- I giovani infettati dal Covid si ammalano, talvolta in forma grave, riportando danni duraturi e possono morire, anche se fortunatamente molto meno rispetto agli anziani. Il vaccino, invece, li può proteggere.
- Ormai, dopo milioni di dosi inoculate e la pubblicazione di alcuni importanti studi scientifici, è chiaro che i rischi sono enormemente inferiori alla malattia e le miocarditi rarissime.
- Vaccinare i bambini serve perché previene le poche morti e le tante forme gravi di Covid, e impedisce che essi diventino un bacino di diffusione del virus.
A partire dal 15 dicembre anche in Italia, come in molti altri paesi del mondo, si potranno vaccinare i bambini tra i cinque e gli undici anni. La decisione ha sollevato molte controversie, anche se la maggioranza dei genitori non sembra contraria alla vaccinazione dei figli.
Alcuni scienziati, medici ed esperti - una esigua minoranza rispetto alla totalità - vanno ripetendo: «I giovani infettati dal coronavirus non sviluppano una malattia grave e non muoiono, perciò non c’è nessun motivo per vaccinarli dato che i rischi della vaccinazione sono superiori ai benefici».
È sempre più evidente, invece, che i giovani infettati dal Covid si ammalano, talvolta in forma grave, riportano danni duraturi, e purtroppo muoiono, anche se fortunatamente molto meno rispetto agli anziani.
Le forme della malattia
I giovani vengono colpiti da due forme di Covid: il cosiddetto long Covid, e la Mis-c, che sta per Multisystem Inflammatory Syndrome in Children, ovvero la sindrome multisistemica infiammatoria del bambino. Per capire cosa siano bisogna spiegare i meccanismi della malattia.
Il Sars-Cov-2 entra nel nostro organismo per via aerea attraverso il naso e la bocca, arriva nei polmoni e qui, tramite la proteina spike, si lega a recettori chiamati Ace2 presenti sulla membrana delle cellule degli alveoli polmonari, penetra dentro, si replica generando nuove copie del virus che, a loro volta, danneggiano la cellula.
I nuovi virus prodotti invadono le cellule vicine e così via, distruggendo a poco a poco le pareti degli alveoli. Per combattere la malattia, un gran numero di cellule immunitarie – macrofagi, monociti, etc – arriva nei polmoni. Si scatena un'infiammazione importante che in un primo momento distrugge tutto, virus e tessuto polmonare.
Nella maggior parte dei casi, dopo una settimana o due, l’infiammazione regredisce perché nei polmoni iniziano ad arrivare cellule immunitarie specializzate: i linfociti B che producono anticorpi contro il virus, e i linfociti T killer che uccidono il virus e le cellule polmonari infettate. In questo modo si inizia a guarire.
Nei giovani i linfociti B e T funzionano alla perfezione, perciò nella maggior parte dei casi riescono a guarire senza danni. Purtroppo però, in alcuni casi il virus riesce a penetrare all’interno dei vasi sanguigni del polmone, e qui può legarsi ai recettori Ace2 presenti anche nelle cellule dell’endotelio - il sottile tessuto che costituisce le pareti dei vasi - invadendole e lesionandole; oppure, trasportato dal sangue può anche diffondersi in tutti gli organi del corpo – cuore, fegato, cervello, e così via - provocando in essi un’infiammazione più o meno grave.
Long Covid
Un giovane infettato dal coronavirus può andare incontro a vari destini. Nella maggior parte dei casi, guarisce senza che il Covid gli lasci cicatrici e lesioni permanenti né nel polmone né negli altri organi. In un certo numero di casi, il virus, penetrato nel circolo sanguigno, può generare un’infiammazione diffusa, in uno o più organi, che dà sintomi anche prolungati nel tempo: questo è il cosiddetto long Covid.
Su cento giovani infettati dal coronavirus, venti sviluppano questa forma, che può dare sintomi diversi a seconda degli organi coinvolti: difficoltà di respiro o debolezza se vengono colpiti i polmoni; cefalee, difficoltà di concentrazione e insonnia se viene colpito il cervello; diarrea e coliti se viene colpito l’intestino, e così via; e questi sintomi possono durare mesi o anni.
L’infiammazione multipla
In un numero per fortuna limitato di casi, i virus invadono il circolo sanguigno e si diffondono in tutto il corpo provocando una grave infiammazione estesa, la Mis-c, che può colpire i polmoni, il cuore, il cervello, i reni, il fegato, il pancreas dei bambini, provocando febbri altissime, seri sintomi cerebrali, polmoniti, miocarditi, nefriti gravissime che possono portare anche alla morte.
