Mentre il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio in occasione della Giornata Mondiale della Salute invita a «tutelare il diritto alla salute sin dalla nascita, riconoscendo che il benessere di ogni individuo contribuisce alla vitalità della comunità», la comunità Lgbt guarda con preoccupazione allo sciame di retroscena che si addensano sul tavolo tecnico voluto dalla ministra Eugenia Roccella e dal ministro Orazio Schillaci «in materia di trattamento della disforia di genere».

Un Tavolo destinato a riscrivere il diritto di salute delle persone transgender, creato nel maggio del 2024 con lo scopo di lavorare a «protocolli e linee guida per l’accesso ai percorsi di affermazione di genere delle giovani persone trans e non binarie». Entro fine aprile arriverà la relazione. Mentre tra una settimana si riunirà con i suoi 29 membri: medici, esperti di bioetica, psicologi, endocrinologi chiamati a rivedere le linee guida che prevedono l’uso del farmaco che interrompe lo sviluppo puberale in attesa di decidere se procedere con la terapia ormonale: la triptorelina.

Assente dal tavolo la comunità trans: «Escluderci stato uno dei più barbari atti di sovradeterminazione dei corpi trans», aveva commentato Roberta Parigiani, portavoce del Movimento Identità Trans. «Non siamo considerate abbastanza esperte dei nostri corpi».

A preoccupare sono i retroscena sulla relazione: l’ultimo in ordine di tempo viene diffuso da Il Giornale che racconta di un registro della disforia: «I centri sanitari (5 quelli pubblici, più di 80 quelli privati) dovranno inviare non solo i dati sull’uso della triptorelina (il farmaco bloccante) ma anche quelli degli ormoni per le persone adulte».

«Il registro sarà molto utile per verificare le prescrizioni e il percorso, un monitoraggio necessario», spiega a Il Giornale, Gian Vincenzo Zuccotti, ordinario di Pediatria all’Università Statale di Milano e membro del Tavolo tecnico. 

Domani è riuscito a parlare, dietro garanzia di anonimato, con altri membri del tavolo che hanno definito «una fuga in avanti» le ipotesi riportate. «Il tavolo si riunirà la settimana prossima», racconta uno dei 29 membri: «E non ha ancora terminato i suoi lavori sul consenso informato». Un altro membro del comitato entra ancora più nel dettaglio: «Si sta lavorando su ipotesi condivise. Certo servirà un percorso che prevede un neuropsichiatra infantile, siccome parliamo di minori, ma questo era già previsto dalle delibere del 2018 e del 2019».

Sull’ipotesi di un registro “della disforia” i professionisti interpellati da Domani tentano di essere più precisi: «Stiamo discutendo di un registro che serve per monitorare la terapia, come per tutte le terapie. E soltanto per i minori che faranno uso della triptorelina ma non per gli adulti».

Smentita quindi l’ipotesi della messa al bando del farmaco che viene usato da molto tempo, per adolescenti che soffrono di pubertà precoce e dal 2018 è stato concesso in Italia anche agli adolescenti trans, in accordo tra il Comitato nazionale di bioetica e l’Agenzia italiana del farmaco. «Una cosa importante che proporremo», avvisa un esperto, quasi a rimarcare le parole di Mattarella «sarà quella di autorizzare i percorsi unicamente nei centri pubblici, che non sono molti oggi e che andrebbero rinforzati con un’équipe multidisciplinare». Posizione che potrebbe trovare il plauso del tavolo composto soprattutto da professionisti del settore pubblico. Ma non quello dei ministri da sempre contrari a qualsiasi avanzamento in positivo dei diritti delle persone trans.

La comunità transgender resta preoccupata dalla possibilità che il tavolo metta in discussione l’attuale percorso (noto come transizione o adeguamento di genere) per le persone adulte, consentito dalla legge 164 del 1982. Una legge vecchia più di quarant’anni, da riaggiornare. Ma che questo governo potrebbe peggiorare: inserendo l’obbligo di visite psichiatriche anche per gli adulti.

Una superata necessità. L’incongruenza di genere infatti non è una malattia mentale. La visita psichiatrica obbligatoria rischierebbe di rallentare così il percorso di affermazione già tortuoso nel nostro paese. Se diversi membri rassicurano che l’ipotesi non sia al vaglio, un professionista ammette: «Quello che faranno dopo non si può escludere. Intanto a fine aprile uscirà la relazione sui minori. Un’esigenza vera che stiamo affrontando senza ideologie, da professionisti del settore».

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