Manca un mese alla partita, ma Italia-Israele di Nations League è già diventata un motivo di scontro tra l’amministrazione comunale di Udine, il comitato friulano della Federcalcio e la regione Friuli-Venezia Giulia. Gli ultimi due enti sono gli organizzatori dell’evento, il primo è quello che dalla città ospitante ha negato il patrocinio richiesto.

«Motivi di sicurezza e di sensibilità, sia la nostra sia quella della nostra gente che nei mesi scorsi, attraverso movimenti e comitati, ha più volte manifestato a favore del popolo palestinese», precisa Chiara Dazzan, assessora allo Sport del comune di Udine, ex giocatrice di Serie A con Pordenone e Chiasiellis, con cui nel 2007 a Terracina ha vinto il primo scudetto di beach soccer.

Ad aprile la locale Figc ha mandato al comune una richiesta di collaborazione per un evento che si terrà nel giugno del prossimo anno, un contatto preliminare alla presentazione del dossier di candidatura, «mentre per l’organizzazione della gara di Nations League contro Israele – spiega Dazzan – abbiamo appreso tutto dai media, e questo ci ha lasciati perplessi. Voglio essere chiara, non è questo il motivo del nostro diniego: c’è uno Stato che ha messo in campo una risposta sproporzionata agli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 e non possiamo né vogliamo girarci dall’altra parte, anche per salvaguardare la serenità di un territorio che, nei mesi scorsi, si è espresso chiaramente su questi temi».

L’amministrazione comunale, guidata da Alberto Felice De Toni, ha fatto una controproposta alla Figc per riempire la partita di valori, proponendo una raccolta fondi, al di là dell’incasso – che per motivi organizzativi non può essere destinato ad altro – da devolvere alle vittime della guerra in Medio Oriente; ci risulta, inoltre, che in questa iniziativa il comune abbia tentato di coinvolgere l’Associazione Rondine Cittadella della Pace di Arezzo, che da oltre venticinque anni ospita studenti di paesi tra loro in guerra: israeliani e palestinesi, russi e ucraini, abkhazi e azeri.

Una richiesta che Ermes Canciani, presidente del comitato regionale della Figc neoeletto, ha bocciato: «La complessa e rilevante organizzazione di un evento come una gara della Nazionale italiana di calcio, essa stessa comunemente ritenuta un’occasione di festa, di pace e di amicizia nello sport, rende molto complicata la modifica dell’iter già avviato, anche in relazione al sostegno ricevuto da altre istituzioni, a partire dalla regione».

I precedenti

Il caso Rosenthal del 1989, calciatore israeliano del quale l’Udinese non perfezionò l’acquisto adducendo motivazioni fisiche e per il quale il club è stato condannato a pagare 61 milioni di vecchie lire per atteggiamento discriminatorio, e il caso Maignan dello scorso gennaio, per il quale alcuni spettatori sono stati banditi a vita dagli stadi per insulti razzisti, sono due precedenti pesanti: «La sigla della curva Nord che si macchiò di minacce e atti di antisemitismo non esiste più e nel secondo caso si è trattato di poche persone. Io non giustifico mai questi episodi, ma vado allo stadio da quando sono bambina, il calcio è il mio sport, conosco bene i friulani e tutte le iniziative dei tifosi in questi anni per andare a vedere le partite in un clima sereno», sottolinea Chiara Dazzan.

L’opposizione ha cavalcato il mancato patrocinio accusando la giunta di essere antisemita: «Pura strumentalizzazione politica, quando il 1° settembre eravamo insieme alla comunità ebraica e all’Associazione Italia-Israele per festeggiare la Giornata europea della cultura ebraica; capisco che quest’ultima ci sia rimasta male, ma la Nazionale, con la sua bandiera, rappresenta un governo. Amo la squadra e la maglia azzurra, che ho vestito solo nelle Under, ma questa volta non andrò allo stadio, Italia-Israele non la vedrò».

La scelta di Udine e non di un’altra città rientra nell’idea di dirottare, in questo momento storico, la nazionale israeliana di calcio in luoghi periferici. Il Belgio è stato costretto a giocare la partita in casa contro gli israeliani a Debrecen, in Ungheria, dopo il no di varie sedi: «Che cosa avremmo fatto se gli attivisti filopalestinesi o filoisraeliani avessero acquistato in massa i biglietti dell’incontro? Saremmo stati disposti a porre la Nations League, di certo non la competizione più prestigiosa, di fronte a un rischio di tale portata?», ha detto l’assessore allo Sport di Bruxelles, Benoît Hellings.

Il calcio, lo sport in generale, non sono mai stati neutrali. La stessa Nazionale israeliana di calcio si è prestata ad alcuni spot propagandistici.

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