Negli Stati Uniti ci sono stati finora quasi 6mila casi di Mis-c, e 52 morti. Quanto a lungo dureranno questi sintomi? Per capirlo dovremo aspettare anni, anche se si teme che le lesioni ai vari organi possano essere persistenti o durare tutta la vita.
Ad esempio, si è visto che spesso nei bambini questa sindrome può provocare miocarditi che comportano cicatrici permanenti al cuore, polmoniti che lasciano una fibrosi che danneggia per sempre le loro capacità respiratorie, pancreatiti croniche che provocano diabete e così via.
Alcuni temono che l’infiammazione cronica del Mis-c possa indurre lesioni diffuse ai vasi sanguigni che potrebbero diminuire l’aspettativa di vita dei più giovani. Lo scopriremo solo tra qualche decennio.
Le miocarditi
Vaccinare i bambini quindi serve perché previene le poche morti e le tante forme gravi di Covid, impedisce che diventino un bacino di diffusione del virus. Qualcuno sostiene che la vaccinazione nei bambini può provocare effetti avversi gravi, soprattutto miocarditi: alcuni paesi, prima di avviare la vaccinazione, hanno atteso maggiori certezze scientifiche, che ora sono arrivate. Sappiamo che i rischi di miocardite da vaccino sono praticamente inesistenti, e molto inferiori al rischio di contrarre una miocardite da Covid.
I primi casi di miocardite collegata al vaccino anti Covid sono stati segnalati in Israele. Pfizer ha sottoscritto un accordo con lo stato di Israele per monitorare gli effetti collaterali: l’azienda farmaceutica fornisce il suo vaccino a prezzo calmierato, in cambio il paese è impegnato a monitorare l’efficacia e la sicurezza delle somministrazioni su tutta la sua popolazione.
Gli scienziati israeliani si sono resi conto che tra dicembre 2020 e maggio 2021 si sono verificati 148 casi di miocardite post-vaccino, colpiti soprattutto giovani maschi tra i 16 e i 19 anni. Non ci sono stati morti e il 95 per cento di questi ha avuto una malattia lievissima.
Uno studio vastissimo, condotto da scienziati israeliani e pubblicato a settembre sul New England Journal of Medicine, ha dimostrato che le miocarditi post vaccino erano rare e lievissime. A quel punto, Stati Uniti e altri paesi del mondo hanno deciso di avviare la vaccinazione anche dei giovanissimi, così sempre più dati e sempre maggiori certezze si sono accumulate.
Sappiamo quindi che le miocarditi sono provocate dai vaccini a Rna sono rarissime, si verificano in uno-cinque casi ogni 100mila, colpiscono soprattutto i giovani maschi tra i 15 e i vent’anni, si verificano più di frequente dopo la seconda dose, sono lievissime e passano in pochi giorni senza lasciare cicatrici permanenti al cuore, e soprattutto non hanno quasi mai avuto esito fatale. Su oltre 3,5 milioni di dosi di vaccino a Rna somministrate negli Usa non si è verificato nessun decesso.
Le miocarditi da Covid, al contrario, si verificano in mille-1.400 casi ogni 100mila persone, cioè con una frequenza assai superiore a quella da vaccino e sono spesso gravissime. Nel 10-40 per cento dei casi lasciano cicatrici permanenti al muscolo cardiaco, e possono portare di frequente alla morte del paziente.
Perché il vaccino provoca danni tanto inferiori rispetto al virus? Qualcuno insinua che la somministrazione a Rna produce effetti gravi perché istruisce le nostre cellule a produrre la proteina spike identica a quella del virus, questa poi penetra nel sangue e se ne va in giro nel nostro corpo a produrre danni, esattamente come fa il virus. Ma non è assolutamente vero.
La proteina spike generata dal vaccino viene prodotta dalle cellule muscolari e connettivali attorno al sito di inoculazione e resta ancorata alla loro membrana, a differenza del virus che invece penetra negli organi si diffonde nel corpo provocando danni diretti a tutti gli organi.
Come fa la proteina spike del vaccino a produrre danni a distanza al miocardio? Probabilmente, mediante un fenomeno di autoimmunità controllato dal testosterone, il che spiega perché sia più di frequente nei maschi.
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