Esiste un elemento che rende il Pronto Soccorso diverso da tutti gli altri reparti ospedalieri e che in qualche modo lo accomuna invece alle forze di polizia, ai vigili del fuoco, alla protezione civile. I medici e gli infermieri di Pronto Soccorso sono infatti quelli che gli anglosassoni chiamerebbero civil servants, non nel senso di pubblici ufficiali (cosa che peraltro sono, durante l’espletamento del loro servizio), ma nel vero senso di servitori della cittadinanza. Nello stesso modo in cui le forze dell’ordine rispondono alla chiamata per un crimine e i vigili del fuoco saltano sulle loro autopompe per correre sul luogo di un incendio, il Pronto Soccorso risponde a ogni necessità di salute, grande o piccola che sia, a qualsiasi ora del giorno o della notte. Potranno esserci disguidi o lentezze che è giusto rilevare e criticare, ma nessuno troverà mai la porta chiusa. Questo fatto mi rende orgoglioso come medico e mi rassicura come cittadino perché so che, in un sistema sanitario al quale è sempre più difficile accedere, c’è ancora un luogo a cui chiunque può rivolgersi nel momento del bisogno, indipendentemente dal suo livello sociale, dalla sua condizione economica e dal problema che causa il suo malessere.

[…] Un aspetto che differenzia il Pronto Soccorso dagli altri reparti è che i medici non si occupano di un paziente per volta, ma devono rispondere contemporaneamente a un numero potenzialmente illimitato di persone. Come è inevitabile, il tempo che io dedico a un malato viene sottratto a qualcun altro che sta aspettando il suo turno in attesa che si liberi un posto. Dico spesso che il medico di Pronto Soccorso (e gli infermieri con lui/lei) deve sempre preoccuparsi allo stesso tempo di due malati: quello che ha davanti a sé in quel momento e il grande malato per antonomasia, cioè il Pronto Soccorso stesso. Dello stato di salute del Pronto Soccorso i medici devono essere sempre consapevoli, per impedire che collassi compromettendo così la salute di chi vi si era rivolto con fiducia.

È normale che un medico in Pronto Soccorso abbia contemporaneamente in carico dieci o quindici pazienti e che lavori passando senza soluzione di continuità dall’uno all’altro, seguendo un ordine dettato dalle priorità dei bisogni. Priorità che spesso confliggono tra loro. Senza dubbio un anziano con un dolore toracico deve essere valutato subito, ma cosa fare se nel frattempo un ubriaco si mette a urlare e ad aggredire le altre persone presenti in sala? Certamente il dolore di una colica renale è insopportabile e richiede un trattamento immediato, ma è ancora prioritario che il medico vi si dedichi se in quello stesso momento i barellieri stanno portando in sala di emergenza un bambino caduto dal terzo piano?

[…] Ho fatto un conto a spanne. Ho calcolato i miei giorni di lavoro da quando sono stato assunto a quando sono andato in pensione. Per ogni giorno ho considerato una media di quindici visite, scendendo a cinque negli anni di primariato, quando gran parte del mio tempo era dedicato alle riunioni e al lavoro organizzativo e amministrativo. Dal risultato di questo calcolo si evince che ho valutato personalmente circa centomila pazienti, cui vanno aggiunti quelli ai quali ho soltanto fornito un parere e quelli che sono stati ricoverati nei ventisei letti del reparto di Medicina d’urgenza del Niguarda, di cui sono stato responsabile per quindici anni.[…] Centomila facce, centomila storie, centomila diversi modi di soffrire. E le facce, le storie, la sofferenza dei loro famigliari, madri, padri, mariti, mogli, figli che fossero. Lavorare in Pronto Soccorso mette in contatto con uno spaccato di umanità che poche altre professioni consentono di incontrare con tale ampiezza e in un momento così particolare della vita. Se per l’Organizzazione Mondiale della Sanità la salute è «uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale», il medico di Pronto Soccorso ha a che fare esattamente con il contrario, cioè con le diverse manifestazioni del malessere fisico, mentale e sociale. Spesso con più di una nello stesso soggetto, visto che il più grave fattore di rischio per la malattia e la morte è lo stato socio-economico di una persona.

[...] Il Pronto Soccorso, terra di confine con una porta aperta verso la strada e l’altra, sempre più stretta, verso i reparti, si è trovato schiacciato tra la crisi del territorio e quella degli ospedali. Tra una medicina generale che ormai riceve solo per appuntamento e prescrive prestazioni che hanno liste d’attesa epocali e ospedali con un tasso di occupazione dei letti che va spesso oltre il cento per cento e che non riescono a rispondere da soli ai problemi posti da una popolazione sempre più anziana. […] Nessuna risposta semplice è a portata di mano, ma di una cosa sono certo: per salvare l’ultimo baluardo della medicina pubblica c’è bisogno di una vera rivoluzione. Bisogna abbattere ostacoli e interessi consolidati, immaginare un’organizzazione radicalmente diversa, motivare fortemente le nuove generazioni di medici. Si avverte un estremo bisogno di collaborazione, di elasticità, di fantasia e di sperimentazione. […] La Sanità pubblica e universalistica è una delle più grandi conquiste della nostra democrazia. Il Pronto Soccorso è il suo ultimo baluardo e non deve finire come Fort Alamo. Questa volta Davy Crockett non deve morire, per il bene di tutti noi.[…] Personalmente non ho mai subito una violenza fisica, ma ho dovuto ascoltare, sostenere e proteggere molti medici e molti infermieri che sono rimasti traumatizzati dall’esperienza. Per fortuna le aggressioni fisiche sono relativamente rare, ma insulti e minacce fanno parte della vita quotidiana di ogni Pronto Soccorso. Gli operatori sociosanitari e gli infermieri, che stanno più a lungo a contatto con i pazienti, sono le vittime preferite dei loro assalti o di quelli dei loro famigliari. In Italia vengono denunciate circa cinque aggressioni al giorno (non tutte in Pronto Soccorso) e nel 70 per cento dei casi le vittime sono donne. Un recente sondaggio di Anaao - Assomed (Associazione Medici Dirigenti) riporta che l’81 per cento dei propri iscritti ha subito almeno un’aggressione.


Il testo è un estratto del libro Corsia d’emergenza. La mia vita di medico in pronto soccorso (Chiarelettere,  2024, pp. 201, euro 18,60) di Daniele Coen: sarà disponibile dal 1° ottobre

 

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