Iv) per tamponare nel breve termine l’emergenza carceri con le liberazioni anticipate rischia l’affossamento, mentre dall’esecutivo promettono solo misure a lungo termine come un nuovo decreto carceri che non prevede sconti di pena e la costruzione di nuovi istituti penitenziari nelle caserme dismesse. Sullo sfondo, vengono introdotte nuove fattispecie di reato che non fanno altro che riempire ulteriormente le carceri, come successo per gli istituti minorili dopo il decreto Caivano, dove il numero di presenze è aumentato del 30 per cento in un anno.
E il nuovo ddl sicurezza in discussione alle commissioni, che tra il reato di rivolta in carcere, una stretta sulle droghe (compresa la “cannabis light”) e un ampliamento del ricorso alla custodia cautelare (di cui l’Italia è già prima in Europa) potrebbe dare il colpo di grazia all’utopia di avere carceri in linea con la Costituzione italiana, lì dove si dice che la pena non può corrispondere in trattamenti inumani e degradanti.
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